di Antonio Mazzeo*
Pagine Esteri, 20 aprile 2021 – L’Italia avrà il suo posto al sole nel deserto del Sahara. A margine dell’incontro con l’omologa francese Florence Parly, il 13 aprile a Roma il ministro della difesa Lorenzo Guerini ha reso noto che nel quadro della missione bilaterale MISIN in Niger, le forze armate italiane realizzeranno una propria base militare “a partire dal mese di luglio”. “Lo ritengo un passo molto importante per il rafforzamento della nostra azione nella regione, che in prospettiva andrà a confluire in una sempre maggiore capacità dell’Europa in Sahel e nell’intera fascia sub-sahariana, dal Corno d’Africa al Golfo di Guinea, mettendola a sistema con il contributo alla stabilizzazione della Libia”, ha dichiarato Guerini.
L’annuncio-scoop sulla prima base interamente italiana in Africa occidentale (mai discussa né approvata in Parlamento), giunge un mese dopo l’arrivo in Mali del primo contingente delle forze armate italiane da impiegare nella controversa missione internazionale “Takuba” in Sahel, sotto il comando dello stato maggiore di Parigi. Una pericolosa escalation nella penetrazione militare in una delle aree più conflittuali del continente nero, in nome della lotta al terrorismo e al contrasto dei flussi migratori “illegali”, ma più probabilmente subalterna agli interessi economici delle transnazionali energetiche, francesi in testa, in una regione ricchissima di idrocarburi e uranio.
Partita in sordina dopo gli accordi stipulati il 26 settembre 2017 tra i ministeri della difesa di Italia e Niger, la missione MISIN fornisce assistenza militare alle forze di sicurezza nigerine per accrescerne le funzioni tecnico-logistiche ed operative. “Il Governo ha autorizzato la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania, Nigeria e Benin) al fine di incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger, NdA)”, spiega lo Stato maggiore della difesa.
Le attività di assistenza e formazione nella Repubblica africana da parte dei militari italiani sono indirizzate alle forze armate e alle task force “speciali”, alla Gendarmeria e alla Guardia nazionale. “Esse concorrono pure alle attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio e di sviluppo della componente aerea della Repubblica del Niger”, spiega ancora la Difesa italiana. Rilevante il numero degli uomini e dei mezzi impiegati: secondo la legge di bilancio 2021, MISIN prevede infatti una presenza in Niger e presso il Defence College in Mauritania “fino a un massimo di 295 militari, 160 automezzi leggeri e pesanti e 5 aerei”. Si tratta in particolare di team specializzati in operazioni di ricognizione, comando e controllo; personale per l’addestramento; team sanitari e del genio per lavori infrastrutturali; una squadra per le rilevazioni contro le minacce chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN); unità per la raccolta di informazioni d’intelligence e la sorveglianza. Sino ad oggi quasi tutto il personale italiano è ospitato nella base aerea 101 realizzata e controllata dalle forze armate francesi accanto all’aeroporto internazionale “Diori Hamani” della capitale Niamey. Lo scalo è messo a disposizione pure delle unità aviotrasportate di US Africom, il comando statunitense per le operazioni nel continente africano.
I corsi addestrativi e di assistenza delle unità nigerine da parte italiana sono cresciuti progressivamente negli anni in quantità e qualità. In particolare al personale della Brigata “Folgore” sono attribuiti i compiti di formazione del neocostituito battaglione paracadutisti nigerino (programmi di fanteria di base, aviolanci, pianificazione e realizzazione completa di una operazione militare; pattugliamento motorizzato; organizzazione/gestione di check point e combattimento nei centri abitati). Ancora i parà della Folgore hanno realizzato all’interno di un’installazione di Niamey un’area addestrativa “nella quale sono stati dislocati numerosi artifizi allo scopo di sviluppare le capacità di exploitation e sviluppo dei movimenti sul terreno dei militari nigerini”, come riporta il comunicato emesso dal Comando MISIN in occasione della sua inaugurazione, il 26 gennaio 2021.
Agli addestratori dell’Esercito e dell’Aeronautica militare sono affidati le attività di formazione e consulenza a favore del Groupe d’intervention spécial (GIS), il gruppo di intervento speciale del ministero degli interni nigerino, mentre a una task force del 7º Reggimento Carabinieri “Trentino-Alto Adige” (di stanza a Laives, Bolzano) è assegnato l’addestramento e il monitoring del nuovo reparto d’élite nigerino, il Groupes d’Action Rapides – Surveillance et Intervention au Sahel (GARSI) della Guardia nazionale, impiegato in funzioni di controllo dell’ordine pubblico e anti-terrorismo.
Oltre che in Niger, le unità di pronto intervento GARSI sono state istituite anche in altri paesi del Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Senegal) grazie ad un generoso contributo dell’Unione europea attraverso il Fondo d’emergenza per l’Africa (66 milioni e 600 mila euro). Mentre la parte meramente addestrativa e di fornitura delle attrezzature militari è affidata alle forze armate dei paesi Ue presenti in Africa occidentale, la programmazione e la gestione del progetto GARSI è di competenza della Fundaciòn Internacional y para Iberoaméricana de Administraciòn y Polìticas Publicas, cioè la fondazione per la cooperazione allo sviluppo del governo spagnolo. “Il compito istituzionale del GARSI è quello di prevenire e lottare contro il terrorismo internazionale, l’immigrazione illegale, la criminalità transazionale organizzata”, spiega la Commissione Ue. “Il programma contribuisce al rafforzamento delle capacità operative nazionali per assicurare un controllo effettivo del territorio e delle frontiere e lo stato di diritto in tutto il Sahel, grazie a unità di polizia robuste, flessibili, mobili, multidisciplinari e autosufficienti”. Ancora una volta, replicando le narrazioni main stream delle cancellerie europee e d’oltreoceano, lotta al terrorismo, alla criminalità e al traffico di migranti sono gli obiettivi chiave e unitari del progetto GARSI, implementato dalle unità militari d’eccellenza e dalla moderna “cooperazione allo sviluppo” di casa Ue.
L’ambiguissimo modello di supporto e cooperazione CIMIC (cioè civile-militare) è stato assunto in proprio anche dal Comando operativo di MISIN. Sempre più spesso, infatti, le forze armate italiane sono impegnate nella contestuale consegna di “aiuti”, beni e materiali vari (dai sistemi d’arma ai farmaci, alle attrezzature sanitarie e finanche giocattoli e materiale scolastico e sportivo) alla controparte militare nigerina e alle autorità locali. Lo scorso anno l’Aeronautica ha ceduto alle forze aeree nigerine “dotazioni” non meglio specificate per la “protezione e la difesa delle istallazioni e del proprio personale nei principali aeroporti attivi del Paese”. Materiale sanitario “a favore della popolazione nigerina” è stato consegnato alle forze armate di Niamey dalle unità del Policlinico Militare “Celio” di Roma e della Scuola di Sanità e Veterinaria Militare dell’Esercito in missione in Niger.
Sempre lo Stato maggiore della difesa fa sapere che lo scorso 25 marzo, il contingente MISIN ha concluso un altro progetto CIMIC “a favore del villaggio di Dara”. Nessun dubbio per i contribuenti italiani sulla sua rilevanza “civile”. “Si è trattato della donazione di derrate alimentari e dispositivi sanitari che serviranno al personale paracadutista nigerino quale contingenza nel contrastare la pandemia da Sars-CoV2”, spiega la Difesa. “Il supporto alla popolazione è una delle attività MISIN che si affianca a quella principale di assistenza alle Forze di Difesa e Sicurezza, focus primario della missione che viene realizzato sia in maniera diretta, sia facilitando la distribuzione di aiuti umanitari provenienti dalla cooperazione internazionale del Ministero degli Affari esteri”. Pagine Esteri
Per saperne di più sulla missione italiana in Niger (MISIN):
*Antonio Mazzeo è un giornalista ecopacifista e antimilitarista che scrive della militarizzazione del territorio e della tutela dei diritti umani. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa). Del 2010 è il suo I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina (Edizioni Alegre).