Pagine Esteri – Alla fine la costante, massiccia e capillare mobilitazione dei comitati, delle associazioni ambientaliste e delle forze politiche contrarie al progetto ha convinto il governo regionale e la Fondazione Guggenheim a rinunciare alla realizzazione di un invadente piano di raddoppio del famoso museo bilbaino nella Riserva della Biosfera di Urdaibai.

La riserva di Urdaibai (“fiume dei cinghiali”, in basco), protetta dall’UNESCO dal 1984, è una grande area umida formata dall’estuario del fiume Oka ed ospita centinaia di specie acquatiche, uccelli migratori e mammiferi che convivono con il ciclo delle maree.

È in quest’area, protetta da varie norme nazionali e convenzioni internazionali, che la Fondazione Guggenheim, con il sostegno della Provincia di Bizkaia (quella di Bilbao), del governo regionale e di quello spagnolo, pianificava di piazzare una seconda sede del famoso museo di arte contemporanea realizzato nel 1997 dall’architetto Frank Gehry nell’ex area industriale di Bilbao.

La cosiddetta “estensione” era stata proposta già nel 2008, ma venne accantonata a causa della pesante crisi economica interna e internazionale. Nel 2023 i promotori sono però tornati all’attacco, a partire dal Partito Nazionalista Basco (PNV) e dai socialisti che governano insieme sia la provincia sia la Comunità Autonoma Basca. I governi locali avevano trovato una fondamentale sponda nella ministra della Transizione Ecologica dell’esecutivo statale, la socialista Teresa Ribera, che aveva ottenuto dall’esecutivo lo stanziamento di 40 milioni di euro da aggiungere all’analoga somma già messa a disposizione dalla provincia. Infine, per superare alcuni impedimenti legislativi e permettere la realizzazione di uno degli edifici previsti, Ribera aveva ridotto da 100 a 20 metri dal bagnasciuga la distanza minima per costruire.

Il progetto prevedeva la realizzazione di alcuni edifici presso l’ex fabbrica di piatti e posate “Dalia” di Gernika e presso il cantiere navale di Murueta. La prima è chiusa da decenni, il secondo invece è ancora in attività su un’area che appartiene al demanio pubblico, grazie ad una licenza concessa dagli amministratori franchisti che però è scaduta nel 2018. Ad unire i due insediamenti avrebbe dovuto essere un “percorso verde” di 7 km, buona parte del quale rappresentato da una passerella piantata in piena palude.

Per convincere le realtà contrarie al progetto – dal coordinamento “Guggenheim Urdaibai Stop!” all’associazione “Zain Dezagun Urdaibai”, passando per vari comitati, associazioni ambientaliste e numerose amministrazioni, in particolare quelle governate dalla sinistra indipendentista di EH Bildu e da Podemos – che gli edifici previsti non avrebbero avuto un impatto negativo sulla riserva, il governo basco aveva promesso che il nuovo museo avrebbe ospitato un massimo di 150 mila visitatori l’anno.

I promotori assicuravano ovviamente che il nuovo polo turistico-museale avrebbe consentito numerosi progetti di sviluppo culturale ed economico creando circa 700 posti di lavoro in un’area economicamente depressa.


Nel corso del 2023 però il ‘no’ alla realizzazione del polo turistico-museale nell’area protetta è montato attraverso l’organizzazione di una serie di manifestazioni che hanno coinvolto molte migliaia di persone al grido di “Urdaibai non è in vendita, non tutto si può comprare”.

Ovviamente i partecipanti alle proteste hanno denunciato i prevedibili danni ambientali, ma anche economici, sociali e culturali di un progetto che «renderà difficile la mobilità agli abitanti, farà aumentare i prezzi delle case, porterà lavoro precario e infliggerà un duro colpo alla sopravvivenza della lingua e della cultura basca».

Oltre alle aree strettamente museali, infatti, il piano prevedeva la realizzazione di vari bar, ristoranti di lusso, parcheggi e una “residenza per artisti”, senza contare gli effetti speculativi che avrebbe generato nei centri abitati interni e contigui alla riserva. Per non parlare della nuova stazione ferroviaria prevista a Murueta che rischiava di avere un impatto nefasto sulla fauna selvatica protetta, parte della quale in via di estinzione.

Gli oppositori hanno denunciato anche dal punto di vista legale un’operazione grazie alla quale un soggetto imprenditoriale privato – la Fondazione Guggenheim – avrebbe approfittato di lauti finanziamenti pubblici, provenienti in gran parte dal fondo europeo Next Generation, non solo per realizzare gli edifici, ma anche per portare a termine la bonifica del sito del cantiere navale, un onere che per legge spetta all’impresa che ha sfruttato il demanio pubblico per 80 anni, occupando abusivamente una superficie tre volte superiore rispetto a quella assegnata nel 1943.

La contrarietà di una quota importante della popolazione locale si è manifestata alle elezioni municipali del maggio 2023, quando in molti dei comuni che ricadono nel territorio della riserva il Partito Nazionalista Basco ha sofferto una pesante emorragia di voti a vantaggio delle sinistre ed ha perso molti governi locali.

La diffusa e tenace opposizione – che ha continuato a manifestarsi in grandi assemblee e partecipate proteste – ha convinto una parte dei partiti e delle istituzioni promotrici a rimandare la realizzazione del progetto, promuovendo poco prima delle elezioni regionali dell’aprile 2024 una “pausa di riflessione” della durata di due anni.

Manifestazione davanti al museo Guggenheim di Bilbao

Nel frattempo però sono emerse anche varie difficoltà burocratiche e impedimenti fisici e tecnici. Lo scorso settembre, ad esempio, il 95% dell’area dove avrebbero dovuto sorgere il museo e la stazione ferroviaria si è completamente allagata rivelando l’estrema vulnerabilità del sito oggetto degli appetiti speculativi.

Inoltre vari procedimenti giudiziari – contro l’irregolarità della misura che ha ridotto l’area di protezione delle coste e contro il protrarsi dell’occupazione del demanio pubblico da parte dei cantieri navali di Murueta – hanno prodotto un allungamento dei tempi di realizzazione del progetto e prefigurato un aumento eccessivo dei costi di realizzazione, stimati inizialmente in 130 milioni.

I comitati e vari organi di stampa, poi, hanno documentato e denunciato la fitta rete clientelare che si è sviluppata per promuovere il progetto e che faceva capo ad alcuni dirigenti locali e regionali del Partito Nazionalista Basco e del Partito Socialista, oltre che dell’istituto di credito “Bilbao Bizkaia Kutxa” (BBK) che mantiene stretti legami con la Fondazione Guggenheim e con i regionalisti baschi di centrodestra.

La decisione di abbandonare definitivamente il progetto di ampliamento, accolta con esultanza da tutto il trasversale movimento che lo ha contestato, è stata annunciata martedì scorso dal Consiglio d’Amministrazione del museo di Bilbao.

Lo stop definitivo al progetto speculativo – che poco ha a che fare con la promozione culturale – rappresenta un risultato importantissimo non solo per gli abitanti, i comitati e le forze ambientaliste basche. La vittoria costituisce un precedente che sta galvanizzando i protagonisti di analoghe mobilitazioni in altri territori dello Stato Spagnolo.

Proprio domenica scorsa a Santiago de Compostela, capoluogo della Galizia, decine di migliaia di persone sono tornate a chiedere lo stop alla realizzazione di una fabbrica di fibre di cellulosa che la Xunta (l’amministrazione regionale), la multinazionale portoghese “Altri” e l’azienda galiziana “Greenalia” vogliono costruire nella piccola località di Palas de Rei, nella regione rurale e costiera di Ulloa.

Dopo che negli ultimi mesi il progetto ha perso i fondamentali finanziamenti europei e ha subito la sua esclusione dal piano elettrico nazionale, il “Coordinamento Ulloa Viva”, la “Associazione per la Difesa dell’Estuario di Arousa” e vari comitati locali di abitanti, agricoltori e pescatori chiedono la paralisi definitiva dell’inquinante fabbrica che per essere alimentata comporterà la realizzazione di estese piantagioni di eucalipti, che consumano una enorme quantità di acqua, distruggono la biodiversità e facilitano gli incendi. – Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, si occupa di geopolitica e movimenti sociali. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria