di Antonio Mazzeo*
Pagine Esteri, 8 ottobre 2021 – Ci siamo inventati di tutto in questi anni per armare e militarizzare le frontiere nazionali e quelle esterne Ue: le “invasioni” di migranti albanesi, tunisini, libici e subsahariani o le “infiltrazioni” di terroristi e foreign fighters tra i profughi in fuga dagli inferni di Iraq, Afghanistan e Corno d’Africa. Adesso scopriamo che in Italia è emergenza immigrati georgiani per cui è indispensabile e improrogabile avviare dispendiosissimi voli di rimpatrio in un paese al centro di una drammatica crisi politica, sociale ed economica.
Situata nella regione caucasica meridionale e affacciata sul Mar Nero, la Georgia ha poco meno di quattro milioni di abitanti ma un numero record di sfollati interni, 290.000 secondo l’UNHCR (l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite), dopo i sanguinosi conflitti russo-georgiani del 1992-93 e del 2008 per il controllo dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud. Pulizie e discriminazioni “etniche” e violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno ma poco importa a governi e media occidentali: la Georgia è un avamposto chiave per le operazioni NATO di “contenimento” della Federazione Russa e a Bruxelles in tanti spingono per una piena adesione delle forze armate di Tbilisi nella settuagenaria alleanza politico-militare anti-Russia e anti-Cina.
Gli immigrati regolari georgiani in Italia sono poco più di 15.000 (con una presenza di quasi l’80% di donne), appena lo 0,3% dei cittadini stranieri residenti. Del tutto irrisori anche i dati sui tentativi di ingresso “illegale” in Italia dei georgiani: appena il 4,8% del totale di essi attraverso le frontiera aeree (Rapporto Immigrazione 2020 di Caritas e Migrantes). Ciononostante per la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Ministero dell’Interno, le deportazioni degli “irregolari” georgiani sono una priorità strategica, alla pari di quelle verso la Tunisia o l’Egitto del dittatore Al Sisi. Nei primi otto mesi del 2021 la Polizia di Stato ha noleggiato ben otto aerei per il rimpatrio manu militari di migranti georgiani. Quanti sono stati? Non più di una quarantina, come dire una media di cinque “passeggeri” per aereo, pagando però una somma del tutto sconsiderata, 254.030 euro, e solo per tratte comprese tra Roma Fiumicino ad alcuni scali tedeschi. Sì, perché è in Germania che sono stati condotti i georgiani “per la successiva connessione ad operazione congiunta organizzata”, come riportano i decreti di affidamento dei servizi di rimpatrio a firma del direttore della direzione immigrazione del Viminale, prefetto Massimo Bontempi. Conti alla mano, il ticket dei viaggi d’espulsione Italia-Germania è costato al contribuente italiano più di 6.200 euro per ogni migrante georgiano, a cui bisogna poi aggiungere i costi per il loro transfert dai centri di reclusione allo scalo di Fiumicino e le spese di missione internazionale di non meno di 180 agenti di polizia incaricati dei servizi di scorta e accompagnamento.
Le operazioni di rimpatrio sono stati effettuati l’11 febbraio (volo Roma-Lipsia, 3 georgiani); il 25 marzo (ancora Roma-Lipsia, 5 migranti); l’8 aprile e il 6 maggio (destinazione Dusseldorf, 11 georgiani); 20 maggio (Berlino, 5); 10 giugno e 1 luglio (Lipsia, 13); 12 agosto (Monaco di Baviera, 6). Ad aggiudicarsi gli affidamenti dei trasporti sempre e solo due aziende, la P.A.S. Professional Aviation Solution S.r.l. e la Air Partner S.r.l., entrambe con sede a Milano, le stesse che stanno facendo affari milionari con i numerosissimi voli charter di rimpatrio dei migranti “irregolari” in Tunisia e in Egitto e per i trasferimenti aerei in territorio italiano degli “ospiti” dei centri permanenti moltiplicatisi in tutto il paese.
La “riammissione” in Georgia via Germania di cittadini georgiani “illegalmente in Italia” è legittimata – secondo il Viminale e la Polizia di Stato – da uno specifico accordo sottoscritto il 22 novembre 2010 dall’Unione europea e dalle autorità dello stato caucasico, poi approvato dal Parlamento europeo e ratificato dal Consiglio Ue il 18 gennaio 2011. L’Accordo consente “procedure rapide ed efficaci per l’identificazione e il rimpatrio ordinato e sicuro di quanti non soddisfano le condizioni di ingresso, presenza o soggiorno nel territorio della Georgia o di uno degli Stati membri dell’Unione europea”. In particolare sono previsti tempi ridottissimi (massimo tre giorni) per il rilascio da parte delle rappresentanze diplomatiche georgiane dei documenti di viaggio per le persone di cui è stata richiesta l’espulsione e il rimpatrio “non volontario”. Procedure che lasciano davvero assai poco spazio alle tutele giuridiche, all’opposizione legale contro i decreti di espulsione o a possibili e più che giustificate richieste di protezione internazionale e asilo.
La Georgia non è solo un paese costantemente sull’orlo dello scontro militare con la Russia per riaffermare il principio dell’integrità territoriale di Abkhazia e Ossezia del Sud. Si tratta anche di un paese dove si fanno sempre più gravi le repressione e le violazioni dei diritti umani. “In Georgia permane la mancanza di responsabilità per gli abusi delle forze dell’ordine”, scrive Human Rights Watch nel suo rapporto 2020. “Si registrano minacce alla libertà di stampa, una politica contro la droga sproporzianatamente dura e discriminazioni contro lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT)”. L’ONG statunitense rileva come le autorità georgiane abbiano ricevuto in soli due anni oltre 1.300 denunce di abusi e violazioni commessi da appartenenti delle forze dell’ordine o per trattamenti inumani e degradanti a danno di persone sottoposte a detenzione. “L’inchiesta su quanto accaduto nel giugno 2019, quando la polizia antisommossa sparò proiettili di gomma e usò gas tossici contro migliaia di dimostranti fuori dal parlamento a Tbilisi, ha continuato ad essere largamente omissiva sulle responsabilità degli autori”, aggiunge HRW. “Secondo il difensore pubblico che è stato chiamato a monitorare il procedimento, le autorità si sono focalizzate solo sui reati commessi da semplici agenti ma hanno fallito nel valutare obiettivamente e pienamente la responsabilità dei comandi delle forze di polizia”.
A ciò si aggiunge il devastante impatto sull’economia generato dalla pandemia da Covid-19: il PIL è crollato di 16 punti nel secondo semestre del 2020 accrescendo enormemente la disoccupazione e la povertà tra la popolazione georgiana. “Per mitigare la crisi, il governo ha avviato un piano di 1,5 miliardi di dollari con pacchetti di assistenza sociale per i singoli cittadini e sgravi ed esenzioni fiscali per gli uomini d’affari”, annota l’ONG. “Tre mesi prima delle elezioni presidenziali svoltesi il 31 ottobre, il governo ha annunciato misure anti-crisi addizionali per 132 milioni di dollari, ma le opposizioni e la società civile affermano che si è trattato di una manipolazione per attrarre voti”. Le elezioni hanno assicurato la maggioranza in Parlamento della forza politica di governo (Georgian Dream), ma la regolarità delle operazioni di voto è stata stigmatizzata dall’opposizione che ha successivamente disertato i lavori parlamentari. Human Rights Watch ricorda infine come il 9 novembre 2020 la polizia “ha utilizzato i cannoni d’acqua, senza preavvertimento, contro dozzine di pacifici manifestanti che si erano riuniti fuori la sede della commissione elettorale centrale per protestare contro le presunte frodi durante il voto”. (1)
Anche Amnesty International nel report “Georgia 2020” punta il dito contro il “continuo, sproporzionato e indiscriminato uso della forza” da parte delle autorità contro i pacifici manifestanti. “Inoltre gli standard di sicurezza nel lavoro non sono stati realmente rafforzati come provato dall’alto numero di incidenti e morti, specie nel settore minerario e delle costruzioni”, aggiunge AI. “Persiste anche la discriminazione di genere: il Global Gender Gap del Forum Economico Mondiale pone la Georgia al 74° posto tra 153 paesi, notando come le donne siano lontane dalla parità con gli uomini specie nell’accesso all’istruzione, alla salute e ai servizi sociali, ma c’è un gap significativo anche nell’occupazione e nelle opportunità economiche e nella profonda disparità nell’empowerment politico”. (2)
Anche gli analisti e i ricercatori più vicini all’establishment politico europeo e statunitense non nascondono la loro preoccupazione per il pesante clima repressivo che si respira nel paese partner strategico di Ue e NATO. “La Georgia è in caduta libera verso l’autoritarismo”, ha scritto recentemente Nona Mikhelidze dell’Istituto Affari Internazionali di Roma, tra i più influenti centri studi e think thank internazionali. “Il governo di Tbilisi ha ufficialmente intrapreso il percorso verso un autoritarismo di stampo russo”, commenta la ricercatrice. “Nel marzo 2021 le forze di polizia in tenuta antisommossa hanno assaltato la sede del maggiore partito di opposizione, il Movimento nazionale unito, e ne hanno arrestato il leader Nika Melia. Dopo le controverse elezioni parlamentari dello scorso novembre e il rifiuto delle forze politiche di opposizione di sedere in Parlamento, ad essersi compromessa è la stessa democrazia georgiana, diventata un sistema a partito unico”.
Sempre secondo Nona Mikhelidze, la Georgia si è “così allontanata dall’obiettivo dell’integrazione nelle istituzioni euro-atlantiche”. “L’arresto di Nika Melia non è un incidente isolato ma si inserisce nel trend dello stile di governo autoritario del Sogno georgiano”, conclude la ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali. “Dopo 30 anni di indipendenza e nonostante tutte le riforme attuate, la separazione dei poteri nel Paese rimane sconosciuta (…) Cosa dovrebbe fare l’Occidente che da anni prova a promuovere la democrazia in Georgia? Forse è giunto il tempo di usare la leva che Ue e Usa hanno sulla Georgia. A cominciare dall’amministrazione Biden, visto che gli Stati Uniti continuano a fornire assistenza al Paese (circa 64 milioni di dollari all’anno dal 2010 al 2019 per l’assistenza non militare e 265 milioni per il sostegno militare). Lo stesso vale per l’Unione europea, che di Tbilisi è il principale partner commerciale e fornisce annualmente al Paese oltre 100 milioni di euro per assistenza tecnica e finanziaria”. (3)
L’Italia sembra intanto non accorgersi di nulla e sceglie di intensificare le deportazioni di migranti e la loro consegna in mano alla polizia del regime georgiano. Inoltre sta rafforzando con Tbilisi la collaborazione in ambito militare e nella gestione delle operazioni di polizia e lotta all’immigrazione. I governi di Italia e Georgia hanno sottoscritto un Accordo nel settore della difesa e sicurezza il 15 maggio 1997, ratificato dal Parlamento italiano il 27 luglio 2004, al fine di sviluppare la cooperazione nei “settori relativi a concetti e strutture di Comando delle Forze armate, organizzazione e supporto logistico, amministrazione e gestione del personale militare e civile, addestramento e istruzione militare, comunicazione dell’attività informativa, visite ufficiali e incontri di delegazioni, partecipazione a corsi presso le Scuole militari, ecc..”.
Dopo i violenti scontri in Abkhazia e Ossezia del Sud dell’agosto 2008 tra le forze armate russe e georgiane, il nostro paese fu uno dei primi ad accogliere la richiesta di invio di “osservatori non armati” da dislocare nelle zone contese tra i belligeranti e controllare la loro demilitarizzazione e il rispetto del cessate il fuoco. Un contingente composto da 35 militari italiani fu inviato a Zugdidi, capoluogo della regione Mingrelia-Alta Svanezia, assumendo il comando di un pool di osservatori internazionali che comprendeva militari di Germania, Repubblica ceca e Lituania. (4)
Il 12 marzo 2014 si tenne a Roma il primo vertice bilaterale tra i rispettivi ministri della difesa (al tempo per l’Italia l’on. Roberta Pinotti e per la Repubblica della Georgia l’on. Irakli Alasania). Tra i temi al centro dell’incontro – annota l’ufficio stampa della difesa – il processo di avvicinamento della Georgia nella NATO, con particolare riferimento alla concessione del Membership Action Plan al prossimo vertice di Celtic Manor, la situazione in Ucraina e Siria e l’impegno del contingente georgiano in Afghanistan nell’ambito della missione ISAF (International Security Assistance Force) dell’Alleanza atlantica. “La Repubblica georgiana si è impegnata a sostenere la missione per addestrare, consigliare e assistere le Forze nazionali di sicurezza afgane dopo il 2014 ed a partecipare alla Forza di risposta NATO nel 2015”, concludeva la nota del Ministero. (5)
Un secondo vertice bilaterale si tenne ancora a Roma il 30 giugno 2016; a rappresentare l’Italia sempre la ministra Pinotti mentre per la Georgia la nuova titolare del dicastero della difesa Tinatin Khidasheli. “La Repubblica di Georgia sta facendo un gran lavoro di avvicinamento all’Alleanza atlantica e le nostre Forze armate lavorano fianco a fianco in molte attività di cooperazione bilaterale, soprattutto nel campo della formazione”, dichiarò la ministra Roberta Pinotti a conclusione dell’incontro. Il 29 novembre 2016 fu invece il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a recarsi in visita ufficiale in Georgia, la prima della Farnesina dalla dichiarazione d’indipendenza georgiana. All’ordine del giorno del vertice interministeriale di Tbilisi l’instabilità del Medio Oriente, il terrorismo e l’immigrazione e i progetti di alcuni importanti oleodotti nel Caucaso.
A partire dell’estate 2018 anche le unità della Marina militare italiana hanno iniziato ad effettuare brevi missioni tecnico-operative in Georgia. L’ultima visita risale a fine settembre 2021: la cacciamine “Viareggio” insieme alle altre unità del gruppo navale Standing NATO Mine Countermeasures Group Two (SNMCMG2) hanno raggiunto la città di Batumi nel Mar Nero per svolgere attività di pattugliamento marittimo e un’esercitazione congiunta con la componente costiera della Border Police georgiana. (6)
Il 16 e 17 luglio 2018 è stato invece il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella a recarsi in Georgia in visita ufficiale, in compagnia dell’allora ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi. In occasione degli incontri con le massime autorità georgiane furono firmati accordi bilaterali nel campo della cultura, della sanità, dell’istruzione, ricerca e innovazione e, immancabilmente, della difesa e dell’ordine pubblico e sicurezza. In particolare fu sottoscritto dai colonnelli Pietro Carrozza e Abesalom Manjavidze un Protocollo di collaborazione tra l’Arma dei Carabinieri e il Dipartimento della Polizia Militare del Ministero della Difesa della Georgia “per rafforzare le attività addestrative congiunte; lo scambio di buone pratiche relative ai servizi istituzionali, con particolare attenzione alle Peace Support Operations; le attività di prevenzione e investigative dei crimini; lo sviluppo di nuove tecnologie a apparecchiature; la protezione delle installazioni militari; le visite e gli scambi del personale; ecc.”. Inoltre i ministeri dell’Interno di Italia e Georgia firmarono un Memorandum d’Intesa “per rafforzare la collaborazione di Polizia a livello tecnico-operativo” e “prevenire e contrastare la criminalità organizzata transnazionale in tutte le sue forme, il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope, la tratta di essere umani e l’immigrazione irregolare, la criminalità informatica”. (7)
L’amorevole abbraccio tra Roma e Tbilisi si è rafforzato proprio quando l’esecutivo georgiano ha mostrato apertamente l’intenzione di voler accrescere le tensioni con la “nemica” Russia e utilizzare la propaganda revanscista su Abkhazia e Ossezia del sud per distogliere l’attenzione della politica e dei media dalla drammatica crisi sociale, economica ed occupazionale del paese. L’8 agosto 2021 l’ambasciatore della Repubblica di Georgia in Italia, Konstantine Surguladze, ha diffuso una nota che sintetizza bene il pensiero delle élite dominanti georgiane. “L’invasione del 2008 è stato il primo importante attacco aperto della Russia nei confronti dell’ordine europeo, attacco al quale ne sono poi seguiti altri tra cui l’annessione della Crimea e la guerra nell’Ucraina orientale”, scrive l’ambasciatore. “La Russia rafforza costantemente la sua presenza militare nei territori occupati della Georgia attraverso la costruzione di nuove basi, l’invio di nuove truppe ed equipaggiamenti e lo svolgimento di esercitazioni militari; continua a violare i suoi obblighi internazionali e si rifiuta di attuare appieno l’accordo di cessate il fuoco del 12 agosto 2008 mediato dall’Ue”. (8)
Responsabilità e crimini solo russi e piena autoassoluzione per il regime di Tbilisi, dunque. Washington e alcune importanti cancellerie europee esprimono apertamente i timori per il “nuovo” corso georgiano. Roma no, anzi firma nuovi accordi sicuritari-militari. E riconsegna agli alleati caucasici poche decine di “irregolari” sperperando una montagna di denaro pubblico. Pagine Esteri
- https://www.hrw.org/world-report/2021/country-chapters/georgia
- https://www.amnesty.org/en/location/europe-and-central-asia/georgia/report-georgia/
- https://www.affarinternazionali.it/2021/03/georgia-in-caduta-libera-verso-lautoritarismo/
- https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-concluse/georgia/Pagine/georgia.aspx
- https://www.difesa.it/Il_Ministro/Eventi/Pagine/20140312_visitageorgiano.asp
- https://ambtbilisi.esteri.it/ambasciata_tbilisi/it/ambasciata/news/dall_ambasciata/2021/09/partecipazione-di-nave-viareggio.html
- https://ambtbilisi.esteri.it/ambasciata_tbilisi/it/i_rapporti_bilaterali/cooperazione_politica/visita-di-stato-del-presidente_0.html
- https://www.notiziegeopolitiche.net/georgia-lambasciata-a-roma-dopo-13-anni-permane-loccupazione-russa/
*Antonio Mazzeo è un giornalista ecopacifista e antimilitarista che scrive della militarizzazione del territorio e della tutela dei diritti umani. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa). Del 2010 è il suo I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina (Edizioni Alegre).