di Antonio Mazzeo*
Pagine Esteri, 22 novembre 2021 – “Il rifornimento in volo serve ad abilitare e moltiplicare gli effetti della potenza aerea in tutti i livelli bellici. Le capacità di rifornimento delle Forze di Mobilità Aerea statunitensi rendono possibili le operazioni di ponte aereo tra i teatri operativi e sono necessarie per supportare grandi schieramenti, l’assistenza umanitaria, lo strike globale o gli aviolanci a grande raggio dei paracadutisti e dei loro equipaggiamenti, senza la necessità di affidarsi a basi intermedie o interne al teatro d’azione. Il rifornimento aereo assicura ai bombardieri equipaggiati con armi nucleari la capacità di portare il loro carico in ogni parte del mondo e di trovare riparo in una base adeguata e sicura. Le operazioni di guerra richiedono il rifornimento aereo per estendere la forza e la resistenza così come il raggio operativo di tutti i velivoli”. Nel 2009, dopo otto anni di guerra globale al terrorismo e alla vigilia dell’offensiva in Libia contro il regime di Mu’ammar Gheddafi, il Comando delle forze armate USA pubblicava l’Air Mobility Master Plan, il Piano strategico per la Mobilità Aerea, ritenuta l’elemento chiave per consentire alle forze aeree di potenziare le capacità di proiezione, penetrazione e distruzione in tutto il pianeta.
L’Air Mobility Master Plan individuava le necessità di accrescere il numero e di migliorare le caratteristiche tecniche e di carico dei velivoli cisterna, ma soprattutto di rafforzare la rete delle infrastrutture logistiche che l’US Air Force aveva dislocato nel Mediterraneo, in Medio oriente e nel sud-est asiatico a supporto dei trasporti e del rifornimento aereo. Gli interventi prioritari per potenziare la mobilità delle forze aeree statunitensi chiamate a confrontarsi/scontrarsi nel XXI secolo soprattutto con Russia e Cina, venivano descritti da un comitato di esperti nel White Paper Air Mobility Command: Global En Route Strategy. Il documento sarebbe dovuto rimanere del tutto riservato ma finì invece nelle mani dell’intelligence venezuelana che lo rese pubblico in occasione del vertice dei Capi di Stato dei paesi sudamericani tenutosi in Argentina nell’agosto 2009.
“Nella regione Atlantica, ci sono numerose aree riservate al rifornimento aereo (A/R) nella costa occidentale della Gran Bretagna, in Francia e in Spagna ed esistono anche rotte per il rifornimento in volo in Germania, nel Mediterraneo e vicino le Isole Azzorre”, riportava il White Paper nel capitolo riservato alla mobilità aerea nello scacchiere europeo-mediorientale. “Le località che noi suggeriamo per le missioni dei velivoli tanker sono Mildenhall, Fairford, Moron, Souda Bay (Creta), Lajes e Sigonella. Ognuna di queste località offre un’area di parcheggio più che adeguata per le operazioni delle piattaforme A/R”.
Sin dai primi passaggi, gli esperti del Pentagono si dichiaravano convinti che per posizione geografica e rilevanza strategica, dovesse essere proprio la grande base USA e NATO siciliana ad assumere un ruolo centrale nelle operazioni di trasferimento degli assetti aerei USA verso il continente africano e il Medio oriente, prospettando pure la presenza in loco di una tanker task force TTF. “C’è tuttavia una limitazione per Sigonella relativa alla lunghezza della pista”, allertavano gli esperti. “Attualmente l’installazione ha una pista lunga 8.000 piedi. Poiché manterremo in uso i velivoli cisterna KC-135 per il periodo strategico previsto (il 2025, nda), la temperature e la lunghezza sono un fattore limitante, primariamente per gli atterraggi d’emergenza. Per questo raccomandiamo e sosteniamo di fronte a US Navy e al governo italiano, la necessità di allungare la pista di 2.000 piedi prima di localizzare a Sigonella una TTF”.
“Sigonella, in particolare, assicura possibilità operative ed efficienze che non hanno le altre località in esame”, riportava il White Paper Air Mobility Command. “Dato che la Defense Logistics Agency ha stabilito maggiori capacità dei depositi, i rifornimenti destinati alle attività in Africa potrebbero essere concentrati a Sigonella. Possiamo, inoltre, immaginare facilmente uno scenario dove su base quotidiana le TTF potrebbero rifornire gli aerei che fanno ingresso e operano nell’area sotto la responsabilità dei Comandi per l’Asia sud-occidentale (…) Crediamo che per offrire questa duplice funzione, la localizzazione di una TTF a Sigonella sia la scelta più ragionevole”.
In vista della trasformazione della base siciliana in un hub per la task force degli aerei cisterna USA, gli esperti del Pentagono chiedevano di porre la questione al vaglio della NATO per condividere i futuri piani strategici ma soprattutto per poter ottenere un importante contributo finanziario dagli alleati per il potenziamento logistico di Sigonella. “La NATO sta rivedendo le località per la sua dotazione operativa di Rifornimento Aereo, di conseguenza suggeriamo che per la localizzazione della TTF nel Mediterraneo l’Air Mobility Command faccia una proposta forte perché il NATO Air Refueling Capability Package sia previsto a Sigonella”, scrivevano. “Avere basi alternative per accedere nel continente africano è sempre più importante. Pertanto raccomandiamo che Sigonella diventi un centro per il rifornimento aereo di tipo Tier II (in grado di ospitare i velivoli tanker nelle rotte di transito, nda) con l’aggiunta di uno squadrone di mobilità aerea che si affianchi agli assetti UAV, i velivoli senza pilota che saranno ospitati nella base”.
Né il piano di potenziamento di Sigonella per le operazioni di rifornimento in volo, né quello relativo al dislocamento dei droni d’intelligence e d’attacco USA saranno discussi dal Parlamento italiano. Segretamente però sono stati avviati entrambi e, in parte, completati. Qualche settimana fa e solo a seguito di una inchiesta della Procura di Catania su un presunto atto corruttivo da parte di due ufficiali dell’Aeronautica italiana si è scoperto che la NATO ha finanziato un apposito capitolo di spesa denominato Capability Package 9A1301 Air-to-air refeuelling assets per allungare le piste di Sigonella e consentire i decolli e gli atterraggi degli aerei cisterna alleati, e realizzare altresì nuovi depositi di carburante all’interno della base. A tal fine il ministero della Difesa ha avviato l’iter di esproprio di quasi 100 ettari di terreni prossimi alla stazione aeronavale. Il programma avrà un enorme e insostenibile impatto socio-ambientale, specie in termini di inquinamento dell’aria, del suolo e acustico (nelle nuove piste potranno atterrare gli aerei cisterna giganti come i KC-10 “Extender” che trasportano sino a 154 tonnellate di gasolio), ma è del tutto privo di valutazioni d’incidenza e non è mai stato presentato e discusso con le autorità civili locali e regionali.
L’hub per i rifornimenti aerei si somma agli altri progetti in realizzazione in questi mesi a Sigonella. Nella base USA-NATO è un proliferare di cantieri: per la Main Operating Base del sistema di “sorveglianza terrestre” AGS (Alliance Ground Surveillance) dell’Alleanza Atlantica, si stanno costruendo 14 nuovi edifici che ospiteranno centrali radio, uffici, caserme, hangar e officine di manutenzione. Il sistema AGS è stato progettato per assicurare all’Alleanza una “rilevante capacità di intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR)”; a Sigonella è costituito da stazioni di terra fisse, mobili e trasportabili per la pianificazione e il supporto delle missioni e una componente aerea basata su cinque droni “RQ-4D Phoenix”. Entro il 2024 i droni AGS potranno effettuare missioni di volo sino a 100 ore complessive a settimana e la copertura di un’ampia area del pianeta: dall’Oceano Atlantico sino al Mar Nero e la Crimea e dal Mare del Nord e il Baltico sino al Sud Africa. Per il programma AGS è già presente a Sigonella uno staff di 375 tra miliari e civili di 24 paesi ma il loro numero crescerà sino a 600 quando il sistema sarà pienamente operativo.
I velivoli senza pilota della NATO operano insieme ai droni-spia “Global Hawk” ed MQ-4C “Triton” BAMS e ai droni killer “Reaper” che le forze armate degli Stati Uniti hanno dislocato da anni nella base siciliana. Nel 2018 è stato attivato pure l’UAS SATCOM Relay Pads and Facility per le telecomunicazioni via satellite con tutti i droni che le agenzie di spionaggio statunitensi e il Pentagono schierano in ogni angolo della Terra. La facility di Sigonella consente la trasmissione dei dati necessari ai piani di volo e di attacco dei velivoli a controllo remoto, operando come “stazione gemella” del sito tedesco di Ramstein e della base aerea di Creech (Nevada).
Un aspetto meno noto ma assai inquietante riguarda il ruolo assunto da Sigonella nei piani di supremazia nucleare degli Stati Uniti d’America. Dopo aver fatto nel corso degli anni ’80 da base di arrivo, supporto e manutenzione dei missili Cruise con testata atomica installati nel vicino aeroporto di Comiso (Ragusa), nel 2018 è entrata in funzione a Sigonella la Joint Tactical Ground Station (JTAGS), la stazione di ricezione e trasmissione satellitare del sistema di “pronto allarme” per l’identificazione dei lanci di missili balistici con testate nucleari, chimiche, biologiche o convenzionali..
“La Joint Tactical Ground Station è il principale sistema di US Army per integrare ed espandere le capacità di allarme, attenzione e pronta informazione sui Missili Balistici da Teatro (TBM – quelli con gittata compresa tra i 300 e i 3.500 km) ed altri eventi tattici che interessano il teatro operativo”, spiega il Pentagono. JTAGS opera sotto il controllo della 1st Space Company, una compagnia ultraspecializzata della 1st Space Brigade dell’US Army Space and Missile Defense Command, attiva dal 1992 presso il quartier generale di Colorado Springs (Colorado).
Come se tutto ciò non bastasse nella primavera 2024 entrerà in funzione a Sigonella uno dei principali centri di comunicazione delle forze armate USA a livello mondiale. Il 29 settembre 2020 il Pentagono ha firmato un contratto per la realizzazione di una Stazione di telecomunicazioni satellitari con una spesa di 42 milioni di dollari. “La nuova infrastruttura nella NAS – Naval Air Station di Sigonella comprenderà pure una facility per le informazioni sensibili e riservate e consentirà di effettuare comunicazioni – vocali e di dati – più sicure e affidabili alle unità navali, sottomarine, aeree e terrestri di US Navy”, spiega il Comando USA. Imponente anche il costo delle apparecchiature elettroniche e dei sistemi di comando, controllo, comunicazione ed intelligence che saranno installati nella stazione satellitare: 57 milioni di dollari. Con il nuovo sistema di telecomunicazioni il personale statunitense di stanza a Sigonella raggiungerà le 3.322 unità contro le 3.021 censite il 30 settembre 2018, con un aumento dunque del 10% in meno di cinque anni.
Il nuovo centro satellitare opererà sotto il Comando della U.S. Naval Computer and Telecommunications Station (NCTS) Sicily, che supporta le comunicazioni critiche delle forze armate USA, NATO e delle coalizioni alleate che operano nelle aree sotto la responsabilità dei comandi di AFRICOM, CENTCOM ed EUCOM. A NCTS Sicily è attribuito anche il controllo della NRTF – Naval Radio Transmitter Facility, il centro di radiotrasmissione della Marina statunitense operativo dall’ottobre del 1991 all’interno della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi (Caltanissetta), nella stessa area dove è stato installato uno dei quattro terminali terrestri del MUOS (Mobile User Objective System), il nuovo sistema di telecomunicazione satellitari di proprietà ed uso esclusivo delle forze armate USA.
La scheda progettuale del prossimo centro satellitare di Sigonella, oltre alle informazioni tecniche e sui costi degli impianti, fornisce un’utile descrizione sulle principali funzioni assegnate alla base siciliana. “Sigonella è la maggiore installazione della US Navy nel Mediterraneo centrale ed è utilizzata per il supporto logistico della Sesta Flotta e come base per lo schieramento degli aerei per la guerra ai sottomarini (ASW)”, scrive il Pentagono. “A Sigonella è assegnato anche uno squadrone aereo della Marina nel teatro mediterraneo, per le missioni di trasporto dei carichi a bordo delle unità navali in transito. La base opera in supporto ai velivoli tattici di stanza nelle portaerei, ai voli cargo dell’Air Mobility Command e ai voli passeggeri del Military Airlift Command degli Stati Uniti d’America. Assicura inoltre l’interfaccia logistica con la vicina baia di Augusta (Siracusa), utilizzata quale pontile e deposito carburante e munizioni della NATO. Supporta infine gli squadroni elicotteri da combattimento e sorveglianza”. Complessivamente nella base hanno trovato sede ben 34 comandi strategici statunitensi e per importanza è il “secondo più grande centro di comando militare marittimo al mondo dopo quello del Bahrain”.
Sigonella è stata denominata dai vertici statunitensi come The Hub of the Med, cioè il fulcro del Mediterraneo. E in verità sin dagli anni del conflitto in Vietnam, l’installazione siciliana ha sempre esercitato un ruolo determinante per i trasferimenti di uomini e mezzi verso i teatri di guerra o quale piattaforma di lancio per gli attacchi aeronavali: contro la Libia di Gheddafi negli anni ’80; in Libano nell’82; durante la prima e la seconda guerra del Golfo; per i bombardamenti alleati in Kosovo e in Serbia nel 1999 e quelli in Afghanistan, Iraq e Siria nel XXI secolo; per le campagne USA nelle regioni sub-sahariane e in Corno d’Africa; in occasione della campagna aerea alleata contro il regime libico nel 2011; per gli innumerevoli raid in Cirenaica e Tripolitania con l’utilizzo dei famigerati droni-killer (nel periodo compreso tra l’agosto e il dicembre 2016, contro le milizie filo-ISIS a Sirte gli USA hanno effettuato ben 495 attacchi missilistici, il 60% dei quali grazie ai velivoli Reaper decollati in buona parte dalla Sicilia). In tempi più recenti i droni-spia “Global Hawk” e i moderni pattugliatori marittimi P-8A “Poseidon” di US Navy sono impiegati in veri e propri atti di provocazione anti-Russia in Siria e in Crimea. Inoltre dallo scorso mese di agosto opera a Sigonella un distaccamento dello Squadrone elicotteri da combattimento “HSC 28” della Marina con velivoli multiruolo Sikorsky MH-60S “Seahawk”, per rafforzare le operazioni statunitensi nel Mediterraneo e in nord Africa.
I No War siciliani descrivono Sigonella come un tumore maligno che si propaga con metastasi in tutta la Sicilia. Sì, perché, la base militare ha fatto da promotore e acceleratore dell’asfissiante processo di militarizzazione che ha investito l’intera regione e le isole minori. La baia Augusta per gli attracchi dei sottomarini a propulsione e capacità nucleare; il MUOStro di Niscemi; lo scalo di Trapani-Birgi con gli aerei-radar AWACS e i caccia della NATO; i centri radar di Marsala e Noto-Mezzogregorio; gli hangar scavati dentro una montagna a Pantelleria; le selve di antenne radar e per la guerra elettronica a Lampedusa; i poligoni per le esercitazioni di guerra delle forze armate italiane e straniere a Punta Bianca (Agrigento), Piazza Armerina e Corleone; l’uso dei porti di Messina, Catania e Palermo per le soste e i rifornimenti delle unità della VI Flotta e delle Marine dei paesi NATO; i decolli e gli atterraggi dei bombardieri e dei velivoli d’intelligence delle società contractor del Pentagono dagli scali “civili” di Catania-Fontanarossa, Palermo-Punta Raisi e Pantelleria: sono le piccole-grandi neoplasie che si sono diffuse in tutta la Sicilia, contribuendo enormemente alla crisi sociale, economica, politica e ambientale. Basi militari, militarismi e militarizzazioni che hanno minato profondamente l’agibilità democratica e la volontà di riscatto delle popolazioni.
I movimenti di opposizione non sono mancati, anzi, l’antimilitarismo e il rifiuto delle guerre sono stati pratiche costanti nella recente storia siciliana. Le lotte contro i missili nucleari a Comiso e contro le mega-antenne del MUOS sono stati certamente gli eventi più importanti ed esaltanti. Ma le risposte dello Stato e delle sue istituzioni sono state sempre le stesse: repressione diffusa, violenza e criminalizzazione. Alla guerra da casa nostra si è sommata purtroppo la guerra a casa nostra. Pagine Esteri
*Antonio Mazzeo è un giornalista ecopacifista e antimilitarista che scrive della militarizzazione del territorio e della tutela dei diritti umani. Con Antonello Mangano, ha pubblicato nel 2006, Il mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte (Edizioni Punto L, Ragusa). Del 2010 è il suo I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina (Edizioni Alegre).