di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 12 marzo 2022 (foto di Al Mossawa Center) – «Uno Stato democratico non può impedire a due persone che si amano di vivere insieme, uno Stato democratico non può far vivere una madre sotto la costante minaccia di espulsione e di separazione dai suoi figli piccoli». È colmo di amarezza Taisir Khatib. Giovedì sera la Knesset a larga maggioranza ha approvato la nuova legge sul ricongiungimento familiare che nella quasi totalità dei casi vieta ai palestinesi dei Territori che sposano cittadini israeliani di risiedere in Israele. «Significa che mia moglie Lana continuerà ad avere una esistenza precaria, legata a permessi che possono essere revocati in qualsiasi momento. Quindici anni di battaglie legali non sono servite a nulla», spiega Taisir che lunedì era a Gerusalemme con altre 200 persone a manifestare contro l’approvazione della nuova legge che sostituisce le norme speciali sulla riunificazione delle famiglie israelo-palestinesi approvate nel 2003 su insistenza del premier Ariel Sharon e rinnovate anno dopo anno fino allo scorso luglio.
Tra Taisir, di Acri e cittadino israeliano, e Lana, palestinese di Jenin in Cisgiordania, fu amore a prima vista. «Sono un antropologo ed ero Jenin per una ricerca al ministero della salute (dell’Autorità nazionale palestinese)» ricorda Taisir «ci parlammo e scattò subito qualcosa, pochi mesi dopo eravamo sposati». Era il 2003 e proprio in quel periodo furono approvate le norme volute da Sharon. «Ne fummo preoccupati ma non immaginavano il nostro calvario», prosegue. Pochi mesi dopo Lana restò bloccata a Jenin. Quindi ottenne qualche permesso breve di ingresso in Israele. «Negli ultimi 15 anni abbiamo presentato documenti su documenti ma Lana ha ottenuto solo un permesso annuale che può essere revocato all’improvviso. Nel frattempo, sono nati Adnan, Yusra e Sali, i nostri figli che Lana non ha mai potuto accompagnare a scuola in auto perché non è autorizzata a guidare. Inoltre, non può avere un conto in banca, una carta di credito e avviare attività professionali» spiega Taisir. «E il nostro caso non è tra i peggiori – aggiunge -, una mia cugina di Gaza viveva a Giaffa, la città di suo marito (cittadino israeliano, ndr). Dieci anni fa è stata deportata all’improvviso a Gaza e da allora non ha più incontrato i suoi due figli».
Giovedì sera, dopo l’approvazione della legge, la ministra dell’interno Ayelet Shaked, braccio destro e compagna di partito del premier Naftali Bennett, ha twittato che alla Knesset aveva vinto l’idea di Israele come «Stato ebraico e democratico» su quella di Israele come «Stato di tutti i suoi cittadini». Solo il partito di sinistra Meretz, quello islamista Ra’am e la Lista araba hanno votato contro. Tutti gli altri si sono detti a favore della legge che ritengono fondamentale per la sicurezza del paese ma che in realtà vuole impedire che i palestinesi dei Territori occupati, possano diventare residenti o cittadini israeliani. Al momento 13.200 coniugi palestinesi vivono in Israele con permessi precari. L’ong HaMoked precisa che circa 9.700 di questi permessi sono stati rilasciati dalle autorità militari, mentre altri 3.500 sono visti temporanei.
Per evitare le separazioni imposte dalla legge non poche donne arabo israeliane decidono di vivere insieme al coniuge e ai figli in Cisgiordania. Un passo fatto anche dall’ebrea Neta Golan che vive a Nablus con il marito palestinese. Anche uomini sono chiamati a quella scelta. Un caso noto è quello del giornalista di Trt Tv Mohammed Kheiry che dalla Galilea si è trasferito a Ramallah per stare con la moglie e sua collega Majdoulin. Movimenti che i palestinesi leggono come una politica delle autorità israeliane per spingere gli arabo israeliani a trasferirsi in Cisgiordania.
Dopo gli accordi di Oslo del 1993 e fino al 2003 circa 130.000 palestinesi hanno ottenuto la cittadinanza o la residenza israeliana attraverso il ricongiungimento familiare. Solo 48 sono poi stati coinvolti in presunte «attività terroristiche» riferisce lo Shin Bet, il servizio di intelligence. Perciò, la sicurezza non è il vero fine della legge che punta palesemente a limitare il numero dei palestinesi in Israele. La nuova versione approvata giovedì precisa prevede quote per i permessi destinati ai casi umanitari «eccezionali». Consente inoltre alla ministra Shaked di revocare a sua discrezione i permessi ai palestinesi sposati con israeliani per «violazioni della fiducia». E vieta i matrimoni con cittadini di «Stati nemici», come Libano e Iraq. «Una legge discriminatoria e razzista è stata approvata questa sera dalla Knesset», ha commentato giovedì la deputata del Meretz, Gaby Lasky. Pagine Esteri
Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto il 12 marzo 2022