AGGIORNAMENTO 

ORE 18.15

Un drone israeliano ha ucciso questa sera tre combattenti palestinesi a Qabatiya nei pressi di Jenin. La città resta circondata e almeno 1800 civili sono stati costretti a lasciare il campo profughi.

Hamas ha comunicato i nomi dei quattro ostaggi israeliani, tutti donne, che libererà domani pomeriggio a Gaza consegnandoli alla Croce Rossa. Israele protesta perché sono 4 soldatesse e non civili come stabilito dall’accordo di cessate il fuoco.

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di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 24 gennaio 2025 – Sono già centinaia i residenti del campo profughi di Jenin e delle aree adiacenti che hanno abbandonato le loro case spinti dalle intimazioni provenienti da droni israeliani dotati di altoparlanti. Nel frattempo l’esercito israeliano ha demolito diverse abitazioni dopo aver rioccupato la città tra lunedì notte e martedì con colonne di veicoli blindati e la copertura di elicotteri e droni.

Il pericolo immediato avvertito dagli abitanti è la possibile distruzione da parte dell’esercito del campo profughi considerato da Israele una roccaforte della resistenza armata e il rifugio per decine di combattenti di varie organizzazioni palestinesi, a cominciare dalla Brigata Jenin (Jihad). Si teme che la città diventi la “Jabaliya della Cisgiordania”, in riferimento alla città-campo profughi rasa al suolo da Israele durante quindici mesi di offensiva a Gaza.

Le ruspe blindate hanno già scavato le strade, rendendo difficile la circolazione in città, mentre centinaia di persone hanno abbandonato le loro case trascinando valigie o trasportando sacchetti di plastica con i loro effetti personali dopo aver affermato di aver ricevuto ordini di evacuazione. “Non volevamo andarcene”, ha raccontato Hussam Saadi, 16 anni all’agenzia Reuters. “Poi hanno mandato un drone nel nostro quartiere, dicendoci di lasciare il campo perché lo avrebbero fatto saltare in aria”. Israele nega di aver ordinato ai residenti di lasciare le proprie abitazioni, ma testimoni riferiscono che i droni hanno lanciato piccole bombe di avvertimento verso le case dove le famiglie avevano rifiutato di essere evacuate. Quindi i soldati le hanno costrette ad uscire, poi hanno bruciato alcune abitazioni.

Intanto gli ospedali di Jenin fanno sapere di essere isolati e irraggiungibili dalle ambulanze a causa delle strade distrutte. Ieri è stata tagliata l’elettricità nel campo e nelle zone adiacenti. La mancanza di corrente ha costretto gli ospedali a ricorrere alle riserve di carburante per i generatori in modo da tenere operativi almeno il pronto soccorso e la terapia intensiva.

Nella notte di mercoledì, le truppe israeliane hanno ucciso due palestinesi barricati all’interno di un edificio a Burqin, fuori Jenin, dopo una sparatoria. I due erano sospettati di aver compiuto un attacco nei pressi del villaggio di al-Funduq all’inizio di questo mese, in cui sono stati uccisi tre coloni israeliani e altri sei sono rimasti feriti. In totale, dall’inizio dell’operazione in Cisgiordania, denominata “Muro di Ferro”, 12 palestinesi sono stati uccisi a Jenin e altri 40 feriti (Israele invece afferma di aver ucciso “13 terroristi”). Il raid, la terza grande operazione condotta a Jenin in meno di due anni, ha suscitato allarme anche all’estero dove più parti non comprendono le ragioni dell’escalation innescata in Cisgiordania da Israele ora che è in corso una tregua a Gaza e prosegue lo scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi.

La spiegazione che gli analisti danno dell’operazione “Muro di Ferro” (destinata a durare settimane), contrapposta a quella di “lotta preventiva al terrorismo in Cisgiordania” data da Tel Aviv, è che l’assedio di Jenin e la chiusura soffocante degli altri centri abitati palestinesi attraverso 900 posti di blocco, è la decisione del premier Netanyahu di placare la componente più estrema del suo governo di destra religiosa che non ha digerito la tregua a Gaza. Il ministro Bezalel Smotrich (Sionismo religioso) non fa mistero di aver ottenuto dal primo ministro che in Cisgiordania saranno salvaguardati prima di tutto i movimenti dei coloni israeliani – autori, peraltro, in questi giorni di gravi violenze – e che con i palestinesi sarà usato il pugno di ferro.

Non solo i partiti ultranazionalisti, anche movimenti e gruppi più radicali contestano il cessate il fuoco e, oltre ad invocare “una guerra permanente”, sono protagonisti di provocazioni talvolta clamorose. Ieri mattina nella città di Kfar Saba gli abitanti del quartiere Tel Hai non credevano ai loro occhi. Hanno visto fermo in mezzo alla strada un pick-up di colore bianco con a bordo due presunti uomini di Hamas armati, in uniforme e il volto coperto. Il pensiero è andato subito al 7 ottobre 2023, quando auto dello stesso colore giravano per le strade di Sderot e di villaggi e kibbutz a ridosso di Gaza durante l’attacco di Hamas nel sud di Israele. Però ieri a Kfar Saba, cittadina sulla linea verde con la Cisgiordania, non c’era Hamas. Quelli sul pick-up erano solo manichini usati per la «mostra» organizzata in strada dal movimento di destra «Riservisti-Generazione della vittoria» contro la tregua a Gaza e a favore dell’attacco anche ai palestinesi in Cisgiordania.

Su X la giovane colona Ayelet Lash, astro dell’ultranazionalismo, ha approvato l’iniziativa. «Abbiamo visto solo una frazione di ciò che potrebbe accadere se Israele non agirà per catturare Jenin, espellere i suoi terroristi e stabilirvi un insediamento ebraico». Quindi ha aggiunto «O si scatena una guerra totale, oppure i terroristi trascineranno le figlie di Kfar Saba a Jenin».

Hanno difeso la provocazione i «Riservisti-Generazione della vittoria» che rappresentano migliaia di soldati e ufficiali che spingono per riprendere l’offensiva contro Gaza e in Libano. Pagine Esteri