di Ruwaida Kamal Amer – +972
(traduzione di Federica Riccardi, foto screenshot da Youtube)
A più di sette mesi dall’inizio della guerra, i piani a lungo termine dell’esercito israeliano per la Striscia di Gaza stanno diventando più chiari. Dalle immagini satellitari e dalle testimonianze oculari, sembra che l’esercito stia distruggendo case, spianando terreni ed erigendo strutture che gli permetteranno di operare a Gaza nei prossimi anni.
Dall’inizio della guerra, l’esercito ha demolito edifici lungo il confine orientale della Striscia di Gaza, parte di quello che si ritiene sia un piano per stabilire una “zona cuscinetto” di un chilometro di larghezza in aree fortemente popolate tra Gaza e Israele – l’equivalente del 16% del territorio di Gaza – in cui ai palestinesi sarebbe vietato entrare. Ciò comporterebbe lo sfollamento permanente di migliaia di civili e un grave impatto sul già limitato settore agricolo di Gaza.
Ma questa zona cuscinetto non è l’unico modo in cui l’esercito israeliano potrebbe trasformare in modo permanente la geografia di Gaza. Da ottobre, il posto di blocco abbandonato di Netzarim – che l’esercito israeliano gestiva prima del suo “disimpegno” da Gaza nel 2005 – è stato ampliato e trasformato in una strada lunga 6,5 chilometri che taglia la striscia orizzontalmente. Le immagini satellitari mostrano come il “corridoio di Netzarim” si estenda attualmente dal confine orientale di Gaza con Israele fino al Mar Mediterraneo, oltre a una vasta opera di costruzione di unità abitative, torri di comunicazione e altre infrastrutture. Costruendo avamposti lungo il corridoio di Netzarim, l’esercito sarà in grado di controllare e limitare i movimenti all’interno di Gaza e continuare a condurre operazioni di terra.
Questa massiccia distruzione di proprietà private e l’occupazione di territori al di fuori dei confini riconosciuti di Israele sono una flagrante violazione del diritto internazionale, con conseguenze immediate per la popolazione civile di Gaza. Oltre alla perdita delle loro terre e delle loro case, i palestinesi che sono stati sfollati a causa della guerra nel sud della Striscia sono ora fisicamente bloccati e non possono più tornare al nord.
Tasnim Ahal, una studentessa di 21 anni di Gaza City, è stata sfollata a Rafah alla fine di marzo. “Inizialmente mio padre si è rifiutato di lasciare Gaza City e di trasferirsi a sud, così abbiamo vissuto per quasi sei mesi spostandoci da un’area all’altra di Gaza City”, ha raccontato a +972. Lei e sua sorella hanno infine deciso di fuggire a Rafah, con la speranza di rimanere in vita, completare i loro programmi accademici e perseguire un futuro migliore.
Hanno deciso di partire in un momento strategico. “L’ultima volta che l’ospedale di Al-Shifa è stato attaccato durante il mese di Ramadan, ho salutato la mia famiglia e io e mia sorella Sama siamo andate a piedi verso sud. Ho detto alla mia famiglia che l’esercito era impegnato nell’assalto all’ospedale di Al-Shifa, quindi non avremmo incontrato i carri armati sulla nostra strada. Ma ci sbagliavamo”.
Tasnim si è subito imbattuta in quella che ha descritto come una “base militare attrezzata” a Netzarim, con carri armati israeliani che si aggiravano nella zona. “Ho visto soldati in abiti civili che camminavano in riva al mare. Era chiaro che risiedevano lì e avevano costruito una base per loro”. Sama, la sorella 19enne di Tasnim, ha notato “decine di soldati nella zona”, dotati di dispositivi di sorveglianza facciale, “come se l’area fosse completamente occupata”.
Tasnim e Sama hanno descritto di essere state seguite da un carro armato fino a raggiungere un gruppo di soldati israeliani. “I soldati ci hanno permesso di passare… ma hanno sguinzagliato i cani contro di noi e non ci siamo voltate indietro. Abbiamo visto Gaza City per l’ultima volta ridotta ad un mucchio di cenere e le abbiamo detto addio, con la speranza di tornarci presto”.
Non torneremo nelle nostre case se l’esercito porterà a termine il suo piano
Mentre l’esercito israeliano allarga la zona cuscinetto che separa Gaza da Israele, i palestinesi assistono alla distruzione delle loro case e dei loro villaggi. Khaled Taima proviene dalla città di Khuza’a, che si trova a est di Khan Younis – e ora all’interno della zona cuscinetto allargata. Sebbene Taima non abbia ancora visto alcuna attività di costruzione, ha riferito a +972 che “l’esercito ha fatto esplodere molti edifici a Khuza’a e ha spianato anche molti terreni”, radendo al suolo interi isolati residenziali. Taima ha cercato più volte di tornare a Khuza’a, ma ogni volta “i carri armati ci hanno sparato contro e ci hanno impedito di raggiungere l’area”.
Questa distruzione sembra essere generalizzata lungo l’intero perimetro orientale di Gaza. Rami Obaid, un residente della città di Beit Hanoun, nell’angolo nord-orientale della Striscia, ha dichiarato a +972 di essere preoccupato per “gli effetti delle estese demolizioni e distruzioni” nelle aree vicine alla recinzione di confine, soprattutto per coloro che hanno perso le loro case e le loro terre a causa dell’ampliamento della zona cuscinetto. “Non torneremo alle nostre case se l’esercito porterà a termine il suo piano”, ha lamentato.
Prima del 7 ottobre, Israele aveva mantenuto a lungo una zona cuscinetto di 300 metri ricavata nel territorio di Gaza e sparava e uccideva sistematicamente i palestinesi che vi entravano. Solo un piccolo numero di agricoltori, con l’approvazione dell’esercito, poteva accedere alla zona.
Questo è stato anche il luogo della Grande Marcia del Ritorno del 2018, dove i palestinesi si sono riuniti ogni venerdì per oltre un anno per chiedere la fine del blocco di Israele su Gaza e la realizzazione del loro diritto al ritorno. I manifestanti sono stati accolti con feroce violenza: nel corso di 18 mesi, i cecchini israeliani hanno ucciso 223 palestinesi e ne hanno feriti oltre 8.000, compresi medici e giornalisti.
Ora, i funzionari israeliani sostengono che l’espansione massiccia della zona cuscinetto è necessaria per il ritorno degli israeliani nelle città che circondano la Striscia di Gaza, evacuate dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Ma sembra anche una mossa strategica di Israele per rafforzare la sua mano nei futuri negoziati, secondo Reham Owda, un’analista politica di Gaza.
“Il giorno dopo la guerra, la comunità internazionale vorrà tornare a negoziare una soluzione a due Stati, e se l’Autorità palestinese prenderà il controllo di Gaza, dovrà negoziare con Israele l’evacuazione della zona cuscinetto da parte dei suoi militari”, ha spiegato Owda. “Queste aree avranno lo stesso destino di quelle prese da Israele in Cisgiordania: i palestinesi dovranno negoziare per riaverle”.
Owda ritiene che la zona cuscinetto israeliana possa estendersi per tutta la lunghezza di Gaza, compresa l’area orientale della città di Rafah, dove l’esercito ha lanciato la sua incursione all’inizio di maggio. Sami Zoroub, 32 anni, del quartiere Al-Shu’ara di Rafah, è uno delle centinaia di migliaia di palestinesi che sono stati sfollati quando i carri armati israeliani sono entrati in città. Mentre l’esercito israeliano emetteva avvisi di evacuazione per i residenti di Al-Shu’ara, Zoroub e la sua famiglia inizialmente sono rimasti nella loro casa, rassicurati dalle “dichiarazioni dei funzionari americani che dicevano che l’operazione nella parte orientale della città sarebbe stata limitata”. Tuttavia, i continui bombardamenti nella parte orientale di Rafah li tenevano svegli di notte e presto si sono trasferiti a casa di un parente nel centro della città, per essere poi seguiti dai carri armati in avvicinamento.
“Ora ci siamo spostati a ovest di Rafah, nell’area di Al-Mawasi”, ha detto Zoroub a +972. “Non ci aspettavamo che l’esercito penetrasse nella città di Rafah via terra, nonostante gli avvertimenti dei Paesi di tutto il mondo”.
In tutta Gaza, la distruzione di case e la confisca di terre da parte dell’esercito israeliano sono un segnale inquietante per il futuro della Striscia. La moglie di Obaid, sfollata in un campo a Deir Al-Balah, ha raccontato che “torri di guardia e telecamere sono state dispiegate lungo tutta la strada [costiera] e… quadricotteri e aerei da ricognizione stanno monitorando l’area e impediscono ai cittadini di tornare a nord”. Mentre Israele espande e consolida questa architettura militare, ha osservato Obaid, “è come se Gaza fosse interamente sotto il loro controllo”.