Messico, si vota la riforma giudiziaria
Un’occasione storica quella del 1° giugno in Messico. Per la prima volta, infatti, rappresentanti e funzionari del potere giudiziario non verranno più nominati a porte chiuse, ma eletti direttamente dai cittadini. Quasi 100 milioni gli aventi diritto al voto e 1.881 gli incarichi in lista. Un procedimento seguito all’approvazione della nuova legge, passata con maggioranza qualificata – 86 voti a favore, 41 contrari e 0 astensioni – secondo quanto stabilito dalla Legge Organica del Congresso, e pubblicata in Gazzetta il 15 settembre 2024, giorno in cui si commemora il “Grido d’Indipendenza” del Messico. La sessione parlamentare ha dovuto svolgersi nella sede alternativa, la Casona de Xicoténcatl, per le furibonde proteste dei settori dell’opposizione contro la riforma.
La “Riforma Giudiziaria” ha infatti provocato un acceso dibattito nel paese fin da quando è stata annunciata dall’ex presidente, Andrés Manuel López Obrador (Amlo). I candidati legislatori del Partito Morena e la stessa Claudia Sheinbaum, eletta presidente con il 59,5% dei suffragi il 2 giugno dell’anno scorso, ne hanno fatto un argomento di campagna elettorale, mettendo in evidenza il suo carattere democratico e anti-corporativo. Toccare i privilegi di chi guadagna in un giorno una cifra equivalente a 55 salari minimi – i membri della Corte suprema di giustizia hanno un reddito giornaliero di 13.698 pesos messicani – ha scatenato, però, le reazioni degli apparati giudiziari e dei poteri forti, timorosi di vedersi chiudere la porta in faccia, quando l’avevano avuta sempre spalancata.
Per fare qualche esempio: nel 2022, la Corte Suprema di Giustizia ha bloccato la riforma del sistema elettrico che cercava di rafforzare la sovranità energetica del Messico, dando priorità alla Commissione Federale di Elettricità rispetto agli interessi privati stranieri. Il 70% delle sentenze della Corte che hanno avuto un impatto fiscale sono servite a condonare le tasse alle imprese, non a chiedere loro conto. Per non parlare della via crucis delle donne che chiedono giustizia a un sistema corrotto in cui femminicidi, stupratori di bambine, aggressori recidivi vengono rilasciati da giudici certi di non ricevere alcuna sanzione. Ora l’apparato giudiziario accusa la riforma di attentare alla “neutralità” della giustizia e di voler politicizzare le decisioni.
Secondo alcuni poderosi gruppi economici nazionali e transnazionali, sostenuti dalle grandi agenzie della comunicazione, la riforma avrà un impatto negativo sull’economia messicana: perché genererà sfiducia nei tribunali messicani, che non verranno scelti per risolvere i conflitti sorti nell’ambito del Trattato di Libero Scambio con il Nord America; di conseguenza, si produrrà “incertezza e mancanza di investimenti in Messico”.
Quel che è in gioco – dicono i commentatori di sinistra – , non è solo una riforma amministrativa, ma un cambio di marcia sostanziale affinché la giustizia cessi di essere un privilegio blindato da codici e patti occulti, un sistema elitario, crudele con le donne e punitivo verso i poveri, e cominci a essere un diritto esercitato e preteso dalla maggioranza della popolazione.
Panama, il governo di Chiquita
Da oltre un mese, il Sindacato dei Lavoratori dell’Industria del Banano e delle Imprese Collegate (Sitraibana) protesta contro la riforma a una legge della sicurezza sociale, imposta dal governo di José Raúl Mulino, per ridurre i benefici lavorativi, e contro i 4.800 licenziamenti decisi dalla multinazionale Chiquita. Gli scioperi si stanno allargando ad altre categorie, come educatori e lavoratori edili. Il governo ha risposto con la repressione, anteponendo la fine degli scioperi a ogni cambio di indirizzo. Fulcro delle proteste, Bocas del Toro, una delle province più povere di Panama (38,9%, il tasso di povertà multidimensionale), dove l’industria bananiera rappresenta il principale motore economico. I licenziamenti sono avvenuti dopo che un tribunale del lavoro ha dichiarato illegale lo sciopero guidato da Sitraibana. L’azienda ha giustificato la decisione adducendo l’abbandono del lavoro e perdite economiche che ammontano a 75 milioni di dollari. Chiquita, che controlla il 90% della produzione nazionale di banane, svolge un ruolo chiave nell’economia panamense. Nel primo trimestre di quest’anno, la banana, che è rimasta il principale prodotto di esportazione, ha rappresentato il 17,5% delle vendite all’estero, e ha generato 324,4 milioni di dollari, il valore più alto in 15 anni. L’industria bananiera impiega oltre 7.000 persone a Bocas del Toro, dove si sviluppano anche attività come la produzione di platano, cacao e l’allevamento.
Tuttavia, i blocchi hanno generato scarsità di prodotti di base e una mancanza di entrate per i commerci locali, mettendone a rischio l’apertura. I leader sindacali hanno finora respinto la proposta di modifica della legge, proposta dal governo, chiedendo l’abrogazione della riforma della Sicurezza Sociale e soluzioni strutturali per combattere la povertà e garantire la stabilità lavorativa..
Chiquita, intanto, ha sospeso la sua attività nella regione, il che ha spinto l’Esecutivo a istituire una commissione di alto livello per cercare soluzioni, incluso un dialogo con l’azienda per evitare la sua definitiva uscita dal paese.
Colombia, il X Vertice dei Capi di Stato dell’AEC
Il 29 maggio 2025, si è svolta a Cartagena, in Colombia, la 30ª Riunione Ordinaria del Consiglio dei Ministri dell’Associazione degli Stati dei Caraibi (AEC). Un incontro nell’ambito della “Settimana dei Grandi Caraibi”, un evento più ampio che ha avuto luogo dal 26 al 30 maggio 2025. Il 30 maggio, a Monteria, sempre in Colombia, si è tenuto il X Vertice dei Capi di Stato e/o di Governo dell’AEC.
L’AEC è un’organizzazione intergovernativa creata nel 1994 mediante un accordo internazionale con l’obiettivo di promuovere la consultazione, la cooperazione e l’azione concertata tra i paesi dell’area.
Attualmente è composta da 25 Stati Membri e 10 Associati, inclusi i paesi partecipanti della CARICOM, i paesi del Gruppo dei 3, i membri del CACM, Cuba, la Repubblica Dominicana, Haiti e Suriname. Si basa sui principi del multilateralismo, del rispetto della sovranità e dell’unità nella diversità che caratterizza la regione dei Caraibi. Con questo spirito, l’iniziativa di quest’anno di è proposta di posizionare la regione dei Grandi Caraibi come attore chiave nella governance globale e nella costruzione di un ordine multipolare più equilibrato, in un contesto geopolitico denso di sfide e in rapida trasformazione.
La Sessione di Alto Livello ha esaminato il ruolo del Sud Globalee il potenziale della regione per rafforzare la cooperazione Sud-Sud, diversificare le sue economie, promuovere il commercio regionale, ridurre le disuguaglianze, ampliare l’accesso ai finanziamenti per lo sviluppo, e consolidare alleanze strategiche. Tra i temi in discussione vi sono stati l’integrazione economica, la connettività regionale, la trasformazione digitale inclusiva, la giustizia climatica, la protezione del Mar dei Caraibi e l’economia blu. Temi affrontati con un’attenzione particolare alla lotta alla povertà e alla promozione di un ordine globale più equo.
Si è approvata la Dichiarazione della Colombia, che si basa sulle raccomandazioni formulate durante la 30ª Riunione Ordinaria del Consiglio dei Ministri, tenutasi il giorno precedente a Cartagena. Durante il vertice, il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha consegnato la presidenza pro tempore del blocco regionale al presidente panamense, José Raúl Mulino. Pagine Esteri