“Trionfare nella vita non consiste nel vincere, ma nel rialzarsi e ricominciare ogni volta che si cade”, così Pepe Mujica chiuse la sua carriera parlamentare. Era senatore, era già stato presidente, e aveva riempito il mondo della sua allegria.
Un film, la sua storia è stata un film: ha fatto il ciclista fino a 17 anni, la politica è sempre stata nella sua vita e già dai primi anni ‘60 sta a cavallo tra elezioni e radicalità, dalle elezioni con l’Unione Popolare alla sua adesione al Movimiento de Liberación Nacional-Tupamaros (Movimento di Liberazione Nazionale-Tupamaros). Quindi la guerriglia e poi Imprigionato e torturato, per 12 anni, durante la dittatura, poi divenne presidente con il Frente Amplio.
José “Pepe” Mujica, era nato il 30 maggio 1935 e morto martedì, il 13 maggio 2025, all’età di 89 anni, dopo aver annunciato un tumore all’esofago a inizio 2025.
Ha stravolto le “regole” di un presidente, rifiutato il lusso, e ha continuato a vivere come prima. Grande comunicatore e capace di modificare anche la narrazione politica. Ha avuto il coraggio di lasciare spazio, sapendo muoversi dietro le linee. La vittoria di Orsi alle ultime presidenziali è stata anche la sua vittoria, l’ultima da politico. Il suo impulso è stato determinante ed è stato da esempio più fuori dai confini dell’Uruguay che dentro. Il paese della continuità non è stato stravolto dal Fronte Amplio partito, che anche con Pepe, è rimasto fedele alla linea della politica senza strappi del paese. Ma la sua simpatia ed empatia sono arrivate forti anche ai suoi detrattori, sia di destra che di sinistra.
Chi ha fatto parte dei Tupamaros si è diviso su Pepe, c’è chi è stato con lui e chi ha pensato fosse un traditore, ma davanti alla sua dignità non c’è stato verso di piegarsi al chiacchiericcio e ci si è dovuto tenere al rigore del dibattito politico. Nel mondo dei Milei e dei Trump non una cosa da poco.
La destra continentale e uruguaya ha cercato di sporcare la sua immagine, senza riuscirci, e alcune sue scelte economiche a vantaggio del “capitalismo green” hanno aperto a critiche a sinistra.
Il suo nome ha fatto il giro del mondo nel 2012 con un applaudito discorso alla conferenza Rio+20 delle Nazioni Unite. Senza cravatta, è salito sul podio della conferenza e ha inveito contro il consumismo.
Un anno dopo è stato ancora più duro all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove ha criticato l’umanità per aver “sacrificato i vecchi dei immateriali” per occupare “il tempio con il dio mercato”.
Nella sua modesta fattoria alla periferia di Montevideo, che si è rifiutato di lasciare durante la sua presidenza, ha ospitato personalità come il re emerito di Spagna Juan Carlos II e personaggi dello spettacolo come il regista Emir Kusturica.
Proprio Il regista serbo, affascinato dalla personalità di “Pepe”, ha portato la sua vita in pellicola con un documentario uscito nel 2018.
È stato vicino a Fidel e Lula mentre negli anni ha attaccato Cristina Kirchner, Maduro, Ortega e Evo Morales sopratutto per la loro incapacità di lasciare il potere e costruire un cambio.
Uomo di sinistra, con una tensione constante tra istituzioni e movimento tanto che a destra hanno cercato di inquisirlo per rapina per presunte azioni illegali di recupero fondi una volta uscito dal carcere. Il passato lotta armatista non è mai stato negato e neppure l’importanza dei movimenti anche se, una volta diventato presidente, Mujica è stato autentico uomo delle istruzioni. Tanto da difendere lo stato e prendersi le responsabilità necessarie. Pepe poteva essere di tutte e tutti, così come di nessuno e nessuna. Impossibile da inquadrare é stato politico di altissimo livello, coraggioso e spregiudicato. Tra le luci non sono mancate le ombre, perché l’imperfezione e la contraddizione sono parti della vita, e anche della política. E Pepe, pur nel rifiuto del consumismo, è stato anche uomo di potere, un qualcosa che non ha mai negato. Nel 2016 ho potuto scambiarci qualche parola in Italia, avevo una maglietta con Zapata, Villa e il Subcomandante Marcos. Mi disse “avrei voluto conoscerli, tutti e tre. Sapere come fare e rimanere giovani e rivoluzionari. Io sono cambiato ma vorrei un mondo giusto per tutti e tutte. È difficile. Con le istruzioni si può fare qualcosa. Non tutto. E serviamo tutti e tutte, in ogni settore”.
Poi si è girato, ha parlato con chi era in quella stanza, con tutti e tutte. Perché Pepe era così, tra luci ed ombre, vittorie e sconfitte, errori e giocate vincenti, uno di noi.