di Alessandra Mincone – 

Pagine Esteri, 14 novembre 2024. Dal 1 al 10 Agosto un’ondata di manifestazioni ha investito le città della Nigeria dalla capitale Abuja, da Kaduna, Kano, Maiduguri, fino a Benin City, Port Harcourt e Lagos al grido di “mettere fine al cattivo Governo”. Per calmierare le proteste, la polizia aveva messo in stato di massima allerta i suoi ufficiali e chiesto il supporto dell’esercito, facendo registrare un bilancio di circa 30 morti e 700 arrestati.

A far scoppiare la protesta di massa è stato l’insieme delle manovre varate nell’ultimo anno dal Governo Tinubu, le quali hanno previsto il ritiro del sussidio per il carburante, la svalutazione del 50% del costo della moneta nazionale, l’aumento del prezzo dell’elettricità e l’aumento delle tasse universitarie, così come, in previsione, dei costi dei dazi sulle importazioni. L’aumento dell’inflazione dal Maggio 2023, mese di instaurazione del Governo attuale, ha subito un’impennata di oltre il +10% sfiorando nel Giugno 2024 il 34,19% cioè il dato più alto di inflazione dell’ultimo trentennio. I manifestanti hanno anche chiesto di divulgare e ridurre gli stipendi e le indennità di senatori, membri della Camera e del Presidente, promulgare leggi sulla trasparenza dei risultati elettorali, riaprire i confini nazionali e adeguare una nuova riforma della giustizia.

Ad Abuja, il 2 Settembre si è svolta la prima udienza del processo che ha visto accusati una decina di uomini per tradimento e di voler destabilizzare l’ordine statale. Gli uomini sono stati liberati su cauzione prima di ricevere una sentenza, a condizioni di consegnare i passaporti all’autorità giudiziaria e denunciare un garante personale che avesse la residenza nella rispettiva giurisdizione del tribunale. Altri imputati in stato di detenzione e con accuse minori, hanno denunciato un’arbitraria modifica dei capi d’accusa e insieme ai propri legali, hanno chiesto di avere un accesso agli atti probatori per garantire l’equità nel processo.

Il 1 Novembre la redazione di Associated Press ha rivelato i contenuti delle lettere di accuse destinate a 76 persone della regione di Kano, tra i quali figuravano ventinove bambini di età compresa tra i 14 e 17 anni, e denunciato l’utilizzo di dieci capi d’imputazione tra cui “ammutinamento” e “tradimento”, cioè reati che in Nigeria prevedono la pena capitale. Nella stessa giornata, sono emersi alcuni video dove quattro bambini in tribunale mostravano un evidente collasso fisico riconducibile allo stress, alla cattiva alimentazione e alla detenzione preventiva cui sono stati sottoposti per 60 giorni, durante i quali gli era stato comunicato di rischiare la pena di morte. Accuse identiche sono arrivate ad altre 38 persone della regione di Kaduna, tra i quali anche lì figuravano una decina di minori.

Solo il 5 Novembre, su disposizione del Presidente del Governo, tutti i 114 accusati sono stati rilasciati dalle autorità nigeriane e su pressione delle associazioni di tutela dei diritti umani come Global Rights, e su richiesta della Commissione Africana per i diritti umani e dei popoli (ACHPR), sarebbero state avviate delle indagini contro agenti coinvolti nell’arresto dei bambini, per sequestro di alcuni di essi che presumibilmente non avrebbero neanche preso parte alle manifestazioni, e per maltrattamenti durante la custodia cautelare.

Ad oggi sono numerose le denunce e le testimonianze emerse per violenza poliziesca esercitata contro le manifestazioni #endbadgovernanceinNigeria. Tra queste vi è anche quella di Yakubu Mohammed, giornalista del quotidiano “Premium Times”, che il 1 Agosto non ha fatto in tempo a mostrare il tesserino ad alcuni agenti della polizia, quando lo hanno colpito con il calcio di una pistola e due manganelli alla testa, e trasportato in cella per qualche ora nonostante la scritta “Press” sul giubbotto. Da quanto riportato sul giornale per cui lavora, il giornalista ha capito di essere stato preso di mira dagli agenti poiché stava filmando il momento in cui sono diventati violenti contro i manifestanti. Secondo quanto scritto dal CJID, Centro per l’innovazione e lo sviluppo del giornalismo, sarebbero stati almeno 12 i giornalisti aggrediti dagli agenti, negli stati di Abuja, Cross River e Borno. Anche l’Unione dei giornalisti in Nigeria ha confermato i dati e denunciato sin dai primi giorni di protesta che le forze dell’ordine stavano commettendo azioni intimidatorie, sequestrando e danneggiando telefoni cellulari e macchine fotografiche degli addetti stampa, e trasportandoli alle stazioni di polizia per motivi di sicurezza.

Oltre ad un numero altissimo di civili accusati e trattenuti per danneggiamento e saccheggio di numerosi edifici allo scoppio degli scontri, sono stati colpiti dalla repressione anche 11 esponenti di associazioni e organizzazioni promotrici delle manifestazioni, con accuse di tradimento, cospirazione, terrorismo, finanziamento al terrorismo e sequestro di armi per rovesciare il Governo, che rischiano tutt’ora di trasformarsi in sentenze di condanna a morte. Tra questi si figurano esponenti di Youth Rights Compaign come il suo Coordinatore Nazionale, e numerosi esponenti di organizzazioni per i diritti dei lavoratori ricondotti al Nigeria Labour Congress (NLC), organizzazione “ombrello” che rappresenta 4 milioni di lavoratori racchiudendo al suo interno più di 40 sindacati da ogni settore.

Il giorno 6 Novembre, la sezione di Lagos del movimento #EndbadGovernance durante una conferenza stampa ha lanciato una manifestazione di solidarietà coincidente con l’inizio del processo agli 11 imputati (8 Novembre), chiedendo il ritiro delle accuse contro tutti i manifestanti e il loro rilascio immediato, oltre a un risarcimento verso le famiglie dei minori che hanno subito una violazioni dei diritti dell’infanzia, poiché costretti a fame,  tortura e alla negazione della propria privacy per tutta la durata dell’arresto.

Inoltre i promotori hanno ripreso la denuncia di Amnesty International secondo la quale il Governo sta provando a imbastire un processo-farsa poiché alle accuse con l’obiettivo di rovesciare il Governo, non sono seguite delle prove. Se a favore dell’accusa, vengono menzionate genericamente le dichiarazioni degli imputati, i telefono dei sospetti, libri, cartelli, opuscoli, fotografie di proprietà dei sospetti e video di proprietà governativa delle proteste, gli attivisti denunciano che “per un gruppo di imputati che sono stati processati per reati gravi (..) con l’intento di destabilizzare e dichiarare guerra alla Nigeria, ci si sarebbe aspettati che il governo sarebbe stato in grado di fornire prove più convincenti e incriminanti per dimostrare la sua tesi, come le armi e altri indicatori”.

Calmate le proteste, continua la crisi economica, ecologica e alimentare

A pochi giorni dalla vigilia della protesta, il Ministro della difesa nigeriana, Edward Buba, aveva dichiarato che l’esercito sarebbe intervenuto per fermare e prevenire qualsiasi forma di violenza, poiché il livello delle manifestazioni descritto dal Governo era considerato “pari a uno stato di anarchia”: “le forze armate non staranno a guardare (..), le truppe agiranno doverosamente per prevenire che tali brutti eventi accadano” aveva anticipato.

A meno di 24 ore dagli eventi, quotidiani come il The Punch avevano sottolineato l’intento da parte del Governo di sedare le proteste sul nascere promettendo uno sconto del 50% per ogni 50kg di riso; disponendo una direttiva temporanea per vendere il petrolio greggio alla raffineria di Dengote in valuta nazionale per provare a contrastarne la svalutazione; sospendendo i dazi per l’importazione; promuovendo un piano di assunzione per 10mila lavoratori tirocinanti nella regione del Delta del Niger di 50mila naira e applicando il salario minimo concordato precedentemente con il NLC di 70mila naira mensili.

Ad oggi, 70mila naira nigeriani, che equivalgono a 41,7 dollari, rappresentano un aumento del salario minimo del 135% se comparato al minimo precedente di 30mila naira; ma è ancora insufficiente a garantire il fabbisogno alimentare adeguato così come e l’accesso ai servizi essenziali come quello all’istruzione e alla salute, senza badare ai costi sopraelevati da sostenere per l’accesso alla corrente.

Secondo il World Food Programme, il 37% dei 200 milioni di nigeriani vive al di sotto delle soglie di povertà e non riesce a garantirsi l’acquisto di prodotti alimentari basilari come riso e fagioli, il cui prezzo in alcune regioni è addirittura quadruplicato costringendo intere famiglie a elemosinare un pasto presso le postazioni di fortuna che si trovano per gli sfollati a causa dei combattimenti tra l’esercito e Boko Haram. Solo agli inizi di Settembre, l’agenzia Reuters riferiva della rottura di una diga nella città di Banki a sud-est di Maiduguri, fenomeno che riflette i cambiamenti climatici che stanno attraversando la Nigeria nell’ultimo decennio e della scarsità delle infrastrutture che, ad ogni inondazione, mettono a repentaglio gli allevamenti di bestiame e le aziende agricole compromettendo la sussistenza alimentare del paese.

E nonostante l’abolizione del sussidio per la benzina e l’aumento dei costi per l’elettricità, il bilancio del Governo non è ancora bastevole a sanare le fragili infrastrutture e le perdite economiche e alimentari che esse aiutano a produrre. Il 13 Novembre, il direttore generale della Commissione di regolamentazione delle concessioni infrastrutturali (CICR) e il ministro dell’Energia nigeriano hanno siglato un finanziamento di 10 miliardi di dollari per raggiungere il traguardo di una fornitura di corrente utile 24 ore su 24 per tutto il paese attraverso le concessioni ai privati. “Il Governo non può permettersi da solo il requisito minimo di finanziamento per questo settore ” ha dichiarato il Ministro.

Il Presidente Tinubu, sembra in realtà aver dimenticato grosso modo tutte le promesse sbandierate a ventiquattr’ore dal #endbadGovernance visto che, nel mese di Ottobre, il proclamato processo di esenzione dei dazi doganali per le importazioni era ancora messo a dura prova dalla burocrazia federale, e da un’amministrazione probabilmente combattuta tra il rinunciare agli incassi statali, che secondo gli esperti nigeriani come i ricercatori di Afrinvest, ammonterebbero a oltre 188 miliardi di dollari, o piuttosto trascinare verso la chiusura le centinaia di imprese a causa dell’aumento dei costi per le materie prime. Secondo un gruppo di 12 esponenti del mondo della ricerca, della legalità e dell’attivismo per la giustizia sociale, che durante le proteste di massa hanno colto l’occasione per criticare la direzione politica del Governo in carica, in una dozzina di pagine intitolate “Nigeria al Bivio” accusano l’attuale leadership di non avere interesse a promuovere una razionalizzazione normativa per rilanciare le piccole e medie imprese e ridurre l’onere delle imprese; né di investire in infrastrutture strategiche, e sostengono che servirebbe puntare, tramite queste, alla crescita di settori non petroliferi come l’agricoltura, la siderurgia, e sviluppare strategie per l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale.

Anche il traguardo che sembrava raggiunto rispetto all’adeguamento di un nuovo minimo salariale, in realtà è ben presto precipitato rappresentando l’ennesima menzogna utilizzata dal Presidente Tinubu in balìa del timore dell’emergenza sociale presagita con la protesta. In realtà, l’emergenza sociale è tutt’ora in corso, basti considerare i dati che riguardano la disoccupazione e la sottoccupazione. Nell’appello internazionale firmato dalla Campagna per i diritti dei giovani (YRC), viene denunciato come persino la definizione ufficiale di “disoccupato” abbia subito una recente modifica amministrativa per escludere dalla categoria “chiunque abbia lavorato anche solo un’ora nei sette giorni precedenti”. Nel frattempo, in questi giorni il Nigeria Labour Congress ha istituito un Comitato nazionale per l’attuazione del salario minimo dopo aver denunciato “il persistente ritardo e il rifiuto totale da parte di alcuni governi statali di attuare la legge sul salario minimo nazionale del 2024”. Nella nota dell’unione dei sindacati, si legge che se entro l’ultimo giorno del mese di Novembre esso non verrà adeguato, dal 1° Dicembre i lavoratori intraprenderanno iniziative di sciopero a tempo indeterminato.

Insomma, i tentativi di criminalizzare la protesta #EndbadGovernance in Nigeria, né i risvolti delle manifestazioni con gli obbiettivi portati avanti dalle migliaia di civili scesi nelle strade, sono vicini a mettere fine, realmente, all’emergenza sociale in Nigeria.