di Antonio Mazzeo –

Pagine Esteri, 13 giugno 2022 – Incroci l’ex villaggio dei Marines USA di Sigonella a Mineo accanto alla superstrada Catania-Gela, pochi chilometri prima dello svincolo verso Caltagirone, città patrimonio dell’umanità per il suo centro storico del tardo-barocco siciliano. Una quindicina di anni fa il Comando di US Navy lo ha abbandonato preferendo trasferire il personale militare e i familiari nei residence più vicini alla grande stazione aeronavale, cuore strategico per le operazioni di guerra USA e NATO in Africa, Europa orientale e Medio oriente. Nel 2011, con i bombardamenti alleati contro le unità fedeli al ras Gheddafi e la fuga di decine di migliaia di rifugiati dall’inferno libico, il villaggio di Mineo è stato convertito nel più grande centro di accoglienza d’Europa: spacciato ipocritamente come hotel a cinque stelle, ha assunto presto le funzioni di lager-laboratorio per sperimentare le moderne pratiche di confinamento, detenzione e deprivazione di diritti e soggettività dei migranti.

Dopo la serie di scandali della malaccoglienza con gli illeciti criminali nella fornitura di beni e servizi, il CARA – Centro Accoglienza Richiedenti Asilo di Mineo è stato chiuso. Oggi però potrebbe risorgere a nuova vita trasformandosi nel primo Cyber Park d’Italia, una specie di hub di ricerca e sviluppo delle tecnologie della nuova frontiera militare-sicuritaria-industriale, copia perfetta della città per le moderne guerre cibernetiche che le forze armate israeliane hanno realizzato in collaborazione con i centri accademici nel deserto del Negev.

Il CARA – Centro Accoglienza Richiedenti Asilo – di Mineo, Sicilia

Il 28 luglio 2021 il Parlamento italiano ha convertito in legge il decreto del Presidente del Consiglio (Mario Draghi) recante le disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza, tra cui l’istituzione dell’Agenzia per la Cybersecurity Nazionale. A fine maggio 2022 il direttore dell’Agenzia Roberto Baldoni (già vicedirettore del DIS-Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per la sicurezza della Repubblica Franco Gabrielli (già direttore del Sisde e dell’Aise ed ex capo della polizia) hanno presentato la Strategia Nazionale di Cybersicurezza 2022-2026 e il relativo Piano di implementazione. Un programma di alta rilevanza politico-strategica ma soprattutto dispendiosissimo: al sistema cybersecurity saranno destinati l’1,2% degli investimenti lordi su base annua, più i fondi che l’Autority riuscirà ad intercettare dalle linee finanziarie che l’Unione europea ha messo a disposizione per il potenziamento del comparto cibernetico e della digitalizzazione (Orizzonte Europa con 95,5 miliardi di euro ed Europa digitale con 7,59 miliardi). “A questi bacini – annota Formiche.net – si aggiunge lo stanziamento di 623 milioni di euro per l’innovazione e la sicurezza cibernetica all’interno del PNRR, divisi tra servizi cyber nazionali (174 milioni), potenziamento della resilienza cyber della Pubblica Amministrazione (301.7) e fondi ai laboratori di scrutinio e certificazione tecnologica (147.3)” (1).

Tra i punti chiave per “cybersicurizzare” l’Italia, la Strategia Nazionale 2022-2026 prevede in particolare l’istituzione di un Cyber Park che – riporta letteralmente il documento varato dal governo – “metta a sistema competenze e risorse provenienti dalla Pubblica Amministrazione, dall’industria e dal mondo accademico e della ricerca, fornisca tutte le infrastrutture tecnologiche necessarie allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo nell’ambito della cybersecurity e delle tecnologie digitali quali, a titolo di esempio, l’intelligenza artificiale, il quantum computing & cryptography e la robotica”. Grazie al Cyber Park il nostro paese dovrebbe conseguire nel tempo una “maggiore autonomia” in campo cibernetico, “sostenendo lo sviluppo e la produzione di software e hardware nazionali da impiegare nelle reti e nei sistemi di maggiore rilevanza strategica”. Il Parco opererà come un vero e proprio incubatore di capacità e tecnologie, “al cui interno giovani talenti e startup possano entrare in contatto con le grandi aziende e con le diverse realtà nazionali che, a vario titolo, operano nel settore”. Nelle aspirazioni del governo e dell’Autorità competente, il Parco nazionale della cybersicurezza dovrebbe disporre di una “struttura diffusa” con hub centrale e centri delocalizzati distribuiti sull’intero territorio nazionale. Il Piano individua i soggetti chiamati a progettarlo e a realizzarlo: quali “attori responsabili” l’Agenzia per la Cybersicurezza, il Ministero della Difesa (ricerca militare) e altri tre dicasteri (Innovazione tecnologica e transizione digitale, Economia e finanze, Sviluppo economico); “altri soggetti interessati” le Regioni e le Province autonome, gli Atenei, i Centri di ricerca e gli operatori privati. (2)

In pole position per fare da sede al futuro Cyber Park c’è l’ex villaggio USA di Mineo. Il 24 ottobre 2019 il secondo Governo presieduto da Giuseppe Conte ha approvato un ordine del giorno presentato dal Presidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, l’on. Gianluca Rizzo (siciliano, M5S), sostenuto dalla firma di altri 44 deputati di differenti gruppi parlamentari, impegnandosi “a considerare prioritariamente, nell’ambito della promozione della costituzione delle aree dedicate allo sviluppo dell’innovazione, l’idoneità del sito dell’ex CARA di Mineo, in ragione delle peculiarità dell’area”.

“Con il mio ordine del giorno ci poniamo l’obiettivo di valorizzare il calatino realizzando un hub di formazione e reclutamento di personale per lo sviluppo di attività industriali sulla sicurezza cibernetica, l’Intelligenza artificiale, la robotica, le nanotecnologie e le biotecnologie”, spiega l’on. Rizzo. “La struttura potrebbe essere un formidabile volano di sviluppo, visto che mira ad integrare giovani, startup e aziende nel campo della cybersicurezza, un settore che col passare degli anni è diventato sempre più strategico anche a conferma di quanto sta accadendo in questo periodo storico”.  (3) La proposta dell’on. Rizzo è condivisa pure dai colleghi di partito Valentina Corneli e Angelo Tofalo (quest’ultimo ingegnere con master in Intelligence e sicurezza e sottosegretario alla Difesa nel 1° e 2° governo Conte) firmatari di un emendamento che affida all’Agenzia Nazionale la promozione di “aree dedicate allo sviluppo dell’innovazione finalizzate a favorire la formazione e il reclutamento di personale nei settori avanzati dello sviluppo della cybersicurezza”. (4)

In verità il fronte che spinge verso la trasformazione cyber-sicuritaria del comprensorio di Mineo e Caltagirone è molto più ampio e variegato. Tra i più convinti sostenitori del National Cyber Park in salsa sicula è l’associazione “Laran” che opera come think tank nel settore difesa e sicurezza, geopolitica, protezione civile, energia e risorse. Fondata nel 2018, “Laran” si propone come “risorsa per decisori politici, funzionari governativi, enti pubblici e aziende per aiutarli a compiere le giuste scelte sulla politica internazionale e di sicurezza e sui programmi di procurement dei sistemi d’arma”.

All’ipotesi Mineo “Laran” ha dedicato un documento pubblicato il 28 ottobre 2021. “Il sito siciliano, con oltre 6.000 m2 di edifici polifunzionali, 404 unità immobiliari destinate a unità residenziali e ben 85.000 m2 di verde pubblico attrezzato, si trova in una posizione ideale per la realizzazione del parco cibernetico grazie alla vicinanza con i poli universitari siciliani e calabresi, alle infrastrutture militari di Sigonella e Augusta e all’area industriale di Catania, città dove è presente anche uno dei nodi della rete nazionale a banda ultralarga (200 Gbps) GARR (Gruppo per l’Armonizzazione della Rete della Ricerca)” spiega l’associazione. “Se il progetto sarà effettivamente avviato dal Governo, l’Italia potrà dotarsi di una struttura strategica per implementare la propria sicurezza cibernetica attraverso la valorizzazione delle capacità e risorse nazionali in questo settore chiave, sul modello di quanto fatto dal CyberSpark di Be’er Sheva, che ha portato Israele a divenire in pochissimi anni uno dei principali poli mondiali in ambito cyber”. (5)

Evento dedicato al CyberSpark, realizzato da Israele nel deserto del Negev

Soci fondatori del think tank che vuole replicare in Sicilia il modello made in Israel di guerra alle minacce cibernetiche sono il direttore editoriale della rivista Panorama Difesa Riccardo Ferretti e gli ex parlamentari Tatiana Basilio e Massimo Artini. Di “Laran” la Basilio è presidente mentre Artini è segretario/tesoriere; eletti entrambi con il Movimento 5 Stelle nella scorsa legislatura, la prima ha ricoperto l’incarico di Capogruppo in Commissione difesa, mentre il secondo è stato vicepresidente della stessa e dopo il passaggio al gruppo Alternativa Libera è stato nominato pure membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni. Nel comitato scientifico di “Laran” compaiono anche tre ex generali dell’Aeronautica militare: Maurizio Lodovisi (già Capo del 4° Reparto di SegreDifesa in qualità di direttore responsabile di tutti i programmi di armamento), Francesco Langella (già a capo della Direzione Armamenti e del Genio Aeronautico) e Gianni Spaziani (comandante in diverse missioni italiane all’estero in ambito Nato). Collaboratori scientifici anche due docenti universitari di psicologia, i professori Giovanni Costanza (“La Sapienza” di Roma) e Monia Vagni (ateneo di Urbino e collaborazioni con l’Institute for National Strategic Studies, National Defense University di Washington), nonché l’ingegnere Fabrizio D’Ambrogio, già project manager nel settore intelligence e guerra elettronica presso diverse aziende del Gruppo Finmeccanica (oggi Leonardo) e in Vitrociset S.p.A.

Un importante contributo a supporto della conversione dell’ex CARA di Mineo in Cyber Park è giunto pure dall’autorevole sito specializzato AgendaDigitale.Eu. In un articolo pubblicato il 28 ottobre 2021, l’analista informatico Lorenzo Damiano e l’ingegnere elettronico Luisa Franchina spiegano che la posizione dell’hub cibernetico a Mineo “a cavallo tra l’Europa e il Mediterraneo e già interessata da università e infrastrutture di trasporto, lo renderebbe sicuramente appetibile per imprese e studenti dei diversi Paesi che lo circondano, seguendo l’esempio di Be’er Sheva che è passata da area brulla e inutilizzata a principale hub cyber mondiale”. Insomma una soluzione-miracolo per strappare al deserto socio-economico e culturale una delle aree più depresse del Mezzogiorno d’Italia, sulla scia di Israele, definito lo “Stato pioniere” nella realizzazione dei Cyber Park. “L’esempio è Be’er Sheva, nato nel 2014 su iniziativa dell’Israel National Cyber Bureau per realizzare un ecosistema che mettesse in diretta collaborazione l’Università Ben Gurion del Negev, le Forze Armate israeliane, le Istituzioni impegnate nella protezione delle infrastrutture cyber quali il CERT nazionale e il mondo delle imprese”, aggiungono Damiano e Franchina. “In un’area fino a poco tempo fa dominata dal deserto è stata fondata un’intera città ad alto tasso tecnologico che ruota proprio attorno al CyberSpark, unendo il mondo della ricerca e imprese del settore, molte delle quali hanno deciso di aprirvi proprie sedi locali, e che nel 2016 ha raccolto circa il 20% degli investimenti globali nel settore cyber. La necessità di creare un tale luogo di aggregazione nasceva dal riconosciuto impegno che sarebbe stato richiesto al sistema Paese per fronteggiare le numerose minacce cyber derivanti dal massiccio sviluppo e adozione di nuove tecnologie. La difesa di un perimetro così vasto non poteva che passare dalla convergenza degli sforzi di tutti gli attori interessati…”. (6)

L’ingegnere Luisa Franchina (master in geopolitica del Centro Alti Studi Difesa e  qualifica militare presso la Scuola Interforze per la difesa di Rieti), già direttrice generale della Segreteria per le Infrastrutture Critiche della Presidenza del Consiglio e del Nucleo Operativo per gli attentati nucleari, biologici, radiologici e chimici della Protezione Civile, è una degli “esperti” dell’associazione CyberArea, insieme ai già conosciuti Massimo Artini e Fabrizio D’Ambrogio; all’avvocato Stefano Mele (settore d’intervento la Privacy & Cybersecurity Law, nonché consulente legale del Cda di “NEOM, la smart region  in via di realizzazione in Arabia Saudita e presidente della Commissione sicurezza cibernetica del Comitato Atlantico Italiano); a Edoardo Colombo, già consigliere della task force per l’Agenda Digitale e consigliere di amministrazione dell’Agenzia per la diffusione delle tecnologie dell’innovazione.

Presidente di CyberArea è Robert Hassan, pure consigliere di amministrazione di SOCYB S.r.l. azienda controllata dal Gruppo Italpol, uno dei principali attori della vigilanza privata in Italia (2.500 dipendenti, un fatturato annuo di oltre 100 milioni di euro e sedi in Lazio, Lombardia, Campania e Sardegna). Anche Hassan, intervistato da Formiche.net, ha espresso il proprio favore all’opzione Mineo: “Si tratta di un progetto che riguarda non solo la riqualificazione innovativa di spazi spesso inutilizzati ma soprattutto per portare a regime la collaborazione tra imprese, istituzioni e sistema universitario”. (7) Al presidente di CyberArea è stato affidato l’incarico dalla transnazionale “HackerU” di aprire un proprio ufficio di rappresentanza in Italia. Di che si tratta? Di una vera e propria “università hacker”: ideata a Tel Aviv negli anni ’90 da Gil Adani, uno dei maggiori esperti israeliani di cybersecurity e tecnologie digitali, “HackerU” ha oggi sede a Miami (Florida) e uffici in numerosi paesi di Europa e Asia che forniscono alle università e istituzioni pubbliche e private pacchetti formativi per la “difesa cibernetica” (oltre 80.000 gli studenti-esperti cyber già formati). (8)

L’israelizzazione dell’intero sistema cyber italiano è propugnata infine dall’ANGI (Associazione Nazionale Giovani Innovatori) che raccoglie ricercatori e operatori per le nuove tecnologie e la digitalizzazione. Lo scorso 28 aprile l’ANGI ha promosso a Roma l’Innovation Cybersecurity Summit a cui hanno partecipato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, i manager di alcuni dei più importanti gruppi del comparto militar-sicuritario (Telsy, Bip Cybersec, SOCYB-Gruppo Italpol; Leonardo SpA) e alcune tra le massime autorità istituzionali su difesa e sicurezza (il sottosegretario Giorgio Mulè; il Capo ufficio generale Innovazione dello Stato Maggiore della Difesa, Gaetano Virgilio; la vicedirettrice del DIS–Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, Alessandra Guidi; la vicedirettrice dell’Agenzia per la Cybersicurezza, Nunzia Ciardi; il presidente Copasir, Adolfo Urso)”. Nel corso dell’evento, l’ANGI ha presentato il proprio Manifesto per la Cybersicurezza“ atto a promuovere la costituzione, in Italia, di un soggetto ispirato al modello del Cyberspark israeliano, e migliorare la qualità della ricerca e sviluppo, dei livelli di sicurezza cibernetica e della competitività dell’economia italiana. (9)

Innovation Cybersecurity Summit, Roma, promosso dall’ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori

Quella che enfaticamente viene presentata come la panacea buona per tutti i cybermali, l’Advanced Technologies Park di Be’er Sheva nel Negev è forse oggi l’emblema più evidente (e più impattante dal punto di vista socio-ambientale-territoriale) del processo di militarizzazione che ha ormai soffocato quasi tutti i settori produttivi e la ricerca accademica e scientifica in Israele. Una più realistica descrizione delle sue funzioni bellico-sicuritiarie viene fatta da BDS Italia nel dossier Embargo militare contro Israele. “Nel Parco tecnologico realizzato accanto al campus dell’Università del Negev hanno aperto propri uffici decine di società israeliane (tra esse, nel 2019, ancora il colosso aerospaziale militare Rafael con propri laboratori di ricerca nel settore dei sistemi a pilotaggio remoto) e straniere come IBM, Cisco, PayPal, Deutsche Telekom e Lockheed Martin”, scrive BDS Italia. “Nel giugno 2018 il Dipartimento d’Ingegneria meccanica dell’Università è stato preposto a coordinare il programma di trasferimento delle unità d’élite d’intelligence delle forze armate israeliane in una megainfrastruttura in via di realizzazione accanto all’Advanced Technologies Park. Per la realizzazione della nuova base strategica (che diverrà operativa entro il 2023) è prevista una spesa di 6,4 miliardi di dollari. In essa sorgerà pure un centro per il personale della difesa cyber (C4I – Command, control, communications, computers and intelligence). Corpo d’élite del nuovo centro d’intelligence di Be’er Sheva sarà la Unit 8200, l’unità militare che è considerata un vero e proprio tech incubatore d’eccellenza. L’unità opera da tempo in stretto contatto con enti statunitensi come la National Security Agency (NSA); nel 2010 ha cooperato ad una delle più gravi operazioni di cyber war della storia, quella contro gli impianti nucleari iraniani di Natanz e, successivamente, contro l’industria petrolifera di Teheran”.

Nel Cyber Park di Be’er Sheva sta per sorgere anche un laboratorio su fintech e cyber security (Finsec Lab) grazie alla partnership tra l’italiana Enel X e il colosso statunitense Mastercard Group. Nel maggio 2020 le due aziende si sono aggiudicate una gara di circa 3,4 milioni di euro, con fondi quasi interamente coperti dall’Autorità per l’innovazione, il Ministero delle Finanze e il National Cyber Directorate di Israele. (11) Denaro pubblico, affari e incassi per i privati. Prossima replica Mineo, Sicily.

 

Note