di Erminia Savelli
Pagine Esteri, 21 giugno 2021 – Chissà se il nuovo presidente della Repubblica Islamica, Ebrahim Raisi, seguirà i consigli del sommo poeta iraniano Ferdowsi (Hakīm Abol-Ghāsem Ferdowsī Tūsī) che attraverso lo Shah-Nameh scrisse dell’Iran. Il Libro dei Re, composto nell’arco di trent’anni , a cavallo tra la dinastia Samanide e quella Ghaznavide, è la storia dell’Iran attraverso i suoi re. E’ un vero e proprio “viaggio” dall’epoca mitica fino alla conquista islamica del VII secolo. Probabilmente una fonte molto importante dello Shah-nameh , è il khwaday – namag = il libro dei signori e dei re, anch’esso una cronaca regia di epoca sasanide.
Ogni sezione del Libro dei Re è legata alle quattro dinastie dell’Iran:
-i Pishdayan i primi re mitici che stabiliscono la civiltà.
-I Keyaniyan dinastia che in parte ingloba quella degli Achemenidi con l’avvento di Zoroastro e la diffusione della sua filosofia/religione.
-Gli Ashkaniyan a cui è dedicata una piccola sezione di pochi versi epici , ma importante perché troviamo la dinastia dei Parti.
-I Sasaniyan la dinastia storica dei sasanidi fino all’invasione araba.
Oltre ad essere un libro sui re è un libro per i re e soprattutto per la regalità che ogni essere umano potenzialmente possiede, è un trattato che istruisce sulla natura del mondo e degli uomini, sul senso di responsabilità. Ferdowsi ci insegna , con i suoi circa 55.000 versi i limiti dei propri poteri e diritti che ogni essere umano ha, a partire dai re. E’ una profonda meditazione morale su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato tra le più belle della letteratura mondiale.
Il celebre incipit “…. Potente diviene colui che è sapiente. Per sapienza si fa giovane un vecchio cuore…” è un vero inno al valore della sapienza e dello studio, libro epico e lirico e allo stesso tempo morale e politico per il contenuto.
La prima sezione quella mitica parte dalle origini, dove troviamo l’assestarsi della prima civiltà, narra le vicende del re Gayumars (comparato ad Adamo in epoca islamica) con le prime regole sulla preparazione del cibo e dei vestiti. A seguire il re Hushang, con la scoperta del fuoco e la divisione tra animali selvatici e domestici. Con il terzo re, dell’epoca dei Pishdayan, Tahmuras, con l’insegnamento della scrittura (Rumi, tazi, Parsi, Phlavi…), lingue della cultura dell’epoca.
Infine il re della civilizzazione Jamshid che sovrintende alle armi, alla divisione tra vesti da guerra e da cerimonia, lo sviluppo delle classi sociali, la medicina e la cura delle malattie, e tanti altri mestieri che ci immergono nello sviluppo di una civiltà sempre più raffinata. Alcuni studiosi attribuiscono proprio alla nascita di queste riforme l’invenzione del Newroz , (il capodanno iraniano) in quanto il popolo gradendo tale rinnovamento della civiltà, celebrò il proprio re festeggiando il NowRuz.
Questa prima parte è proprio di riflessioni sull’origine dell’umanità, sulla lotta tra bene e male e sui rischi dell’orgoglio del potere.
La sezione eroica definisce la nuova dicotomia tra l’Iran sedentario e il nomadismo degli altipiani dell’Asia centrale con l’inizio del ciclo del sistan , il vero difensore della legittimità monarchica, l’epoca del grande eroe persiano Rostam e del figlio Sohrab, qui troviamo una della più belle narrazioni dello scontro tragico tra i due. Solo al termine del combattimento l’eroe Rostam riconosce, grazie al monile datogli dalla madre Tahmina, che l’avversario è suo figlio.
Non si può non citare la figura che Ferdowsi dedica a Iskander/Alessandro, figlio di Darab e di una figlia di Filippo il Macedone, colui che abbatte il regno degli Achemenidi e per questo sarà maledetto dalla tradizione zoroastriana. Valoroso combattente che, grazie alle sue origini immette nella cultura persiana del tempo, elementi greco-siriaci e poi anche arabi. Egli sarà modello di regalità raffinata. Stupenda è la narrazione della scena di Alessandro quando viene informato della morte di Dario: pur essendo un suo rivale si avvicina al corpo morente dicendogli:
“Veniamo da un medesimo ramo/radice e veste, perché per ambizione estirpiamo il seme?”
La parte storica riguarda il regno dei Sasanidi dove troviamo tante tradizioni diverse che si incrociano tra loro. Anche in questa parte il sommo poeta invita una profonda riflessione sui limiti e sulla responsabilità di chi detiene il potere. Tramite scene di sfide di caccia o di gioco di scacchi, non solo scontri per detenere il potere, Ferdowsi ricorda che ogni re, se accecato dalla propria tracotanza, non agisce in maniera giusta e il suo potere può terminare, come avverrà per la dinastia sasanide da parte degli Arabi, che il poeta chiama “l’armata delle tenebre”.
Il messaggio del Libro dei Re è un messaggio semplice ma potente allo stesso tempo ed è un messaggio eterno. Pagine Esteri