Saranno necessari più di 50 miliardi di dollari per ricostruire Gaza, secondo uno studio pubblicato dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dalla Banca Mondiale. Secondo la valutazione rapida e provvisoria dei danni e delle necessità (nota come Irdna), nei prossimi 10 anni dovranno essere resi disponibili 53,2 miliardi di dollari per la ripresa e la ricostruzione, di cui 20 miliardi nei primi tre. Prima della ricostruzione occorrerà disinnescare gli ordigni inesplosi e rimuovere milioni di tonnellate di macerie.
Il rapporto, pubblicato nel contesto di un fragile cessate il fuoco tra Israele e Hamas iniziato il mese scorso, avverte che non sussistono ancora le condizioni per avviare lavori di recupero e ricostruzione su larga scala, a causa di questioni politiche.
L’Irdna afferma che oltre 292.000 case sono state distrutte o danneggiate e il 95% degli ospedali non è funzionante, mentre l’economia locale ha subito una contrazione dell’83%. Più della metà del costo totale stimato della ricostruzione, ovvero 30 miliardi di dollari, sarà necessaria per riparare i danni agli edifici e alle infrastrutture. Per la costruzione di case occorreranno circa 15 miliardi di dollari. Altri 19 miliardi di dollari saranno necessari per le perdite sociali ed economiche, tra cui quelle nei settori della sanità, dell’istruzione, del commercio e dell’industria, devastati dal conflitto.
Intanto Hamas consegnerà altri ostaggi israeliani, tra cui i corpi di due bambini, questa settimana. Khalil al-Hayya, leader di Hamas a Gaza, ha detto che i corpi di quattro ostaggi, tra cui quelli della famiglia Bibas , saranno restituiti giovedì. Sei ostaggi ancora vivi sabato.
I negoziati per la seconda fase dell’accordo avrebbero dovuto iniziare il 4 febbraio, ma il Qatar, che insieme all’Egitto e agli Stati Uniti sta mediando tra le parti, afferma che i colloqui non sono ancora iniziati ufficialmente.
Nelle ultime settimane Israele ha dato segnali contrastanti circa il suo impegno nei colloqui sulla prossima fase del cessate il fuoco in tre parti, entrato in vigore esattamente un mese fa. Ma si prevede che i negoziati sulla seconda fase, volta a garantire il rilascio dei restanti 64 ostaggi, saranno difficili, perché includono questioni come l’amministrazione della Gaza del dopoguerra, dove esistono grandi lacune tra le parti. Israele vuole il disarmo totale nella Striscia e insiste per escludere Hamas e l’Autorità nazionale palestinese dal governo della Striscia.
Finora, 19 ostaggi israeliani sono stati restituiti in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi. Se i sei ostaggi vivi e i quattro corpi saranno restituiti questa settimana, come annunciato, ne rimarranno altri quattro. In base alle informazioni di Hamas, si pensa che tutti e quattro siano morti.
Il fragile accordo di cessate il fuoco è stato minacciato anche dal piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per espellere i palestinesi e a trasformare Gaza in uno “sviluppo edilizio costiero” (Riviera) sotto il controllo degli Stati Uniti.
Il piano, di fatto per la pulizia etnica a Gaza, è stato respinto da tutti i palestinesi, dagli stati arabi e anche dagli alleati occidentali di Washington. Israele invece appoggia il piano Trump e il ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato lunedì che istituirà una nuova unità all’interno del suo ministero, dedicata a facilitare “l’uscita” dei residenti di Gaza che desiderano trasferirsi in un altro paese.