Il presidente siriano autoproclamato Ahmed Sharaa ha ammesso che la Siria sta conducendo colloqui indiretti con Israele tramite mediatori, volti ad “allentare le tensioni e impedire che la situazione sfugga al controllo di tutte le parti coinvolte”. Secondo alcuni analisti, i colloqui potrebbero evolversi fino a una normalizzazione dei rapporti tra il nuovo regime siriano e lo Stato ebraico.
Durante la conferenza stampa a Parigi, seguita all’incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, Sharaa ha dichiarato che “l’intervento di Israele (che, dopo la caduta di Bashar al-Assad all’inizio di dicembre, ha occupato centinaia di km² di territorio siriano, ndr) costituisce una violazione dell’accordo del 1974” tra Israele e Siria, che – ha affermato – il suo governo si è impegnato a rispettare sin dal suo insediamento.
Sharaa – conosciuto fino allo scorso anno come Abu Mohammad Al Julani, capo del gruppo qaedista Hay’at Tahir al Sham – ha aggiunto che il suo esecutivo sta contattando tutti i Paesi che hanno legami con Israele, nel tentativo di fare pressione su Tel Aviv affinché ponga fine agli attacchi in Siria. Israele, oltre ad occupare ampie porzioni del territorio meridionale siriano, ha compiuto centinaia di attacchi aerei negli ultimi mesi.
Prima del viaggio del presidente siriano a Parigi, l’agenzia Reuters e fonti arabe avevano riferito che gli Emirati – dopo la visita di Sharaa ad Abu Dhabi il 13 aprile – avevano aperto un canale di dialogo segreto tra Gerusalemme e Damasco, incentrato su questioni di sicurezza e intelligence e sul rafforzamento della fiducia tra i due Stati, che non intrattengono relazioni diplomatiche. Gli Emirati hanno smentito ogni coinvolgimento.
Va notato che, nei giorni scorsi, le autorità islamiste al potere in Siria hanno fatto arrestare due dirigenti del Jihad islamico palestinese e un esponente di spicco del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina-Comando Generale. Secondo i media locali, gli arresti sarebbero legati alle condizioni poste dagli Stati Uniti per la revoca delle sanzioni economiche alla Siria, tra cui l’interruzione dei rapporti con le organizzazioni palestinesi. Durante i decenni in cui è stata al potere la famiglia Assad, i palestinesi avevano invece trovato appoggio e accoglienza in Siria.