Pagine Esteri – Sono continuati anche la notte scorsa, estendendosi alla città di Portadawn, i riot razzisti in alcune località dell’Irlanda del Nord. L’epicentro degli attacchi contro le forze dell’ordine e i cittadini stranieri è la città di Ballymena che con i suoi 30 mila abitanti rappresenta il settimo nucleo urbano per popolazione della porzione di Irlanda sottoposta ad amministrazione britannica.
Come nelle notti precedenti, anche durante l’ultima centinaia di persone, spesso con il volto coperto, hanno eretto barricate, lanciato sassi e bottiglie molotov contro gli agenti della PSNI (Police Service of Northern Ireland) in assetto antisommossa – che hanno risposto con gli idranti e i lacrimogeni – intervenuti per impedire i pestaggi di immigrati e la distruzione di di abitazioni ed attività economiche gestite da stranieri. In tutto sarebbero state arrestate finora 15 persone.
L’ennesima scintilla si è accesa lunedì scorso, quando si è diffusa la notizia che due ragazzi di 14 anni di origine romena e accompagnati da un interprete, erano stati interrogati da un giudice per rispondere dell’accusa di tentata violenza sessuale nei confronti di una minorenne. I due ragazzi hanno negato le accuse e l’udienza è stata rinviata a luglio.
In un clima surriscaldato dall’odio razzista alimentato da alcuni gruppi di estrema destra e in un contesto esacerbato da ingenti problemi sociali, i social hanno cominciato subito a riempirsi di messaggi violenti e aggressivi, denunciando – senza alcuna base certa – che i due accusati fossero degli “immigrati illegali”. Una “veglia pacifica” organizzata nel pomeriggio tramite un passaparola sui social si è subito trasformata in un riot razzista, con un centinaio di giovani incappucciati che hanno cominciato a lanciare mattoni, petardi e molotov contro la polizia.
Visto il moltiplicarsi di attacchi contro le case presumibilmente abitate da migranti e i negozi gestiti da questi ultimi, devastati quando non dati alle fiamme, su alcune abitazioni sono apparsi cartelli che recitavano “Qui vive un filippino”, nella speranza che questo disincentivi gli aggressori a caccia di romeni. Altri immigrati invece hanno identificato la propria residenza come “britannica” sperando nella clemenza degli incappucciati.
In molti quartieri della cittadina a maggioranza protestante, soprattutto in quelli della “working class” più colpiti dalla deindustrializzazione che ha causato un aumento della disoccupazione, della povertà e del disagio sociale, i pogrom contro i migranti sono stati accompagnati dall’esposizione di centinaia di Union Jacks, la bandiera rossa, bianca e azzurra del Regno Unito cara alle comunità lealiste come lo è Ballymena.
Dopo la prima notte, la violenza xenofoba si è manifestata anche in altre località. A Larne, ad esempio, una cinquantina di incappucciati ha incendiato un centro sportivo che era stato scelto dall’amministrazione per ospitare alcune decine di migranti che avevano dovuto abbandonare le proprie abitazioni dopo i primi attacchi. Scontri, seppure di minore intensità, si sono verificati anche nei comuni di Carrickfergus, Newtownabbey e nella zona settentrionale di Belfast.
Tutti i partiti di una certa consistenza hanno condannato i pogrom chiedendo un ritorno alla calma e denunciando che «Coloro che stanno strumentalizzando gli eventi come arma per aizzare le tensioni razziali non hanno alcun interesse a fare giustizia ma sono interessati solo a diffondere il caos e a dividere la comunità». Le formazioni e le correnti della destra unionista più radicale lo hanno fatto in maniera superficiale e senza grande convinzione.
Da parte sua Jim Allister, l’unionista di estrema destra eletto nella Contea di Antrim (in cui rientra Ballymena) che siede alla Camera dei Comuni di Londra per conto del “Traditional Unionist Voice” ha invece definito i riot la manifestazione di un «fallimento delle politiche di integrazione da parte delle autorità, incapaci di rispondere alle preoccupazioni della popolazione locale ignorata e non rispettata».
Allister, così come alcune organizzazioni di estrema destra attive nelle Sei Contee, ha tentato di giustificare le violenze parlando dei “rapidi cambiamenti demografici” che si sarebbero verificati negli ultimi anni in Irlanda del Nord. Ma le più aggiornate statistiche rivelano che il territorio in questione ospita solo un 3,4% di popolazione straniera (66 mila persone su un totale di quasi 2 milioni di abitanti) contro il 18,3% dell’Inghilterra o del Galles e il 13% della Scozia.
Come in altri episodi precedenti, appare evidente che l’esplosione di violenza non è spontanea, ma è il frutto di una sistematica diffusione di messaggi d’odio e di fake news – sul fatto, ad esempio, che gli immigrati ricevano lauti sussidi sociali e che i crimini commessi da questi ultimi siano tollerati dalle autorità – da parte dei gruppi razzisti che entrano in azione appena possono contare su un pretesto, opportunamente amplificato.
Durante il mese di agosto dell’anno scorso diversi attacchi razzisti e scontri con la PSNI si verificarono a Belfast nel contesto dell’esplosione di pogrom contro gli stranieri iniziati a Southport, in Inghilterra, a seguito dell’accoltellamento mortale di tre bambine da parte di un giovane cittadino britannico di origini ruandesi.
Nelle città e nei quartieri unionisti dell’Irlanda del Nord, dove più forte è stata storicamente la presenza dei gruppi paramilitari filobritannici, negli ultimi anni i cittadini stranieri hanno tendenzialmente preso il posto dei “papisti”, come vengono offensivamente definiti gli appartenenti alla comunità irlandese, repubblicana e nazionalista. Ma anche nella cattolica Repubblica d’Irlanda, in particolare a Dublino, le esplosioni di violenza contro i migranti e le strutture che li ospitano si sono moltiplicate negli ultimi anni, soprattutto a partire dalla fine del 2023.
Ora il timore è che i pogrom razzisti in atto in Irlanda del Nord si saldino con le parate orangiste – processioni organizzate durante l’estate dalle organizzazioni lealiste che celebrano la colonizzazione dell’Irlanda sfilando anche in quartieri e città repubblicane – causando un generale aumento della tensione. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria