Pagine Esteri – Ieri mattina tre volontari italiani – due ragazze e un ragazzo – e una di nazionalità canadese sono stati brutalmente aggrediti, picchiati e derubati da un gruppo di coloni israeliani che hanno attaccato un’abitazione che fungeva da base per la loro attività nella comunità di Ein al-Duyuk, a poca distanza da Gerico.

Le attiviste aggredite appartengono a “Faz3a“, una iniziativa internazionale nata per tentare di proteggere la popolazione palestinese dalle continue e sempre più violente aggressioni dei coloni e dell’esercito israeliano.

All’alba una decina di coloni armati e mascherati hanno fatto irruzione nell’abitazione in cui gli attivisti alloggiavano, li hanno picchiati e poi hanno sottratto loro alcuni effetti personali, tra cui passaporti e telefoni cellulari.

Secondo le fonti mediche tre attivisti hanno riportato ferite di media gravità, mentre una è rimasta ferita in modo più serio. Tutti sono stati trasportati in ospedale per ricevere cure.

Nelle ultime settimane gli attacchi dei coloni contro le comunità della Cisgiordania e anche contro gli attivisti stranieri si sono intensificate. In Cisgiordania vivono attualmente almeno 500 mila coloni provenienti da Israele e da decine di altri paesi. Le incursioni e le aggressioni contro la popolazione locale mirano a rendere la vita impossibile agli abitanti palestinesi per costringerli ad abbandonare le proprie terre.

«Stavamo dormendo quando, alle cinque del mattino, siamo stati assaliti da un gruppo di coloni armati di bastoni e fucili. Erano in dieci, tutti mascherati» ha raccontato una volontaria italiana di 27 anni. «Hanno subito iniziato a colpirci con pugni e schiaffi, poi soprattutto con calci al volto, alle costole, all’addome e lungo le gambe. Sapevano perfettamente che eravamo volontari internazionali» ha spiegato l’attivista. «Prima di andarsene ci hanno urlato: “Don’t come back here”, non tornate. (…) Ho un forte dolore alle costole. La mia amica canadese sta peggio: ha lividi neri dalla gamba fino all’addome» ha continuato la giovane volontaria che ha sottolineato che «L’attacco è avvenuto in Zona A, dove secondo gli accordi di Oslo non dovrebbe esserci alcuna presenza israeliana (…) Per entrare si sono spacciati per abitanti palestinesi che chiedevano aiuto contro una incursione dei coloni».«Se fossimo stati palestinesi probabilmente ci avrebbero uccisi» ha affermato la ragazza.

In un comunicato, Faz3a parla di una azione «mirata deliberatamente a intimidire e a punire la solidarietà internazionale. (…) Gli attacchi dei coloni nella zona di Ein al-Duyuk sono aumentati drasticamente negli ultimi due mesi, a seguito dell’istituzione di un avamposto coloniale illegale. Da allora, la comunità palestinese subisce quasi quotidianamente aggressioni, intimidazioni, violenze fisiche e furti».

Nelle ultime ore invece alcuni coloni israeliani hanno attaccato un pozzo d’acqua a est di Ramallah, nella Cisgiordania centrale occupata, interrompendo le forniture a diverse comunità palestinesi dei dintorni. Lo ha denunciato questa mattina la “Jerusalem Water Authority”.

L’accaduto ha intensificato i timori circa i tentativi deliberati di colpire infrastrutture palestinesi essenziali, mentre l’accesso all’acqua nella Cisgiordania occupata continua a ridursi a causa della crescente violenza dei coloni che godono della protezione militare di Israele.

Quest’ultima è però venuta meno quando giovedì scorso un gruppo di una quindicina di coloni, aderenti al gruppo denominato “Pionieri del Bashan”, hanno tagliato la recinzione che delimita il confine ed hanno sconfinato nella Siria meridionale, intenzionati a fondare una colonia. L’esercito israeliano però è intervenuto arrestando i protagonisti del blitz e rimpatriandoli. Alcuni coloni hanno violato il confine nella zona del Monte Hermon e altri nei pressi del villaggio siriano di Bir Ajam, sulle alture del Golan occupate da Israele.

“I pionieri di Bashan” chiedono il “ritorno” degli ebrei nell’omonima regione, un’area della Siria meridionale dove secondo la Bibbia il territorio fu affidato a 12 tribù israelite. Il gruppo è stato fondato lo scorso aprile, dopo che alcune decine di coloni hanno violato il confine con la Siria per due ore nel tentativo di realizzare un avamposto.

Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, uno dei leader del gruppo ha affermato che “l’insediamento nel Bashan è un’estensione naturale dell’insediamento nel Golan e contribuirà a stabilizzare la zona, a rafforzare la sicurezza di Israele e a realizzare il nostro diritto storico alle terre che un tempo ci sono state sottratte». – Pagine Esteri