di Valeria Cagnazzo

 

Pagine Esteri, 17 dicembre 2024 – Si terranno in Arabia Saudita i Mondiali di Calcio del 2034. L’annuncio è arrivato l’11 dicembre scorso nel corso del Congresso straordinario della Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa). La scelta è ricaduta sull’Arabia Saudita secondo il principio di rotazione dei continenti che imponeva uno Stato asiatico o l’Oceania. L’edizione 2030 si svolgerà, invece, tra Spagna, Portogallo e Marocco, con alcune partite in Uruguay, Paraguay e Argentina.

La decisione di far giocare le partite della Coppa del Mondo nel Paese governato da Mohammad Bin Salman ha scatenato la pronta reazione di Amnesty International, che ha condannato tale scelta con una dichiarazione congiunta insieme ad altre 20 organizzazioni per i diritti umani, sindacati, rappresentanti dei lavoratori e dei tifosi. Tra queste, Football Supporters Europe, la Migrant Defenders Organisation dal Kenya, la Sports and Rights Alliance, la nepalese Law and Policy Forum for Social Justice (LAPSOJ).

La decisione sconsiderata della Fifa di assegnare i mondiali 2034 all’Arabia Saudita, senza garantire adeguate protezioni per i diritti umani, metterà molte vite a rischio. In base a evidenti prove, la Fifa sa che molti lavoratori verranno sfruttati e che alcuni di loro perderanno la vita se non verranno introdotte importanti riforme in Arabia Saudita”, ha dichiarato Steve Cockburn, responsabile Diritti del lavoro e sport di Amnesty International. “La Federazione ha scelto di andare avanti lo stesso, rischiando di assumersi una pesante responsabilità per le violazioni dei diritti umani che ne deriveranno”.

Candidandosi a ospitare l’evento, l’Arabia Saudita ha promesso progetti miliardari, come costruire o rinnovare 11 stadi, realizzare infrastrutture d’avanguardia e almeno 185.000 nuove camere d’albergo per ospitare i tifosi in arrivo da tutto il mondo. Sull’agenda dei preparativi, osserva Amnesty International, non compare, tuttavia, nessun impegno per i diritti umani, nonostante le ripetute denunce rivolte in questi anni dalle organizzazioni che si occupano della loro tutela all’amministrazione di Bin Salman. Nessun riferimento, ad esempio, alla discriminazione delle donne e le persone Lgbtqia, sottoposte ad arresti e torture, o alla criminalizzazione delle relazioni extraconiugali. Nessun accenno, inoltre, alla difesa dei diritti dei lavoratori. La straordinaria richiesta di manodopera per le faraoniche imprese del progetto Mondiali 2034 fa temere che si inauguri una stagione di sfruttamento di lavoratori senza precedenti. Soprattutto visto il precedente dei mondiali in Qatar.

Un’indagine condotta dal quotidiano inglese The Guardian nel 2021 aveva denunciato la morte di almeno 6.500 lavoratori per incidenti sul lavoro e condizioni disumane nei cantieri con cui il Qatar si era preparato ad ospitare la Coppa del Mondo del 2022. I lavoratori erano perlopiù migranti provenienti dal Bangladesh, dall’India, dal Nepal, dal Pakistan e dallo Sri Lanka. Amnesty International ha successivamente dichiarato che molti lavoratori e familiari danneggiati durante i preparativi di quell’evento non sono stati tuttora risarciti. Un rischio analogo è quello che si intravede anche in Arabia Saudita.

“In ogni fase del processo di candidatura, l’impegno della Fifa nei confronti del rispetto dei diritti umani si è rivelato una farsa”, ha dichiarato Cockburn, e a proposito del Qatar: “Il continuo rifiuto di risarcire i lavoratori migranti sfruttati in Qatar non lascia alcuna fiducia che siano stati appresi insegnamenti dal passato. La Fifa deve urgentemente cambiare rotta e garantire che i mondiali in Arabia Saudita siano accompagnati da riforme importanti, oppure rischia di andare incontro a dieci anni di sfruttamento, discriminazione e repressione, legati al suo evento sportivo più importante”.

“Un processo di selezione difettoso, da parte della Fifa, è emerso anche nell’assegnazione dei mondiali 2030, con significativi problemi legati ai diritti umani lasciati irrisolti. Dall’eccessiva militarizzazione alla discriminazione legalizzata, passando per gli sgomberi forzati e le violazioni dei diritti dei lavoratori, c’è ancora molto da fare per garantire che il torneo del 2030 sia accessibile e rispettoso dei diritti di tutte le persone”, ha concluso Steve Cockburn.

Il riferimento al processo di selezione non è casuale: dopo il caso Qatar, nel 2023 la Fifa si era impegnata a inserire nei criteri di selezione per la Coppa del Mondo Maschile anche la tutela dei diritti umani. I Paesi candidati a ospitare il torneo avrebbero dovuto garantire strategie per rispettare, tra gli altri, i diritti dei lavoratori, la libertà di espressione e la non discriminazione. Un processo di selezione “difettoso”, tuttavia, secondo Amnesty, viste le sue carenze nell’applicazione pratica. La ONG denuncia, inoltre, persino un’agevolazione da parte di Fifa nei confronti dell’Arabia Saudita proprio in questo ambito, in cui la candidatura del Paese avrebbe potuto vacillare. La valutazione dei rischi per i diritti umani in Arabia Saudita condotta dallo studio legale AS&H Clifford Chance e accolta dalla Fifa ometteva questioni riguardanti la libertà di espressione, la discriminazione di genere e i trasferimenti forzati.

“A meno che la Fifa non sia trasparente sulla portata e sulla gravità dei rischi e non agisca per prevenirli”, ha commentato Andrea Florence, direttrice della Sport & Rights Alliance, “sarà evidente che il suo impegno verso i diritti umani è solo di facciata”. L’accusa delle organizzazioni per i diritti umani alla Fifa è quella di aver favorito la candidatura dell’Arabia Saudita con “un’incredibile operazione di copertura” in territorio di diritti, nonostante i nuovi standard inseriti nel processo di selezione, evidentemente privi di ricadute pratiche.

Dal canto suo, il Presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha commentato la scelta della sede della World Cup 2034 con entusiasmo e velati riferimenti alle polemiche che l’hanno accompagnata: “La Coppa del Mondo Fifa è unica, ed è un catalizzatore unico per un cambiamento sociale e per l’unità, perché questi tornei (…) sono fatti per unire, non per dividere. Sono competizioni, certo, fatte per discutere, dibattere ed agire. Ma la cosa più importante è che oggi è un giorno di unità e di festa”. Pagine Esteri. Pagine Esteri