di Valeria Cagnazzo*

Pagine Esteri, 5 dicembre 2022 – Per tre giorni a partire da oggi uno sciopero generale bloccherà le attività commerciali in Iran. A indirlo sono stati nella giornata di ieri gli attivisti che da oltre undici settimane a questa parte portano avanti le proteste che stanno infiammando il Paese. La rabbia per il decesso di Mahsa Amini, ventiduenne di origine curda morta il 16 settembre in una stazione di polizia dopo l’arresto perché non indossava bene il velo, non si è ancora sedata. I manifestanti intanto non allentano la pressione sul governo. Per i prossimi tre giorni, oltre a invitare i commercianti a tenere abbassate le serrande dei loro negozi, chiedono alla popolazione di boicottare qualsiasi attività economica. L’apice di queste giornate dovrebbe essere raggiunto mercoledì 7 dicembre, con una protesta di massa in occasione della visita del Presidente Ebrahim Raisi all’Università di Teheran per le celebrazioni della “Giornata dello studente”.

Quando a metà settembre gli iraniani si sono lanciati in strada in segno di protesta per la presunta uccisione di Amini, nessuno avrebbe previsto che le manifestazioni si sarebbero protratte per oltre due mesi mettendo il Paese a ferro e fuoco con una delle più grandi insurrezioni popolari dalla rivoluzione khomeinista del 1979.

Mahsa Amini si trovava a Teheran in visita a suo fratello quando la “polizia della moralità”, l’organo del governo che si occupa di vigilare sulla condotta e sull’abbigliamento degli iraniani, l’ha arrestata perché il suo velo copriva la tua testa in maniera blanda, lasciando scoperti i capelli sulla fronte. Due ore dopo, la ragazza, che nella sua famiglia veniva chiamata con il suo nome curdo Jina (pronunciato Zhina), secondo quanto riferito dalle autorità avrebbe avuto un infarto e una crisi epilettica nella stazione di polizia dove era stata condotta. Dopo tre giorni di coma, la studentessa è morta nell’Ospedale Kasra di Teheran, secondo i familiari per le torture subite durante l’arresto.

Nel Paese gli arresti e le violenze della polizia della moralità in nome del rispetto della “sharia” sono all’ordine del giorno, e forse proprio per questo l’uccisione di Mahsa Amini è finita per scatenare un’indignazione inedita. “Chiunque avrebbe potuto essere al suo posto”, hanno commentato gli attivisti sui social. Dal 16 settembre, per le strade le fila dei manifestanti contro il governo di Raisi e contro i suoi bracci armati continuano a ingrossarsi, le donne sfilano accanto agli uomini togliendosi il velo e dandogli fuoco e su Twitter si sono tagliate i capelli “per Mahsa”.

L’esito delle proteste è un fiume di sangue. Secondo l’agenzia HRANA (Human Rights Activist News Agency), da settembre al 3 dicembre almeno 470 manifestanti sarebbero stati uccisi dalla polizia. Tra di loro, ci sarebbero 64 minorenni. I poliziotti uccisi sarebbero al momento 61. Oltre alla mattanza di attivisti, ingenti sono stati anche gli arresti. Sempre secondo HRANA, 18.210 manifestanti sarebbero finiti dietro alle sbarre per aver partecipato alle proteste o per aver espresso critiche online nei confronti del governo.

Un governo che ha smesso di negare l’entità della crisi che l’ha travolto e che sabato scorso ha ammesso, nella persona del Ministro dell’interno, che nelle proteste degli iraniani ci sarebbero state numerose vittime, circa 200 persone secondo le sue stime. Poco più tardi, si sarebbe persino spinto oltre.

E’ di sabato 3 dicembre, infatti, la notizia che la polizia morale iraniana sarebbe stata abolita. A rilanciarla, tra gli altri, Reuters e Al Jazeera, per quanto finora non siano ancora giunte conferme ufficiali da parte del governo di Teheran. Un esito inaspettato e probabilmente insperato anche da parte di gran parte dei manifestanti che da due mesi e mezzo rischiano la vita chiedendo diritti e libertà.

Ad annunciarlo sarebbe stato il Procuratore Generale Mohammad Jafar Montazeri, durante un evento sulla “guerra ibrida nelle recenti rivolte”. Secondo l’agenzia Iranian Labor Agency, intervistato a proposito della polizia morale avrebbe risposto “E’ stata la stessa autorità che l’ha fondata a smantellarla”. Il ministero dell’interno, che è l’organo che effettivamente controlla il corpo dei poliziotti morali, non ha al momento rilasciato né conferme né smentite. Montazeri si sarebbe premurato poi di aggiungere che l’autorità giudiziaria avrebbe continuato a vigilare sulla condotta morale della popolazione.

Sul corpo delle donne iraniane il governo vigila con rigore sin dalla rivoluzione dell’ayatollah Khomeini. E’ contro di lui soprattutto che la folla si scagliava nel giorno del funerale di Mahsa Amini, come principale responsabile della morte della ragazza. Qualsiasi trasgressione da allora può essere punita con l’arresto e con qualunque forma di violenza e di tortura. E’ solo sotto il governo di Mahmoud Ahmadinejad nel 2006, però, che è stato formalmente istituito un corpo di polizia a se stante deputato esclusivamente al controllo del rispetto delle leggi comportamentali della sharia.

La cosiddetta “polizia della moralità”, “Gasht-e-Ershad” in persiano, da allora controlla che le donne indossino adeguatamente il velo, ovvero senza lasciare scoperti i capelli, e che i loro abiti non lascino intuire le forme del loro corpo e le loro maniche coprano le braccia fino ai polsi. Vigila, inoltre, anche sul consumo di alcool, sulle effusioni in pubblico, sugli incontri di uomini e donne che non siano imparentati tra di loro. Ciascuna di queste azioni può comportare una multa o addirittura la detenzione, e sempre più testimonianze negli anni hanno riferito di torture e violenze da parte dei poliziotti morali ai danni delle donne, dentro e fuori le stazioni di polizia.

Diverse proteste e mobilizzazioni social della società civile iraniana hanno provato negli ultimi anni a contestare l’utilizzo di questo strumento di violenza per reprimere i diritti delle donne iraniane e non solo e, in generale, l’imposizione dell’hijab. Nel 2016, era stata creata addirittura una app per android, “Gershad”, per aiutare le donne a evitare la “polizia della moralità”, segnalando i siti di pattugliamento su una mappa virtuale.

Sul sito di Play Store, nelle informazioni della app, i cui programmatori sono rimasti anonimi, si legge “Gershad è una mappa di diverse città dell’Iran, insieme a informazioni aggiornate sugli ultimi luoghi in cui è presente la pattuglia dell’Irshad. Osservando la mappa della città in cui vivi, puoi scegliere percorsi che hanno meno probabilità di essere presidiati. Allo stesso tempo, quando ti imbatti in una visita guidata in una parte della città, puoi facilmente segnare la sua posizione a Gershad in pochi secondi e salvare altri cittadini dall’essere intrappolati”. L’app fu bloccata poco dopo il suo lancio.

Adesso ad essere bloccata sarebbe stata finalmente la “polizia della moralità”, al prezzo di centinaia di morti e migliaia di arresti. Secondo molti attivisti, tuttavia, questa presunta “soppressione” potrebbe equivalere semplicemente a un atto “formale” mirato a distrarre l’opinione pubblica internazionale, che aveva condannato negli scorsi mesi la repressione delle manifestazioni in Iran e l’utilizzo della violenza per imporre il velo. L’organismo potrebbe, di fatto, ricostituirsi con un nuovo nome, o le sue “competenze” essere affidate ad altre forze di polizia.

Nessuno, d’altronde, ha annunciato che le donne iraniane saranno liberate dall’imposizione del velo in pubblico, hanno osservato diversi attivisti in rete. Non è solo contro il velo o la polizia della moralità, d’altronde, che stanno protestando da settembre, hanno osservato in molti, ma per porre fine al regime islamico in Iran. La notizia dell’abolizione del corpo di polizia potrebbe comportare quindi un grave danno all’esito delle loro manifestazioni, piuttosto che avere i risvolti positivi che dall’osservatorio occidentale sembrerebbe avere.

Lo smantellamento delle pattuglie dell’Ershad potrebbe essere soltanto lo specchietto per le allodole progettato dal governo di Raisi per allontanare gli occhi internazionali dalle strade insanguinate dall’Iran, temono gli attivisti. Un atto pseudo-liberale per convincere delle buone intenzioni del regime. La ratifica della sospensione, transitoria o meno, dei poliziotti della moralità rischierebbe in tal caso di avere come unico effetto quello di spegnere drammaticamente i riflettori sui volti delle donne e degli uomini che in Iran invocano la caduta del governo, condannandoli alla repressione più violenta nel silenzio del mondo. Pagine Esteri

*Valeria Cagnazzo (Galatina, 1993), praticante pubblicista, è un medico in formazione specialistica in Pediatria a Bologna. Come medico volontario è stata in Grecia, Libano ed Etiopia. Ha pubblicato libri di poesie ottenendo numerosi riconoscimenti e premi.