Chi regge le fila del governo in Argentina
“Il paese andrà a votare a ottobre. È molto importante che la volontà di cambiamento non venga meno. Chiederei all’Argentina di mantenere la rotta”. Così, senza mezzi termini, ha dichiarato Kristalina Georgieva, Direttrice generale del Fondo monetario internazionale, riferendosi alle elezioni legislative di medio termine previste per ottobre. Un’ingerenza senza precedenti, hanno commentato in molti, a partire dall’opposizione peronista, capitanata dall’ex presidenta argentina, Cristina Kirchner.
Con il consueto stile diretto e colloquiale, sulle sue reti sociali Cristina ha interpretato il messaggio dell’Fmi nel quadro del nuovo prestito da 20 miliardi di dollari che l’organizzazione internazionale ha firmato con l’amministrazione di Javier Milei: “un altro prestito politico, simile a quello concesso a Mauricio Macri nel 2018”, che ha indebitato il paese per generazioni. Di ben altra portata – ha detto Kirchner – è stata la relazione avuta con l’Fmi durante la sua presidenza: i debiti sono stati onorati – ha affermato – ma all’insegna della sovranità.
La ex presidenta ha poi attaccato l’ipocrisia di Milei nei confronti del papa Bergoglio, da lui prima definito “la rappresentanza di Satana sulla terra”, poi “il più illustre degli argentini”, ma a cui Milei ha riservato una visita condita da atteggiamenti fuori contesto e fuori protocollo.
La relazione che intercorre oggi fra l’Fmi e Milei è testimoniata anche dalla motosega, simbolo della scure calata sui diritti, regalata a Georgieva dal ministro argentino Federico Sturzenegger, e da questa esibita sulla sua giacca durante gli “incontri di primavera” dell’Fmi e della Banca Mondiale, in corso a Washington, che riunisce ministri delle finanze e governatori delle banche centrali di tutto il mondo per discutere delle “sfide economiche internazionali”.
Per conto del Fondo monetario internazionale, Milei sta stringendo il paese in una morsa di privatizzazioni e licenziamenti, e drastico taglio dei sussidi: in 9 mesi, li ha tolti a oltre 2,1 milioni di famiglie, ora preda della deregulation del sistema elettrico. E, entro fine anno, il governo conta di eliminare la divisione per fasce di reddito, che prevede attualmente tre livelli, per imporre un modello unico di assistenza diretta e discrezionale ai settori considerati più vulnerabili: ancora una volta in base ai piani dell’Fmi, che gli dispendia pagelle statistiche favorevole, contestate dagli economisti non allineati.
Le previsioni dell’Fmi per l’America latina
Nel Global Economic Outlook di aprile 2025, reso noto la scorsa settimana a Washington, il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso la crescita del continente latinoamericano a causa della guerra tariffaria degli Stati uniti e delle incertezze che produce. Ha tagliato le sue previsioni di crescita del PIL per il 2025 al 2% (dal 2,5%) e per il 2026 al 2,4% (dal 2,7%), citando i dazi statunitensi, le tensioni geopolitiche, le limitazioni di finanziamento e le “scarse prestazioni” di paesi come il Messico.
Il rapporto sottolinea che i dazi statunitensi, che hanno raggiunto un picco quasi universale il 2 aprile, rappresentano un “grave shock negativo” per la crescita globale, aggravato dall’imprevedibilità delle politiche e dai diversi impatti economici nei vari Paesi. La crescita globale, già mediocre nel 2024, subirà un netto rallentamento a causa di queste perturbazioni commerciali.
Nel caso del Brasile, la più grande economia della regione, comunque quella meno colpita dalla guerra dei dazi rispetto ad altri paesi, l’Fmi ribassa la crescita del Pil prevista per il 2025 dal 2,2% al 2,0% e per il 2026 dal 2,2% al 2,0%. Prevede, inoltre, che l’inflazione salirà al 5,3% nel 2025 dal 4,4% del 2024, per poi scendere al 4,3% nel 2026. Inoltre, secondo le stime dell’Fmi, la disoccupazione salirà al 7,2% nel 2025 e al 7,3% nel 2026, rispetto al 6,9% del 2024, a fronte di una crescita inferiore e di un’inflazione più elevata. Intanto, a Rio de Janeiro, è in corso la riunione dei ministri degli Esteri dei paesi Brics.
Sabato scorso, l’Fmi ha sospeso alla Colombia l’accesso a una linea di credito flessibile da 8,1 miliardi di dollari: dovuto – ha detto Kristalina Georgieva – a un significativo deterioramento delle finanze pubbliche. Per questo l’Fmi ha subordinato la linea di credito al completamento di una consultazione in corso ai sensi dell’Articolo IV e di una revisione intermedia.
“I vampiri arrivano, ma i vampiri scompaiono quando sorge il sole, Georgieva”, ha scritto il presidente colombiano, Gustavo Petro su X. Petro ha anche collegato la sospensione a un prestito precedente ottenuto dal suo predecessore, Iván Duque, che – ha affermato – è stato dirottato per sovvenzionare ricchi uomini d’affari. L’attuale accordo sulla linea di credito flessibile è stato approvato il 26 aprile 2024 per due anni, con una revisione intermedia per il mantenimento del rating, ha affermato in una nota l’Fmi.
Bolivia, grandi manovre pre-elettorali
Per la Bolivia, il FMI prevede un aumento del Pil dell’1,1% e un’inflazione del 15,1% nel 2025, con una crescita che rallenterà allo 0,9% e un’inflazione che salirà al 15,8% nel 2026. Il deficit dovrebbe attestarsi al 2,5% nel 2025 e al 3% nel 2026, mentre la disoccupazione dovrebbe rimanere all’1%. Ciò contrasta con le previsioni del governo boliviano di una crescita del 3,51% e di un’inflazione del 7,5% per il 2025.
Intanto, in un clima di tensione, a sinistra, si vanno definendo le candidature per le elezioni del 17 agosto, con una possibile seconda volta il 19 ottobre 2025. Secondo il calendario elettorale, la scadenza per la registrazione dei candidati presso organizzazioni e/o alleanze politiche va dal 14 al 19 maggio. Per il 3 maggio, il partito di governo, il Movimento al socialismo (Mas), insieme al Patto di Unità, prevede di radunare 2,5 milioni di membri, sostenitori e organizzazioni collegate (almeno 107 confederazioni), in un grande incontro nazionale nella città di El Alto, dove verrà decisa la lista presidenziale in vista delle elezioni generali.
Si tratta del campo che sostiene le politiche del presidente in carica, Luis Arce e del suo vice David Choquehuanca. Quest’ultimo, è stato proposto dal Patto di Unità boliviano come candidato indigeno alla carica di Segretario generale delle Nazioni Unite, alla 24ma sessione del Forum permanente sulle questioni indigene, tenutosi a New York. La nomina è stata proposta da 36 nazioni indigene originarie e contadine della Bolivia, in considerazione che per turno, questa volta la scelta del Segretario generale spetterebbe di diritto alla regione latinoamericana e caraibica.
Intanto, i sostenitori dell’ex presidente, Evo Morales, da tempo in rotta con Arce e ormai fuori da quello che era il suo partito, il Mas, stanno preparando una marcia a La Paz per il 16 maggio, per registrarlo come loro candidato presso il Tribunale Supremo Elettorale (Tse) con il partito Evo Pueblo, due giorni prima della scadenza del termine. Il candidato alla vicepresidenza sarà scelto nelle prossime settimane.
Morales si trova da oltre 100 giorni nella zona tropicale di Cochabamba, dove i suoi seguaci lo stanno proteggendo per evitare l’esecuzione di un mandato di arresto in un caso in cui è indagato per aver avuto legami con un’adolescente rimasta incinta quando era ancora presidente. Qualora uscisse da Cochabamba potrebbe essere arrestato.