Pagine Esteri – 29 aprile – Da dicembre ad oggi, nelle scuole e negli istituti di educazione della Nigeria, sono state rapite 700 persone.
Si tratta per lo più di giovani ragazze e ragazzi, ma anche di bambini e bambine, studenti che sono stati prelevati con la forza durante raid di gruppi di banditi che operano e sopravvivono con le richieste di riscatto.
Riscatti che quasi mai le famiglie possono permettersi di pagare. Sono gli stessi rapitori, infatti, a consigliare ai familiari di fare pressione sul governo, di chiedere che siano loro a provvedere al reperimento della somma richiesta. Ma il governo non intende negoziare.
Così ieri, mercoledì 28 aprile, le famiglie di alcune delle numerose persone rapite dall’inizio dell’anno, che hanno motivo di credere che i propri figli siano ancora vivi, si sono incontrati per raccontarsi le proprie storie e cercare di fare pressione sul governo di Kaduna affinché faccia qualcosa per affrontare quello che in Nigeria è diventato a tutti gli effetti un business economico che permette alle bande di ottenere soldi, ma anche mezzi di trasporto. Negli ultimi mesi i rapimenti a scopo di estorsione sono aumentati sensibilmente e dall’inizio dell’anno molti dei rapiti sono stati giustiziati. Gli attacchi avvengono soprattutto nella zona di Kaduna, centro-nord del Paese. Alcune regioni del nord hanno preferito addirittura chiudere le scuole, come misura preventiva estrema per evitare i rapimenti. Il governatore di Kaduna, Nasir El-Rufai e il presidente Muhammadu Buhari, non intendono però negoziare con le bande criminali né rifornirle di soldi e di mezzi.
L’11 marzo erano state 39 le persone rapite da un college vicino ad un’accademia militare. Era il quarto rapimento da dicembre e al momento solo 10 di quei 39 tra studenti e personale scolastico, sono stati rilasciati.
Il 26 febbraio erano state rapite 279 studentesse e il 16 febbraio altre 42 persone vennero portate via con la forza. L’11 dicembre ben 344 persone erano state sequestrate da un gruppo criminale legato a Boko Haram, il cui leader rivendicò la paternità dell’attacco.
L’organizzazione terroristica jihadista, responsabile di decine di migliaia di vittime, soprattutto civili e di molteplici attentati suicidi, sta stringendo numerose alleanze con bande locali per espandersi i quei territori sui quali non è al momento presente, in particolare il nord-ovest e il centro-nord del Pese.
I genitori delle ragazze e dei ragazzi rapiti durante l’ultimo raid, hanno di recente avuto contatti con i sequestratori, sanno che le proprie figlie e i propri figli sono vivi ma sono anche consapevoli che potrebbero essere uccisi e uccise in qualsiasi momento, come è già accaduto a 5 dei 17 tra studenti e funzionari scolastici rapiti solo lo scorso 21 aprile.
La cifra che i rapitori pretendono di ricevere come riscatto è sempre molto alta, chiaramente al di sopra delle possibilità delle famiglie dei rapiti, che spesso frequentano scuole modeste e che svolgono lavori semplici, per i quali non ricevono alti guadagni.
Una delle madri intervistate da Reuters durante l’incontro dei parenti dei rapiti, vende frutta e verdura, è vedova e ha cinque figli da crescere, un’altra fa l’insegnante e ha raccontato che i rapitori le hanno chiesto più di 1 milione di dollari, cifra per lei impossibile da raggiungere. I genitori sono stati molto duri con il governo di Kadura, hanno fatto presente che i loro figli potrebbero essere uccisi da un momento all’altro e hanno preteso a gran voce un segno da parte dei funzionari governativi, che secondo loro non stanno facendo nulla per provare a riportare a casa i loro ragazzi. I funzionari governativi, dal canto loro, parlano di “politicizzazione” della situazione e temono che cedere ai ricatti delle bande significhi concedergli più forza e risorse, creando così un’escalation dei rapimenti, in un circolo vizioso che sembrerebbe impossibile da spezzare.