Alle 12:00 ora locale, le 11 in Italia, è scattato ufficialmente il cessate il fuoco tra Israele e Hamas e dopo 734 giorni di bombardamenti e assedi che hanno ucciso almeno 67.000 palestinesi, in maggioranza civili, e distrutto gran parte della Striscia. Stamattina però l’aviazione israeliana aveva ha condotto nuovi attacchi su Khan Younis e Gaza City. Almeno cinque palestinesi sono stati feriti da un raid aereo nel nord della Striscia. La tv Al Arabiya ha riferito che dopo l’uccisione di un soldato, l’artiglieria israeliana ha bombardato più volte le zone orientali di Gaza city. Anche l’area a est di Al-Qarara, a nord di Khan Yunis, è stata sottoposta a bombardamenti di artiglieria. Ieri  almeno 26 palestinesi erano stati uccisi dai bombardamenti.

Il governo israeliano ha approvato l’accordo nella notte. L’intesa prevede il rilascio degli ostaggi israeliani in cambio della scarcerazione di prigionieri politici palestinesi, oltre a un ritiro graduale delle truppe israeliane dalla Striscia. Si tratta del punto centrale dell’iniziativa statunitense più nota come Piano Trump.

L’esercito israeliano prevede di completare in queste ore il ritiro delle sue truppe alla “linea gialla” indicata nell’accordo, in modo da dare inizio alle 72 ore entro le quali Hamas rilascerà gli ostaggi. Una volta ultimato il ridispiegamento, manterrà il controllo di poco più della metà del territorio della Striscia, ovvero il 53%, la maggior parte del quale si trova al di fuori delle aree urbane.

Per il capo negoziatore di Hamas, Khalil Al Hayya, “la guerra è finita”. Ma non è una convinzione condivisa da cinque ministri israeliani dell’estrema destra, tra cui Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, che hanno votato contro l’accordo, minacciando di lasciare la coalizione se nella seconda fase del piano americano Hamas non sarà completamente disarmato ed escluso dal governo di Gaza.  L’approvazione del piano Trump è passata a maggioranza.

Il premier Netanyahu, che oltre ad un’offensiva militare distruttiva a Gaza ha portato avanti per due anni un conflitto diplomatico muscolare, ha dovuto prendere atto che lo Stato ebraico è isolato sul piano internazionale. Rischiava inoltre di spegnere i rapporti, alla luce del sole o dietro le quinte, che mantiene con i paesi arabi del Golfo pronti alla normalizzazione delle relazioni con Israele. Anche il rapporto tra Netanyahu e Trump è stato messo a dura prova: il presidente statunitense avrebbe esercitato forti pressioni su Tel Aviv per arrivare a un accordo rapido, manifestando impazienza per la durata e l’esito di una guerra.

Gli ospedali israeliani sono stati mobilitati per accogliere i prigionieri liberati, molti dei quali hanno trascorso quasi due anni nelle gallerie sotterranee di Gaza. In cambio, Israele libererà 250 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo e 1.700 abitanti di Gaza arrestati durante le operazioni militari ma non coinvolti nell’attacco del 7 ottobre 2023. Tra i detenuti che resteranno in carcere figura Marwan Barghouti, il leader di Fatah spesso indicato come il “Mandela palestinese”, che Israele ha detto di non voler liberare.

Una volta resa operativa, la tregua consentirà l’ingresso di convogli umanitari carichi di cibo, acqua e medicine per centinaia di migliaia di civili che vivono da mesi in tende improvvisate dopo la distruzione delle loro abitazioni. L’Onu e le principali agenzie internazionali si preparano a un afflusso massiccio di aiuti e hanno già delineato piani per una futura missione di ricostruzione e sicurezza sotto supervisione internazionale. Gli Stati Uniti contribuiranno con 200 militari a una task force congiunta che includerà contingenti di Egitto, Qatar, Turchia ed Emirati Arabi Uniti, anche se nessuna truppa americana sarà dispiegata dentro la Striscia.

Restano però nodi cruciali.  I negoziati non hanno ancora chiarito chi governerà Gaza una volta conclusa la guerra e quale sarà il destino politico del movimento islamico. Israele insiste sul disarmo completo di Hamas, ma i dirigenti del gruppo respingono la richiesta, sottolineando che la sicurezza di Gaza dovrà essere garantita da un’amministrazione locale sostenuta dai paesi arabi.

Mentre le diplomazie lavorano ai dettagli della prima fase, Trump ha annunciato che nelle prossime ore si recherà in Medio Oriente per partecipare alla cerimonia di firma in Egitto. Lunedì è previsto il suo arrivo in Israele, dove dovrebbe intervenire alla Knesset. Sarebbe il primo discorso di un presidente americano al parlamento israeliano dal 2008. Trump presenterà il cessate il fuoco come un successo personale e politico, rivendicando di aver posto fine a un conflitto che ha logorato la regione e ridotto Israele all’isolamento.