Pagine Esteri – Nell’ultimo decennio, la stampa internazionale ha puntato costantemente i riflettori sulla compagnia militare privata russa “Wagner”, ampiamente utilizzata da Mosca per perseguire i propri obiettivi militari e per accreditarsi come partner utile in alcune aree di conflitto.

Lo stesso non si può dire per la compagnia militare privata “Sadat“, che pure serve gli obiettivi geopolitici e militari di Recep Tayyip Erdogan ormai dallo scorso decennio e che sta espandendo il proprio raggio d’azione.

La conquista della Siria
Negli ultimi mesi i mercenari della “Sadat” sono stati visti all’opera in Siria, dove hanno accompagnato la folgorante cavalcata delle milizie jihadiste che in pochissimi giorni hanno travolto la flebile resistenza delle forze regolari mettendo fine a 53 anni di governo della famiglia Assad.

Se il composito fronte dei ribelli in pochi anni si è trasformato in un esercito equipaggiato, disciplinato e tecnologicamente all’avanguardia, dotato di droni, visori notturni, mezzi blindati e veloci pick-up lo si deve, affermano gli osservatori, ai rifornimenti e all’addestramento ricevuti dagli istruttori dell’azienda turca, quando non direttamente dalle forze armate di Ankara.

D’altronde, è proprio nelle regioni del nord della Siria occupate dalla Turchia che sono iniziate le fortune di un esercito parallelo nato con l’esplicito intento di espandere ed amplificare l’influenza della nuova Turchia neo-ottomana in Medio Oriente, in Asia Centrale e poi in Africa.

I mercenari di Erdogan
La “Sadat – International Defence Consultancy” (che prende il nome dal titolo onorifico che designa i presunti discendenti del profeta Maometto) viene fondata nel 2012 dall’ex generale di brigata dell’esercito turco Adnan Tanriverdi e da altri ufficiali e sottufficiali. Nel 1996, prima dell’affermazione dell’islamista Partito dello Sviluppo e della Giustizia, Tanriverdi e altri 22 ufficiali erano stati espulsi dall’esercito a causa del loro orientamento salafita, radicalizzatosi durante le campagne di sostegno turche alle minoranze musulmane della Bosnia e del resto dei Balcani.

Ma l’ex generale diventa subito un uomo chiave nella strategia di Erdogan, che lo nomina membro di un nuovo comitato consultivo per la politica estera, esplicitando quanto la nuova compagnia militare privata non sia da considerare l’escamotage di alcuni ex militari per sbarcare il lunario mettendo a frutto la propria esperienza nel settore.

Tanriverdi lavora all’epurazione e all’islamizzazione dell’esercito e del MIT (i servizi segreti di Ankara), approfittando soprattutto del fallito colpo di stato del 2016, a cui il regime fa seguire enormi purghe. Dalle forze armate, dall’amministrazione pubblica e dalla magistratura vengono espulsi gli elementi laici o comunque ritenuti troppo subalterni alla Nato, quelli di sinistra e quelli appartenenti alla congregazione del magnate e predicatore Fethullah Gulen, ex mentore di Erdogan divenuto poi suo acerrimo nemico.

Nel 2019, in seguito ad un discorso in cui affermava che Sadat stava preparando “il ritorno del Mahdi” (il messia destinato a restaurare la religione e la giustizia prima della fine del mondo) mettendo in imbarazzo Erdogan, Tanriverdi venne escluso dal comitato consultivo, anche se continuò a partecipare ad alcuni importanti incontri.

Il suo ruolo era tale che durante la campagna elettorale del 2023 il candidato repubblicano e principale sfidante di Erdogan, Kemal Kilicdaroglu, dichiarò di temere che, in caso di sconfitta, il leader dell’AKP avrebbe utilizzato i mercenari della Sadat per mantenere il potere. I partiti di opposizione hanno chiesto inutilmente spiegazioni all’esecutivo su due campi organizzati nelle province turche di Tokat e Konya, nell’Anatolia centrale, dove gli ex ufficiali della Sadat addestrano mercenari e terroristi.

La manovalanza siriana
Nel frattempo l’investimento del regime turco su una propria compagnia militare privata ha indubbiamente dato i suoi frutti.
La Sadat ha rappresentato uno strumento fondamentale per armare e addestrare i ribelli fondamentalisti e trasformarli in una potente forza d’urto lanciata contro i combattenti curdi e contro le forze regolari siriane, regalando alla Turchia una vittoria innegabile nello scenario mediorientale che non solo ingloba la Siria nell’area di influenza di Ankara, ma indebolisce fortemente l’asse sciita con cui la Turchia è in competizione.

Sin dalla sua fondazione, la Sadat ha iniziato ad operare in Siria a fianco del Fronte al Nusra, milizia collegata ad al Qaeda la cui evoluzione ha condotto alla creazione della coalizione Hayat Tahrir al-Sham del nuovo uomo forte di Damasco. Negli anni successivi i mercenari, le truppe e i servizi turchi hanno sostenuto la creazione di una milizia locale, l’Esercito Siriano Libero (FSA) poi divenuto Esercito Nazionale Siriano (SNA), che ha svolto un ruolo decisivo nella caduta del regime di Bashar Assad.

Gli elementi più fedeli alla Turchia sono sicuramente i membri di formazioni come la Brigata Sultan Suleyman Shah o la Divisione Sultan Murad, che prendono il nome da personaggi della storia ottomana e sono formati per lo più da membri delle popolazioni turcomanne del nord della Siria.

È proprio tra i ribelli e gli abitanti delle zone settentrionali della Siria occupate da milizie fedeli o direttamente dalle proprie truppe che Ankara recluta la manovalanza della Sadat approfittando delle diffuse condizioni di indigenza. Di fatto solo i livelli dirigenziali della compagnia sono occupati da cittadini turchi, limitando enormemente l’impatto in patria di eventuali perdite.

Il battesimo del fuoco in Libia e in Azerbaigian
Secondo un report del Dipartimento della Difesa di Washington presentato al Congresso, nel 2020 la Sadat avrebbe coordinato l’invio in Libia di ben 5 mila effettivi, determinanti per consentire al cosiddetto “Governo di Accordo Nazionale” dell’islamista Fayez al Sarraj di respingere l’offensiva guidata dal maresciallo Khalifa Haftar, a capo della Cirenaica e sostenuto dai mercenari russi della Wagner.

Pochi mesi dopo, nell’autunno del 2020, la compagnia militare privata inviò un certo numero di mercenari siriani – e di membri dell’esercito regolare – per affiancare le truppe dell’Azerbaigian nell’assalto contro i combattenti armeni del Nagorno-Karabakh.

Il Consiglio d’amministrazione della Sadat

Lo sbarco in Niger
Subito dopo, Ankara ha iniziato ad utilizzare la Sadat per accompagnare e proteggere la sua penetrazione economica nel continente africano, in particolare nel Sahel, dove una serie di colpi di stato hanno portato all’imposizione di giunte militari ostili alla presenza delle truppe occidentali ma bisognose di assistenza militare contro l’insorgenza jihadista.

La presenza di mercenari, per lo più siriani ma alle dipendenze della “Wagner turca” venne segnalata nella primavera dello scorso anno in Niger dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (Osdh), un organismo basato a Londra ma operante tramite una vasta rete di collaboratori in Siria.

Nel luglio 2023 un colpo di stato militare ha esautorato il presidente Mohamed Bazoum e il nuovo regime decide di espellere prima le truppe francesi, poi anche quelle statunitensi e tedesche, consentendo la permanenza solo di un contingente italiano. Nel paese arrivano i mercenari della Wagner russa, ma si crea lo spazio anche per l’inizio dell’avventura africana della Sadat. Del resto, in Africa la Turchia può contare su una presenza consolidata, forte di numerosi accordi di sicurezza, contratti commerciali o per la realizzazione di infrastrutture, appalti per lo sfruttamento delle risorse minerarie o petrolifere, gemellaggi culturali all’insegna dell’Islam politico perseguito dalla Fratellanza Musulmana. Il prodotto turco più richiesto sono le armi turche, a buon mercato ma efficienti, in particolare i droni da bombardamento prodotti dall’azienda di Selçuk Bayraktat, il genero del presidente Erdogan.

Secondo gli osservatori, la compagnia militare turca ha inviato in Niger 1100 mercenari, reclutati nelle regioni settentrionali della Siria, devastati dalla povertà e dalla disoccupazione, soprattutto tra i membri dell’SNA, allettati da salari di 1500 dollari (contro i 50 percepiti in patria). I “ribelli” siriani spesso non sanno neanche di lavorare per la Sadat, perché vengono reclutati da società di facciata quando non direttamente da alcuni comandanti delle stesse formazioni militari come la Sultan Murad e la Sultan Suleyman Shah, che in cambio ricevono una lauta percentuale.

In Niger i mercenari siriani sono impiegati per sorvegliare le miniere (in particolare quelle di uranio), gli impianti petroliferi, le basi militari o le sedi imprenditoriali, ma spesso sono coinvolti negli attacchi delle milizie jihadiste contro questi obiettivi e alcuni vengono uccisi. Il ritorno in patria delle salme, le proteste delle famiglie e degli stessi mercenari – impiegati in ruoli pericolosi non preventivati – conferma ciò che la direzione della Sadat continua a negare risolutamente, cioè che la PMC opera in suolo africano.

Il raggio d’azione si espande
E non solo in Niger. Fonti locali e siriane parlano del dispiegamento di un certo numero di mercenari dell’azienda turca in Mali, per garantire la sicurezza del presidente della giunta militare di Bamako, Assimi Goita, che si sente minacciato dal ministro della Difesa Sadio Camara, a sua volta artefice dell’arrivo nel paese di un grosso contingente della Wagner. Secondo alcuni media, uomini della Sadat sarebbero dispiegati anche in Burkina Faso e in Nigeria.

I membri di SADAT addestrano inoltre miliziani e membri delle forze armate Qatar, dove la Turchia ha creato una base militare all’interno della quale sono schierate truppe di Ankara.
A giugno dello scorso anno, Turchia e Uganda hanno siglato un accordo di cooperazione che include l’addestramento delle truppe da parte di Ankara ed esercitazioni congiunte. Mercenari turchi, alcuni dei quali uccisi negli scontri con gruppi affiliati ad Al Qaeda, sono stati segnalati da fonti locali anche in Togo.

Con la Somalia, a febbraio la Turchia ha firmato un patto di collaborazione sulla sicurezza delle coste del paese africano, accompagnato da un accordo che concede alle imprese turche la facoltà di esplorare i fondali e sfruttarne gli eventuali giacimenti petroliferi. Nella base militare di Camp Turksom, gli addestratori della Sadat e dell’esercito turco formano migliaia di reclute delle forze armate somale, schierate contro le milizie fondamentaliste.

L’Islam superpotenza
Melih Tanriverdi, alla guida del Consiglio di amministrazione della Sadat dopo la morte del generale Adnan, continua però a smentire il coinvolgimento diretto della sua azienda, anche se non nasconde la stretta collaborazione con le forze armate e le agenzie di intelligence di Ankara, oltre al forte interesse per l’ex Françafrique.

In dichiarazioni e interviste insiste sul fatto che i suoi uomini si occupano solo «di consulenza, addestramento militare e servizi logistici» e rivendica: «vogliamo aiutare i Paesi islamici fornendo i nostri servizi sul campo e migliorando le capacità difensive. Il nostro scopo è rafforzare il mondo islamico che deve occupare il posto che merita nel mondo come super-potenza». Nel 2017 il fondatore di Sadat chiese all’Organizzazione per la Cooperazione Islamica di avere il mandato e le risorse per costituire un esercito panislamico; suo figlio Melih è invece autore di un libro intitolato “Ritorno al Califfato”. Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria