di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 03 maggio 2022 (nella foto il premier azero Aliyev, il primo ministro armeno Pashinyan e il presidente russo Putin) – Isolata e sanzionata dall’Occidente, la Russia continua a contare in diversi scenari di crisi. A cominciare da quelli a ridosso dei suoi territori. Sarà Mosca, ha annunciato il 21 aprile la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova, a guidare la prossima sessione del gruppo di lavoro tra Armenia e Azerbaigian incaricato di sbloccare le comunicazioni e i trasporti tra i due paesi che nel 2020 hanno combattuto una nuova guerra per la regione del Nagorno-Karabakh. Grazie alla Russia, ha sottolineato Zakharova, Yerevan e Baku sono pronte a incontrarsi a metà strada e a cercare una soluzione pacifica per la regione contesa. Le cose però sono più complicate.
La conseguenza più visibile del conflitto di 44 giorni nel settembre-novembre 2020 non è stata la vittoria di Baku sulle forze armate armene (grazie alle armi ricevute da Turchia e Israele), bensì il ritorno delle truppe russe in Karabakh in qualità di peacekeeper. Quei militari dovrebbero rimanere nella regione per cinque anni ma la loro presenza è destinata a prolungarsi ben oltre. Allo stesso tempo, quanto sia dominante l’influenza russa su quell’area è difficile valutarlo. Già prima della guerra in Ucraina, il conflitto del Karabakh era un campo minato diplomatico dove Mosca si muoveva con difficoltà crescenti. Al contrario delle affermazioni della portavoce Zakharova, la Russia non sembra in grado di imporre da sola una soluzione diplomatica ad armeni ed azeri. E Yerevan, al di là delle dichiarazioni di facciata, non confida più solo nella mediazione del Cremlino, tanto da fare inaspettate aperture a Baku pur di arrivare a un’intesa. Come il via libera preliminare al riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbaigian, con il Nagorno-Karabakh al suo interno, in cambio della garanzia che saranno concessi pieni diritti agli armeni in territorio azero.
La dura reazione degli Stati uniti e dell’Ue all’attacco russo all’Ucraina, ha spaventato l’Armenia che ora guarda con favore a un maggior coinvolgimento nelle trattative dell’Europa che pure sostiene il riconoscimento armeno dei confini del 1991 con l’Azerbaigian. Senza rinunciare però del tutto al peso di Mosca che il primo ministro armeno Nikol Pashinian considera decisivo, specie per la missione di peacekeeping. I rappresentanti di Armenia e Azerbaigian si sono incontrati a Bruxelles il 6 aprile sotto gli auspici del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e hanno concordato il meccanismo per creazione di una commissione per la delimitazione delle frontiere. Il conflitto ha le sue origini nel tardo periodo sovietico, quando i residenti della regione etnicamente armena del Nagorno-Karabakh chiesero a Mosca di separare l’enclave dall’Azerbaigian e di associarla alla repubblica armena. La mossa portò a un aumento del sentimento nazionalista da entrambe le parti e a un conflitto sanguinoso e prolungato.
Secondo Beniamin Pogosian, capo del Centro per la ricerca strategica politica ed economica di Yerevan, restano nodi importanti da sciogliere. Gli Stati Uniti e l’Ue vogliono porre fine al conflitto e ridurre allo stesso tempo l’influenza russa. Il Cremlino da parte sua vuole che il Karabakh faccia parte dell’Azerbaigian e resti allo stesso tempo sotto il controllo russo, imitando l’approccio all’Abkhazia e all’Ossezia del Sud tra il 1994 e il 2008. Poi la Russia cambiò rotta, invase la Georgia e riconobbe i due staterelli separatisti come indipendenti. A Baku i vertici politici, desiderosi di allacciare rapporti economici con l’Ue per motivi legati all’esportazione di gas e petrolio, dubitano del ruolo della Russia e la popolazione azera vuole il ritiro dei peacekeeper perché continuano a lavorare a stretto contatto con gli armeni.
Baku e Yerevan, con interessi opposti, stanno provando manovrare in margini sempre più stretti a causa della guerra in Ucraina. L’Azerbaigian ha preso le distanze da un nuovo accordo di partenariato con la Russia. E ha votato a favore di tutte e tre le risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’Onu di condanna delle azioni di Mosca in Ucraina. L’Armenia, nonostante la sua dipendenza economica e l’alleanza di lunga data con la Russia, cerca di rimanere il più neutrale possibile nella crisi ucraina. Entrambi i paesi intendono evitare le sanzioni secondarie derivanti dal boicottaggio internazionale della Russia. Pagine Esteri