di Antonio Mazzeo*

Pagine Esteri, 16 ottobre 2021 – Non bastano più evidentemente le unità da guerre di mezzo mondo per presidiare le acque del Golfo di Guinea, una delle aree geostrategiche ed economiche più rilevanti del continente africano. Il 9 giugno, infatti, per la prima volta nella storia, gli Stati Uniti d’America hanno deciso di fare esercitare sui cieli dell’Africa occidentale un bombardiere B-52H “Stratofortress”, la fortezza volante che ha preso parte a tutti i maggiori conflitti degli ultimi sessant’anni. Il velivolo dell’US Air Force (48,5 metri di lunghezza, un’apertura alare di 56,4 metri e un peso massimo al decollo sino a 200 tonnellate) dopo essere partito dalla base aerea spagnola di Morón de la Frontera ha sorvolato prima il nord Africa e poi si è diretto verso il Golfo di Guinea per rientrare a fine missione in Spagna. “Il volo su alcune regioni dell’Africa settentrionale e occidentale del bombardiere strategico in forza al 2nd Bomb Wing di stanza a Barksdale, Louisiana, ha consentito all’equipaggio di esercitarsi ad operare in diversi spazi aerei”, ha dichiarato il generale Steven Basham, vicecomandante delle forze aeree statunitensi in Europa e in Africa. “La missione odierna ci ha fornito un’importante opportunità per testare e stabilire linee vitali di comunicazione che saranno una componente chiave per le nostre future operazioni nell’area”.

Bombardiere strategico a lungo raggio (ha un’autonomia di volo sino a 16.000 km), il B-52H “Stratofortress” à stato prodotto dal colosso aerospaziale Boeing a partire dalla fine degli anni ’50 e grazie ai multimilionari interventi di aggiornamento è destinato ad operare sino alla fine del prossimo decennio. Si tratta di una micidiale arma di distruzione di massa: può trasportare e lanciare sino a 31.500 kg di bombe ed è l’unico velivolo dell’Aeronautica USA che può essere armato con i missili da crociera aria-superficie AGM-86 ALCM abilitati al trasporto di testate nucleari con una potenza variabile tra i 5 e i 150 kiloton. Secondo l’ultimo rapporto annuale  dell’autorevole Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (Sipri), le forze aeree USA avrebbero in dotazione attualmente 528 missili AGM-86 ALCM (ogni B-52 ne può trasportare sino a 20); di questi, 200 circa sarebbero a disposizione nelle basi aeree in cui sono schierati i bombardieri, tutto il resto sarebbero stoccati in un unico deposito protetto di US Air Force. Data la rilevanza militare di questi velivoli strategici, ogni loro missione è sotto il comando e il controllo diretto del Dipartimento della Difesa, “ovunque nel mondo e in ogni tempo”. “Le missioni dei bombardieri B-52 – spiega ancora il Comando di US Air Force – dimostrano l’impegno degli Stati Uniti ai propri partner e riflettono l’abilità delle nostre forze a operare a favore della sicurezza globale in un ambito che è sempre più dinamico e stimolante che mai”.

Il Mediterraneo “allargato”

Il Pentagono ha ordinato il trasferimento di due B-52H del 2nd Bomb Wing dell’Aeronautica dalla Luoisiana alla base spagnola di Morón (Andalusia) lo scorso maggio. “Il dislocamento di una bomber task force con i bombardieri strategici, gli equipaggi e le attrezzature di supporto nell’area di responsabilità del Comando USA in Europa ha l’obiettivo di rafforzare le capacità operative delle forze armate in una serie di località d’oltremare”, spiega il Comando di US Air Force. “L’addestramento e l’integrazione con i nostri partner e alleati e altre unità permettono di costruire relazioni durature e strategiche necessarie per confrontarsi con un ampio raggio di sfide globali”.

Subito dopo il loro l’arrivo a Morón, le due fortezze volanti USA hanno operato in molteplici scenari, principalmente in nord ed est Europa, ma anche nel Mediterraneo centrale ed orientale, simulando una serie di interventi di aperto e provocatorio contrasto delle forze aeronavali russe. Il 24 maggio i B-52H sono stati impiegati nello spazio aereo dell’Egeo e del Mar Nero in una esercitazione di guerra aerea e attacchi contro obiettivi navali insieme alle unità di cinque alleati NATO (Bulgaria, Grecia, Romania, Ungheria e Italia). Due giorni dopo, nelle acque del Mediterraneo, i due bombardieri strategici hanno effettuato un  addestramento di “contrasto marittimo” insieme ai caccia F-16 dell’aeronautica ellenica e agli Eurofighter “Typhoon” della Royal Air Force e a un pattugliatore P-8A “Poseidon” del Patrol Squadron 40 di US Navy di stanza nella base siciliana di Sigonella. “I caccia F-16 della Turchia che attualmente supportano la NATO Enhance Air Policing (le misure militari adottate nel 2016 dall’Alleanza Atlantica nel Mediterraneo orientale, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, nda), hanno poi scortato i B-52H nel loro rientro alla base aera di Morón”, informa l’US Air Force.

War games, il 31 maggio, nei cieli di tutto il vecchio continente con le forze aeree di venti paesi NATO in quella che è stata denominata “Operation Allied Sky”. “Le diverse missioni eseguite in un solo giorno dai due bombardieri hanno dimostrato la credibilità delle nostre forze aeree in un ambiente la cui sicurezza globale è assai diversa e più incerta di quella di ogni altro tempo della storia”, ha commentato a conclusione della maxi-esercitazione il generale Jeff Harrigian, comandante delle forze aeree alleate NATO e di quelle statunitensi in Europa e nel continente africano. “L’odierna esercitazione è una dimostrazione eccezionale della superiorità aerea della NATO e insieme non c’è sfida che non possiamo affrontare”.

Dal 7 al 9 giugno i due bombardieri del 2nd Bomb Wing di US Air Force si sono addestrati nello spazio aereo del Baltico congiuntamente con i caccia F-16 dell’Aeronautica militare di Danimarca e Paesi Bassi e ai velivoli d’attacco JAS-39 Gripen della Svezia. Cinque giorni più tardi, ancora una volta dopo il loro decollo da Morón, le fortezze volanti hanno svolto un’altra missione di “contenimento” anti-Russia nell’Egeo e nel Mar Nero, insieme agli F-16 di Grecia e Turchia.

Ovvio che la presenza nel teatro europeo – e, adesso, pure africano – non passi inosservata a Mosca. Il 24 maggio il ministero della Difesa russo ha ordinato lo schieramento nella base siriana di Khmeimim (nella provincia di Latakia, sul Mediterraneo orientale, vicina alla base navale di Tartus) di alcuni cacciabombardieri strategici Tu-22M3 “Backfire”, utilizzabili per operazioni di attacco, ricognizione e pattugliamento navale. Anche questi velivoli, come i B52, sono abilitati al trasporto e all’uso di testate nucleari (la portata massima è di 24 tonnellate di bombe per ognuno di essi). “Gli equipaggi dei bombardieri a lungo raggio acquisiranno abilità pratiche nell’esercizio di compiti di addestramento in nuove aree geografiche durante i voli nello spazio aereo sul Mar Mediterraneo”, riporta la nota della Difesa russa.

Base russa in Siria

 

 

 

 

 

 

 

 

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Secondo quanto riferito da Formiche.net, le pista dello scalo aereo di Khmeimim sono state recentemente ripavimentate; inoltre sono stati potenziati i dispositivi di comunicazione ed illuminazione notturna. “Adesso la base siriana è in grado di accogliere non solo Tu-22, ma anche i Tu-95 e i Sukhoi Su-160, il top di gamma dei bombardieri strategici russi”, aggiunge la testata. “Quello che è chiaro è che Mosca sta generalmente alzando il livello della propria presenza nel Mediterraneo – come dimostra anche la grossa presenza navale degli ultimi mesi (…) Dalla Siria alla Libia, passando per l’intensificarsi della penetrazione africana, la Russia sta creando sfere di intervento da trasformare in sfere di influenza”.

Formiche.net avverte come il consolidamento russo nel cosiddetto Mediterraneo allargato preoccupi tantissimo il Pentagono, la Difesa italiana e la NATO, i quali “vedono minacciata la funzionalità di strutture nevralgiche della stabilità regionale e delle relazioni transatlantiche come la base di Sigonella, o il MUOS e i cavi sottomarini che solcano il Canale di Sicilia”. All’orizzonte si ripropongono come alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, pericolosissimi scenari di ultramilitarizzazione e nuclearizzazione dell’area mediterranea. Con la Sicilia e le sue isole minori condannate a fare da piattaforme avanzate per le strategie di guerra globale del terzo millennio.

*Antonio Mazzeo è un giornalista ecopacifista e antimilitarista che scrive della militarizzazione del territorio e della tutela dei diritti umani. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa). Del 2010 è il suo I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina (Edizioni Alegre).