La regione del Tigray, già devastata dal conflitto che tra il 2020 e il 2022 ha lasciato centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati, è di nuovo al centro dell’attenzione per le tensioni che rischiano di sfociare in una nuova guerra. L’accordo di Pretoria del novembre 2022 aveva formalmente posto fine alle ostilità tra il governo federale etiope e il Tigray People’s Liberation Front (TPLF), ma tre anni dopo la pace appare fragile e incompleta. Le divisioni interne, la crisi di leadership e il deteriorarsi della sicurezza minano la stabilità di un territorio che non ha mai davvero smesso di vivere in uno stato di precarietà. Al centro della crisi si colloca proprio il TPLF, partito che per decenni ha dominato la scena politica etiope e che avrebbe dovuto guidare la fase di ricostruzione. In realtà, la sua leadership è oggi segnata da una profonda frattura: da una parte c’è Getachew Reda, che ha assunto la guida del governo regionale in base agli accordi di pace, dall’altra Debretsion Gebremichael, ex presidente del Tigray e figura simbolo della resistenza contro Addis Abeba. Questa contrapposizione non è rimasta solo nelle aule politiche ma, come segnalano fonti locali, si è riflessa anche sul piano militare, con scontri sporadici tra diverse fazioni legate al partito. In assenza di un’autorità unitaria, la regione appare sempre più ingovernabile e la popolazione guarda con timore a un futuro che rischia di ripetere il passato recente.
Sul piano dei rapporti con Addis Abeba, il malcontento non è minore. Il governo del primo ministro Abiy Ahmed viene accusato di non aver rispettato pienamente gli impegni presi a Pretoria. Questioni cruciali, come il disarmo delle forze tigrine, il reintegro dei servizi di base e soprattutto la restituzione delle aree contese oggi controllate da milizie amhara o da truppe eritree, restano irrisolte. Questa incertezza ha alimentato un clima di diffidenza reciproca: molti tigrini percepiscono l’accordo come uno strumento utile più a consolidare il potere centrale che a garantire stabilità e autonomia. La sensazione diffusa è che la pace sia stata concepita più come tregua temporanea che come soluzione duratura.
Il peso della guerra passata continua intanto a condizionare la vita quotidiana. Le devastazioni materiali, le atrocità documentate durante il conflitto, comprese violenze sessuali sistematiche e massacri di civili, hanno lasciato ferite profonde. La ricostruzione procede a rilento, le infrastrutture restano gravemente compromesse e gran parte della popolazione vive in condizioni di estrema precarietà. Non sorprende quindi che cresca il numero di persone che tentano di fuggire dalla regione, affrontando viaggi pericolosi verso il Mar Rosso e il Golfo di Aden. Molti non sopravvivono, come dimostrano i recenti naufragi che hanno riportato a riva decine di corpi di migranti, in larga parte tigrini.
Il contesto nazionale non contribuisce a rasserenare lo scenario. L’Etiopia è attraversata da una crisi economica pesante e da altre tensioni etniche e politiche che mettono a dura prova la capacità del governo di mantenere l’ordine. Un nuovo conflitto nel Tigray avrebbe quindi ripercussioni devastanti per l’intero Paese, già in difficoltà su più fronti. Gli osservatori sottolineano come il rischio attuale sia che la spaccatura interna al TPLF diventi un pretesto per un intervento diretto di Addis Abeba, aprendo la strada a una nuova escalation. Formalmente un accordo di pace esiste, ma in assenza di una reale riconciliazione politica e di progressi concreti sul piano del disarmo e della normalizzazione della vita civile, le ostilità possono riaccendersi in qualsiasi momento.
Il Tigray si trova dunque sospeso tra un passato che non smette di pesare e un futuro che resta incerto. La pace firmata tre anni fa non ha cancellato le cause profonde del conflitto e la mancanza di un processo inclusivo rischia di trasformare la tregua in un semplice intervallo prima della prossima esplosione di violenza. Per la comunità internazionale l’allarme è evidente: senza interventi rapidi e senza pressioni efficaci per garantire il rispetto degli impegni presi, la regione potrebbe precipitare di nuovo nel caos. Per i cittadini del Tigray, già segnati da anni di sofferenze, la prospettiva di un domani diverso sembra oggi sempre più lontana. Pagine Esteri