Il caso
Nella giornata dell’8 dicembre in molte città dell’Ecuador si sono realizzate una serie d’iniziative per ricordare Ismael (15 anni), Steven (11 anni), Saúl (14 anni) e Josué (14 anni), i 4 bambini del quartiere popolare di Las Malvinas di Guayaquil che un anno fa scomparirono per poi essere ritrovati morti il 24 dicembre in località Taura. I loro corpi furono rinvenuti a 37 km di distanza dal luogo della scomparsa e presentavano chiari segni di tortura, di mutilazione ed inoltre erano carbonizzati e sfigurati. Il caso immediatamente provocò molta indignazione e rabbia in tutto il paese che si mobilitò per chiedere verità e giustizia. In un primer momento attraverso alcuni canali di comunicazione e reti sociali si generò molta confusione e addirittura senza nessun’investigazione di rilievo si parlava di affiliazione dei minorenni con alcune bande criminali e che erano stati colti in flagranza di reato. Ben presto le presunzioni di reato caddero una dietro l’altra e solo grazie ad una telecamere di sorveglianza posta nel luogo della scomparsa si vide come alcuni membri delle Forze Armate prelevarono i minorenni e li caricarono su una furgoneta.
Di lì a poco durante un’udienza davanti all’Assamblea Nazionale dell’Ecuador, venne mostrato il video che testimoniava la detenzione dei quattro bambini scomparsi. Sebbene autorità chiave, come il Ministro della Difesa, non fossero presenti, il Difensore Civico chiese un intervento immediato. Con il passare del tempo si comprovò il presunto coinvolgimento di 17 militari che, secondo le accuse, non avrebbero seguito il giusto processo e sottomisero i minorenni a maltrattamenti crudeli e violenti. Dopo un anno dai tragici eventi lo scorso lunedí la Procura Generale ha chiesto una pena di 34 anni e 8 mesi contro tre militari coinvolti nei fatti. Inoltre, si chiede una misura di riparazione di 800 Salari Basici Unificati (SBU) e 10.000 dollari per le famiglie delle vittime.
Le iniziative pubbliche in tutto il paese
Lunedì scorso a Guayaquil, a Ibarra, a Cuenca, a Portoviejo, a Latacunga, a Tulcan, a Esmeraldas, a Riobamba e a Quito si sono riuniti collettivi della società civile per manifestare, in diverse forme, la loro indignazione per il caso dei 4 bambini ma anche per dire basta all’ eccessiva militarizzazione del territorio da parte del Governo e allo Stato di Polizia che si è creato in Ecuador. Nella capitale circa 1000 persone, dietro uno striscione che recitava la scritta “non perdoniamo e non dimentichiamo”, hanno manifestato per le strade del nord per chiedere memoria, verità e giustizia. Durante il sit – in all’infuori del Palazzo di Giustizia alcuni manifestanti hanno preso il microfono ed hanno rilasciato una serie di dichiarazioni come quella che di seguito si riporta: “L’unico delitto commesso è stato quello di essere adolescenti di origine afro, poveri che amavano giocare a calcio. Per questo tre famiglie sono state condannate a perdere i loro bambini in modo disumano in cui si sono violati tutti i diritti costituzionali ed internazionali contro l’infanzia e l’adolescenza”. All’esterno della Casa della Cultura dell’Ecuador un centinaio di manifestanti hanno ricordato i 4 adolescenti di fronte al mural in loro memoria e in preenza del maestro Wilson Pico si è realizzata l’opera Desaparecidos Nunca Más. L’artista Pico in nome degli artisti della città di Quito ha dichiarato “Siamo indignati con il governo che abbiamo attualmente. La giustizia tarda e noi siamo qui per ricordare, sensibilizzare ed esigere che si fermi questa violenza”. Nella città di Guayaquil il sindaco Aquiles Alvarez ha guidato la manifestazione insieme ai familiari dei minorenni che hanno voluto ricordare, ancora una volta, i loro figli che non erano affatto dei delinquenti, che non appartenevano a bande criminali ma che erano bambini che amavano giocare a calcio e facevano sport a livello dilettantistico e che andavano regolarmente a scuola. Durante l’iniziativa pubblica il sindaco ha chiesto il perdono in nome dell’Ecuador per la scomparsa e uccisione dei 4 minorenni e dinnanzi alle famiglie delle vittime ha fatto porre una lapide nel parco Coviem poi ribattezzato “Parco dei 4 bambini delle Malvine”.

Foto di Mishell Mantuano – La Periodica
Parlamentari nazionali ed organismi internazionali si pronunciano sul caso
Quanto successo ai 4 bambini di Guayaquil non rappresenta un caso isolato. Durante la stessa giornata di commemorazione, Ingrid Gracía, coordinatrice esecutiva della Fondazione INREDH ha dichiarato che si registrano 33 casi nuovi di scomparse forzate secondo l’ultimo rapporto realizzato dal Comitato Permanente dei Diritti Umani dell’Ecuador. Secondo il Comitato dall’emanazione del Decreto Presidenziale n° 111 dell’8 gennaio del 2024 in cui si decreta il Conflitto armato Interno si perpuetano casi di scomparse di minori soprattutto nelle regioni più povere del paese come: Los Rios, El Oro ed Esmeraldas che sono anche regioni con alti tassi di presenza criminale sul territorio. Inoltre, la stessa coordinatrice ha dichiarato che in Ecuador si sta vivendo una “securitizzazione sociale” e ha manifestato la sua contrarietà al Plan Fenix che ha militarizzato tutto il territorio nazionale. Nel campo politico tra le più attive sul caso incontriamo l’assembleista nazionale afrodiscendente di Esmeraldas Paola Cabezas che pubblicamente ha criticato la sistematica repressione dello Stato ecuadoriano contro la popolazione afrodiscendente e ha proposto all’Assemblea che si voti per l’istallazione di una targa commemorativa per i 4 minorenni all’interno delle gradinate dell’Organismo Legislativo. Inoltre, la stessa assembleista nei suoi interventi pubblici durante la giornata commemorativa ha fatto presente che in Ecuador si stanno registrando molti casi d’infanzia violata come l’ultimo accaduto in Amazzonia dove una bebé di tre anni punta da uno scorpione è stata portata dai genitori all’ospedale pubblico per ricevere le attenzioni mediche. Qui purtroppo è deceduta per mancanza di siero nella struttura sanitaria pubblica ed è stata consegnata ai genitori in un cartone. Nel rapporto di Amnesty International si evidenzia una sistematizzazione, una violazione dei diritti umani da parte delle Forze Armate ed il Plan Felix non è stato supervisionato e non si sono ancora mostrati quali sono stati i risultati di fronte al fenomeno dell’insicurezza nel paese. Anche la Commissione Interamericana dei Diritti Umani si è pronunciata sul caso e in varie sentenze ha determinato che le autorità corrispondenti hanno il dovere di dar vita ad un processo frutto di un’investigazione seria, indipendente, imparziale ed affettiva e che sia orientata alla determinazione della verità. Pagine Esteri

















