di Michele Giorgio*

Pagine Esteri, 14 dicembre 2024 – Attende una risposta la domanda se la Russia perderà le sue due basi militari in Siria, di eccezionale valore strategico, ora che il gruppo post qaedista Hay’at Tahrir al Sham, che ha bombardato per anni con la sua aviazione, ha preso il potere a Damasco costringendo Bashar Assad e la sua famiglia in esilio a Mosca. Il Cremlino getta acqua sul fuoco. Prova a mascherare lo sgomento per il crollo rapido e totale dell’esercito siriano che per quasi dieci anni aveva protetto e sostenuto con i suoi aerei, anche ai primi di novembre nell’inutile tentativo di fermare l’ormai incontenibile offensiva dei jihadisti. La realtà è davanti agli occhi di tutti. La storica base navale a Tartus, sul Mediterraneo, fondata dai sovietici, e quella aerea di Khmeimim, costruita nel 2015, sempre nei pressi della costa, presto potrebbero dover chiudere su intimazione dei nuovi padroni di Damasco, con grave danno per le strategie di Mosca in Medio oriente e in Africa.

A inizio settimana il portavoce russo Dmitry Peskov aveva riferito di contatti avviati con Hts per garantire la protezione delle basi e gli interessi di Mosca nella regione. E giovedì il viceministro degli Esteri Mikhail Bogdanov, citato dall’agenzia di stampa Interfax, ha affermato che la Russia ha stabilito un contatto diretto con il Comitato politico dei jihadisti che si sta lentamente trasformando in un governo provvisorio. Ha quindi sottolineato che i colloqui «vanno avanti in modo costruttivo» e che le due basi russe «sono state aperte su richiesta siriana» e sono state decisive per la lotta all’Isis «che non è ancora finita». Mosca da qualche giorno definisce Hts e i suoi alleati non più «terroristi», bensì «forze insurrezionali». Se da un lato i fatti per ora sembrano dare credito alle affermazioni rassicuranti di Peskov e Bogdanov, dall’altro non vi è stata alcuna conferma da parte di Hts o di altre fonti. La nuova leadership siriana ricorda che i bombardieri con la stella rossa hanno bombardato in Siria molto di più delle postazioni dell’Isis. Sukhoi e Mig russi durante la fase più acuta del conflitto in Siria hanno preso di mira proprio i jihadisti di Hts (un tempo Fronte Al Nusra) e le altre formazioni islamiste tra Aleppo e la regione di Idlib, provocando però anche numerose vittime civili. Si stenta perciò a credere che Abu Mohammad Al Julani (Ahmed Al Shaara), il capo di Hts, leader di fatto della Siria post-Assad, lasci ai russi un piede sul suolo siriano.  La chiusura delle basi del Cremlino, peraltro, potrebbe essere richiesta con forza anche dalle monarchie arabe sunnite, alleate degli Usa, che, si prevede, svolgeranno un ruolo determinante nei prossimi anni per la ricostruzione della Siria. Con i loro fondi cercheranno di condizionare le scelte in «politica estera» dei futuri governi siriani e di allontanare la Russia che è considerata un’alleata di ferro dell’Iran.

Pertanto, dietro le quinte, la Russia si sta muovendo per cercare soluzioni alternative perché sa che basteranno un po’ di razzi lanciati verso la pista di decollo di Khmeimim e il porto di Tartus, ormai privi della protezione delle forze armate siriane, per costringere a chiuderle. Per questo sta pensando all’apertura di una nuova base a Port Sudan, sul Mar Rosso, ma c’è la guerra civile nel paese africano il che complica i negoziati. Mentre un porto sulla costa libica della Cirenaica sulla base di un accordo con l’alleato generale Khalifa Haftar, di cui si parla da tempo, è troppo lontano per i trasporti aerei necessari per i rifornimenti in quei paesi del Sahel africano – Mali, Burkina Faso, Niger – in cui operano i militari e contractor russi che hanno sostituito quelli francesi. Mosca, nel frattempo, comincia a riportare indietro gli aerei da combattimento e i pezzi di ricambio inviati in Siria. Caduto Assad e non essendoci, almeno per ora, nemici da combattere, ad eccezione dell’Isis, i cacciabombardieri e i piloti russi attualmente in Siria, o gran parte di essi, presto saranno impiegati contro l’Ucraina.

«C’è un’attività visibile di aerei da trasporto a Khmeimim, ma non al punto da poter parlare di un’evacuazione completa», riferisce Gustav Gressel, un esperto di questioni militari. Se Mosca, aggiunge, riuscisse a tenere operativa la pista e i radar a Khmeimim anche solo per i velivoli da trasporto, avrebbe più di un motivo per festeggiare. L’obiettivo più importante, ha detto Gressel alla televisione DW, comunque è mantenere aperta la base navale a Tartus perché proietta la Russia in tutto il Mediterraneo. Non sarà facile raggiungerlo.

L’analista turco Burcu Ozcelik non è convinto che i jihadisti siriani siano così disposti ad assecondare i desideri di Mosca. «È altamente improbabile che Hts vorrà apparire come alleata di Putin o a dare il via libera a una presenza militare russa a lungo termine sulla costa mediterranea», ha detto a una agenzia di stampa. «Senza dimenticare che ad Assad è stato concesso asilo in territorio russo», ha aggiunto.

*questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre dal quotidiano Il Manifesto