della redazione

Pagine Esteri, 12 giugno 2021 – Circa tremila, sino ad oggi, accademici, intellettuali e personalità palestinesi, in parte residenti all’estero, hanno firmato un appello che chiede con forza al presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas, più noto all’estero come Abu Mazen, a dimettersi o che gli sia imposto di farsi da parte. All’ottantacinquenne raìs palestinese rimproverano una linea politica e un atteggiamento fallimentari e non adeguati all’importanza della fase che vivono i palestinesi. “Noi sottoscritti, intellettuali, accademici e personaggi pubblici, ci rivolgiamo con questo appello al popolo palestinese con tutte le sue forze, al fine di spogliare ciò che resta della legittimità del presidente Mahmoud Abbas e domandare le sue dimissioni o la sua immediata rimozione da tutte le sue cariche”, scrivono i firmatari invocando la ricostruzione dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e l’elezione di una leadership alternativa.

Nell’appello si fa riferimento alle proteste in corso da settimane a Gerusalemme est, che hanno mobilitato la popolazione palestinese, anche in Israele, e guadagnato l’attenzione dalla società civile internazionale, contro i piani di confisca e demolizione di abitazioni arabe che mettono a rischio migliaia di persone nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan. Proteste che hanno coinvolto anche l’area della Porta di Damasco, lo storico ingresso della città vecchia, e la Spianata della moschea di Al Aqsa, innescando, tra il 10 e il 21 maggio, una escalation militare tra Israele e il movimento islamico Hamas a Gaza. “Dall’inizio dell’Intifada nel quartiere di Sheikh Jarrah – si legge nell’appello – e poi la sua espansione che ha incluso Al-Aqsa e Gerusalemme, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, i palestinesi dell’interno (Israele, ndr) e all’estero, il presidente è stato l’assente più importante. Finita la battaglia, Mahmoud Abbas ha aggiunto al suo curriculum politico un altro fallimento rappresentato dall’assenza di solidarietà morale con la sofferenza del popolo palestinese nel suo insieme. Non si è preoccupato di visitare le famiglie dei martiri a Gaza e in Cisgiordania. In questo importante momento di Gerusalemme, in cui il nostro popolo palestinese si è unito ovunque si trovasse e il suo spirito di resistenza è stato acceso, non c’era presenza del presidente o della sua autorità!”.

Gaza, palazzi distrutti da un bombardamento israeliano (foto di Michele Giorgio)

I firmatari rimproverano al presidente dell’Anp di aver cercato, proprio in queste settimane, di ripristinare i rapporti con gli Stati uniti che, peraltro, si sono schierati con Israele durante l’offensiva militare che ha causato a Gaza circa 260 morti – tra cui un centinaio di bambini e donne – nel tentativo di ridare vita al negoziato con Israele che va avanti dagli anni ’90 sebbene, puntualizzano, si sia dimostrato fallimentare per le aspirazioni palestinesi. “I settori della nostra gente in patria e all’estero sono stati pazienti con il cosiddetto processo di pace iniziato a Madrid nel 1991, poi a Oslo nel 1993, di cui lo stesso Mahmoud Abbas è stato uno dei più importanti architetti. Proprio lui ha detto dell’accordo di Oslo dopo la sua firma: ‘Questo accordo può portarci a uno Stato (palestinese) o può portarci al disastro’. Ebbene durante questo lungo periodo, i diritti dei palestinesi si sono deteriorati, la Carta nazionale e il diritto al ritorno (dei profughi) sono stati abbandonati, si sono verificate aspre divisioni, il progetto nazionale palestinese è stato messo ai margini e la corruzione si è diffusa”. Parallelamente, proseguono, “l’insediamento (coloniale) sionista nella nostra terra è raddoppiato, i programmi di ebraicizzazione di Gerusalemme hanno preso il sopravvento e Israele ha ottenuto successi (diplomatici) nel mondo arabo. In breve, Oslo ci ha davvero portato al disastro… Abbiamo il diritto di fermarci e chiederci: qual è il risultato? E cosa ha ottenuto il presidente per il popolo? Un rapido inventario degli ultimi tre decenni indica che i “negoziati” non hanno fatto altro che inseguire un miraggio.

L’appello infine afferma che “In assenza di istituzioni nazionali reali ed efficaci in grado di affermare questo fallimento politico…è diventato imperativo per tutti i segmenti della popolazione sollevare la loro voce in modo chiaro per chiedere la fine dei fallimenti provocati dallo stesso Mahmoud Abbas…Dichiariamo che questo presidente non ha più alcuna legittimità politica o nazionale e deve dimettersi immediatamente, o essere rimosso dalle tre posizioni di leadership che controlla. Chiediamo al nostro popolo palestinese di unirsi a questo appello e di iniziare una nuova pagina basata sull’unità della lotta e l’unità della terra e di iniziare a ricostruire l’Olp in modo unitario e rappresentativo per tutti e lanciando la resistenza popolare in tutta la terra occupata”.

 Da segnalare tra i firmatari il politologo Salman Abu Sitta, l’esperto di diritto internazionale Anis Al Qassem, i docenti universitari Asaad Ghanem, Khaled Al Hroub, Ruba Saleh e Dina Matar e l’analista politico Mouin Rabbani. Pagine Esteri