di Michele Giorgio* 

Pagine Esteri, 23 novembre 2024 – Il giorno dopo il clamore mondiale per i mandati di cattura emessi dalla Corte penale internazionale (Cpi) contro Benyamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza, l’imprenditore miliardario Eyal Waldman, notissimo in Israele, ha usato gran parte dell’intervista al giornale Maariv ad attaccare il primo ministro e leader della destra. Ma non per i crimini di cui è accusato dalla Corte dell’Aia. Waldman, che ha avuto la figlia Danielle uccisa il 7 ottobre 2023, ha accusato Netanyahu di essere un «corrotto» che, ha previsto, dovesse essere rieletto farà altri gravi danni al paese. Per Waldman il primo ministro è responsabile un po’ di tutto e si è augurato che diventi premier Naftali Bennett. In questa lunga arringa è mancato qualsiasi riferimento alla devastante offensiva che ha ucciso 44mila palestinesi e quasi raso al suolo Gaza. Non sorprende. Waldman rappresenta l’atteggiamento della stragrande maggioranza degli israeliani nei confronti del mandato di arresto internazionale per Netanyahu. Il premier è colpevole di tutto, ma non di crimini contro i palestinesi. Perché, pensano un po’ tutti, la guerra contro Gaza che porta avanti è giusta, contro il terrorismo e i palestinesi della Striscia sono tutti responsabili per il 7 ottobre.

«È davvero sconcertante come tutti coloro che scendono in strada a manifestare contro Netanyahu per la questione degli ostaggi a Gaza e perché il governo non ha saputo e voluto riportarli a casa (attraverso un accordo con Hamas, ndr), parlino ora di cospirazione contro Israele e di antisemitismo difendendo Netanyahu» ci dice Kobi Snitz, ricercatore universitario attivo in movimenti di estrema sinistra. «A Gaza e non solo vengono commessi crimini gravissimi, c’è un genocidio, e spero che questa decisione della Corte internazionale possa avere una applicazione concreta», aggiunge Snitz. Altri attivisti non sono speranzosi come lui e dubitano che i mandati di arresto saranno eseguiti.

Assieme a quella di Snitz altre voci, seppur rare, si sono levate in Israele a sostegno della giustizia internazionale. Almeno sui social. Tra queste quella della giornalista Orly Noi, dell’accademico Ori Goldberg e del deputato Ofer Cassif, sospeso per sei mesi dalla Knesset per aver sostenuto l’iniziativa del Sudafrica che ha portato Israele sotto indagine alla Corte Internazionale di Giustizia per «genocidio» a Gaza. «La verità non può essere nascosta per sempre – ha scritto Cassif – anche se l’opposizione si unisce pateticamente al governo criminale e usa lo slogan logoro e ingannevole dell’‘antisemitismo’. No! Non lo è! È una giusta e degna richiesta di giustizia».

Dopo le invettive di giovedì che Netanyahu, Gallant, maggioranza di governo e opposizione hanno indirizzato alla Cpi e al procuratore internazionale Karim Khan, i media israeliani hanno provato a spiegare e prevedere le implicazioni pratiche non solo per Netanyahu e Gallant, ma anche per gli ufficiali delle forze armate in viaggio all’estero. «Sarà una lunga battaglia legale, ma a livello internazionale e politico questo è un duro colpo per Israele», ha affermato l’ex procuratore militare Liron Liebman, aggiungendo che alti ufficiali israeliani ritenuti in possesso di informazioni collegate all’offensiva a Gaza «potrebbero arrestati e perseguiti». Liebman si è lamentato per il fatto che il sistema giudiziario israeliano, «riconosciuto a livello internazionale», non abbia avviato una inchiesta vera sulle accuse relative agli aiuti umanitari a Gaza poiché, a suo dire, ciò avrebbe evitato l’intervento della Cpi. Noa Landau su Haaretz ha previsto che gli israeliani continueranno «a nascondere la testa sotto la sabbia» su ciò che viene fatto in loro nome a Gaza. Analisti vicini al governo invece temono che i mandati di arresto contro Netanyahu e Gallant possano spingere paesi alleati ad interrompere le forniture di armi a Israele.

Il governo, intanto, si consola guardando i leader europei che balbettano e che, con poche eccezioni, non osano dichiarare che arresteranno Netanyahu se andrà nei loro Stati. Il premier israeliano ha ringraziato l’Ungheria per l’invito a visitare il paese nonostante il mandato d’arresto e ha elogiato la «chiarezza morale» di Viktor Orban presidente di turno dell’Ue. Il ministro della Difesa Israel Katz ieri ha risposto indirettamente alla Cpi annunciando ieri che Israele non ricorrerà più alla detenzione amministrativa, ovvero alla detenzione senza processo, contro i coloni ebrei in Cisgiordania ma la userà solo contro i palestinesi. Israele al momento tiene in prigione 3.451 detenuti amministrativi: solo otto sono ebrei, tutti gli altri sono palestinesi. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre dal quotidiano Il Manifesto