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A Gaza è un bagno di sangue. Più di 250 palestinesi sono stati uccisi da ieri mattina in una delle ondate di attacchi più letali dal 18 marzo quando Israele ha rotto la tregua con Hamas. Secondo il portavoce del ministero della sanità a Gaza, Khalil al-Deqran, i raid israeliani hanno colpito duramente la parte settentrionale della Striscia, in particolare la città di Beit Lahiya e il campo profughi di Jabalia, dove numerosi edifici sono stati rasi al suolo durante la notte. Squadre di soccorso palestinesi hanno dichiarato che molti corpi restano sepolti sotto le macerie e che i mezzi di emergenza non riescono a raggiungere tutte le aree colpite.

Nel campo di Jabalia, testimoni hanno descritto scene di desolazione: uomini che scavano tra le macerie con le mani, bambini che si arrampicano tra i detriti in cerca di sopravvissuti. Alcuni dei corpi recuperati durante la notte sono stati avvolti in lenzuola bianche e allineati per il trasporto in ospedale, mentre i familiari tentavano di riconoscere i propri cari.

Israele si trova ad affrontare un crescente isolamento sulla scena internazionale. Anche i partner occidentali più stretti iniziano a esprimere riserve sull’operato dell’esercito israeliano, mentre le agenzie umanitarie internazionali denunciano una crisi umanitaria senza precedenti. L’accesso agli aiuti resta fortemente limitato, aggravando ulteriormente le condizioni di una popolazione già martoriata da mesi di guerra.

Da parte sua L’esercito israeliano sostiene di aver colpito oltre 150 obiettivi nella Striscia e di aver preso di mira “cellule terroristiche di Hamas”. Intanto, carri armati e veicoli corazzati israeliani sono ammassati lungo il confine, a conferma dell’imminente ampliamento dell’operazione terrestre. Ieri il premier israeliano  Netanyahu aveva ribadito l’intenzione di condurre una “offensiva estesa e intensiva” contro Hamas, con il sostegno del gabinetto di sicurezza, che ha approvato piani per la rioccupazione dell’intera Striscia di Gaza e il controllo diretto della distribuzione degli aiuti umanitari. Un funzionario della difesa ha precisato che l’operazione su larga scala non inizierà prima della conclusione della visita in Medio Oriente del presidente statunitense Donald Trump, attesa per oggi.

Nel frattempo, si registra un crescente allarme internazionale per la situazione umanitaria a gaza. Il blocco imposto da Israele continua a impedire l’accesso regolare di cibo, acqua e medicinali. Un osservatore internazionale ha lanciato un nuovo allarme per la carestia in atto, che sta colpendo in particolare le aree del nord. Le Nazioni Unite parlano di un’intera popolazione allo stremo, con oltre un milione di sfollati e servizi sanitari al collasso.

Donald Trump, in visita negli Emirati dove ha firmato nuovi accordi economici per un valore di circa 200 miliardi di dollari, ha detto ai giornalisti “Mi aspetto molte cose positive nel prossimo mese”. Alla domanda se sostenesse l’espansione dell’operazione israeliana, il presidente americano, stretto alleato di Israele, ha risposto: “Vedremo. Dobbiamo aiutare anche i palestinesi”.

Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha definito la situazione “profondamente preoccupante”, sottolineando che Washington sta lavorando con i suoi alleati per promuovere una de-escalation del conflitto. Tuttavia, Netanyahu ha escluso concessioni, nonostante l’invio di una delegazione a Doha per partecipare ai colloqui con i mediatori del Qatar.

L’obiettivo dichiarato di Israele dopo il 7 ottobre 2023 resta l’eliminazione di Hamas. Da allora, l’offensiva israeliana ha ucciso almeno 53.000 palestinesi, la maggior parte civili e distrutto completamente Gaza.