di Antonio Mazzeo
(foto di Jose Antonio – Wikimedia Commons)
Pagine Esteri, 7 marzo 2023 – Quattordici superconsulenti “a titolo gratuito” del ministro Guido Crosetto, giornalisti, docenti universitari e manager industriali, per dar vita a un “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa”. Numerose testate nazionali hanno rilanciato la notizia dell’istituzione, lo scorso 21 febbraio, di quello che è già stato definito – erroneamente – il think thank personale di Crosetto. “Un gruppo di pensiero personale del ministro della difesa”, riporta Il Fatto Quotidiano, affinché le tematiche militari siano note, discusse e condivise dalla società italiana. “Ma a cosa servirà questo nuovo Comitato?”, domanda il Fatto. “Ci spiega una fonte della Difesa: Spesso si pensa che la Difesa sia solo forze armate, ma non è così. L’idea è che il mondo della Difesa riguarda tecnologia, industria, cultura, geopolitica. Si organizzeranno seminari, incontri, si elaboreranno documenti, direttive e proposte che verranno comunicate al ministro. E sia chiaro, i membri del Comitato lo fanno tutti gratis e con un approccio totalmente indipendente”.
La scarsissima attenzione dei media e dell’opinione pubblica al dilagante processo di penetrazione delle forze armate e delle industrie del comparto militare nel tessuto sociale, culturale ed economico del paese, e particolarmente nel mondo dell’istruzione di ogni ordine e grado e della ricerca accademica
Bisogna comunque attendere il settembre 2014 perché la partnership tra istituzioni scolastiche e apparato militare venga formalizzata in ambito nazionale: le allora ministre all’Istruzione Stefania Giannini e alla Difesa Roberta Pinotti firmavano un Protocollo d’Intesa per favorire l’approfondimento della Costituzione italiana e dei principi della Dichiarazione universale dei diritti umani, in riferimento all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. I due dicasteri s’impegnavano a “sensibilizzare la porzione più giovane della popolazione su un tema così toccante quale è il centenario della 1^ Guerra Mondiale”, organizzando incontri e conferenze “durante le quali i militari, oltre a illustrare i fatti storici che la caratterizzarono, spiegheranno ai ragazzi il fondamentale ruolo delle Forze Armate a difesa della democrazia”. Istruzione e Difesa concordavano altresì di “attivare nelle scuole un focus sulla funzione centrale che la Cultura della Difesa ha svolto e continua a svolgere a favore della crescita sociale, politica, economica e democratica del Paese”. Con una circolare del 15 dicembre 2015, il MIUR elencava i percorsi progettuali da affidare alle forze armate contemplando quasi tutti i campi didattico-disciplinari: dalla storia alle scienze, dalle nuove tecnologie al diritto, dallo sport alla geografia politica, ecc..
Come abbiamo visto, l’accordo MIUR-FFAA enfatizzava il concetto di Cultura della Difesa, non nuovo in ambito militare e sicuritario, ma ignoto al mondo scolastico e della formazione. Per comprenderne in parte il significato bisogna andare al testo della legge n.124 del 2007 con cui sono stati “riformati” i servizi segreti. Tra gli obiettivi della nuova architettura d’intelligence nazionale viene specificato quello di “far crescere la consapevolezza per i temi dell’interesse nazionale, e della sua difesa, in tutte le declinazioni che esso assume di fronte alle sfide della globalizzazione e alle minacce transnazionali che arrivano dentro il sistema Paese mettendo a rischio la sua integrità patrimoniale e industriale, la sua competitività, la sicurezza delle sue infrastrutture e dei sistemi informativi”. In verità i riferimenti della legge sono alla Cultura della Sicurezza e l’organo preposto alla sua definizione è il nuovo Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), che sovrintende alle attività delle due agenzie d’intelligence, l’AISE per la “sicurezza esterna” e l’AISI per quella “interna”. “Il DIS deve essere in continuo contatto con il sistema educativo nazionale, dalle scuole superiori alle università, e con tutti coloro che si occupano a vario titolo di intelligence e contribuiscono alla creazione di una via nazionale per la diffusione della cultura della sicurezza”, specifica la legge n.124/2007. Nei fatti viene sancita la cooptazione del sistema scolastico e accademico all’interno degli apparati sicuritari e militari riproducendo il modello implementato in quei paesi che hanno fatto della guerra l’essenza stessa della propria esistenza (Israele, petromonarchie, ecc.).
Perché la Cultura della Difesa diventi argomento di analisi e confronto tra gli strateghi militari per poi essere assunto acriticamente dalla politica si è dovuto attendere qualche tempo. Con il secondo governo Conte e l’inedita coalizione Pd-M5S e partititi satelliti, per la diffusione della Cultura della Difesa e della Sicurezza è stato perfino delegato un sottosegretario di Stato, l’on. Angelo Tofalo, ingegnere progettista nei settori delle telecomunicazioni strategiche e della videosorveglianza e un master in Intelligence e Security alla Link Campus University di Roma. Con lo Stato maggiore della Difesa e il Segretariato generale della Direzione nazionale armamenti, il ministro del tempo Lorenzo Guerini e il sottosegretario Tofalo hanno avviato un ciclo di conferenze itineranti per spiegare la Cultura della Difesa all’interno di università e centri di ricerca. “L’obiettivo è quello di facilitare i cittadini a comprendere i temi di interesse strategico per la Difesa, acquisire sistemi ed equipaggiamenti per le forze armate, valorizzare le capacità dell’industria nazionale e sostenere la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica”, spiega il Ministero. Si punta cioè ad estendere a tutte le fasce sociali e generazionali l’incondizionato consenso per le forze armate, le missioni di guerra internazionali e il complesso militare-industriale affinché i cittadini siano disponibili a sempre maggiori sacrifici in termini di tagli salariali e accesso ai servizi sociali. Tutto ciò con lo scopo d’indirizzare sempre più risorse finanziarie pubbliche alla produzione e all’acquisto di armi tecnologicamente avanzate. “Invito tutti ad essere attori di uno sforzo comune per far crescere la Cultura della Difesa e la consapevolezza del ruolo che riveste per il Sistema Paese”, ha poi dichiarato il ministro Guerini ad un convegno promosso dalle maggiori aziende aerospaziali e dal Centro Alti Studi della Difesa. “Dobbiamo intraprendere tutti gli sforzi necessari per avviare un percorso teso ad incrementare gli investimenti e allineare, progressivamente, il rapporto budget Difesa–PIL alla media degli altri Alleati europei. Le risorse destinate alla Difesa devono essere viste come uno straordinario volano economico”. La Cultura della Difesa assolve anche la funzione di sensibilizzare i cittadini sulle”minacce” onnicomprensive alla sicurezza, anche perché essi possano assolvere a compiti di controllo e vigilanza. Su chi e cosa l’ha spiegato lo Stato maggiore in un convegno del 23 gennaio 2020: “attori non militari (civili, operatori di agenzie governative e non, operatori dei mass media e combattenti regolari e irregolari); uso indiscriminato e terroristico di qualsiasi strumento di offesa da parte di soggetti non-statuali; sfruttamento della dimensione del cyberspazio; uso della propaganda tramite i new media per acquisire il controllo delle opinioni; possibile uso di armi CBRN (chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari), ecc..
In seguito gli incontri per diffondere la Cultura della Difesa e i “valori delle forze armate” sono stati estesi a numerose scuole secondarie di primo e secondo grado, mentre sono sempre meno quelle che inseriscono qualsivoglia riferimento alla cultura della pace nei piani dell’offerta formativa.
Il segretario è Filippo Maria Grasso, un passato in Pirelli e da anni a capo delle relazioni istituzionali di Leonardo, il colosso militare controllato dallo Stato. I membri del Comitato invece spaziano in vari settori. Non poteva mancare Gianni Riotta. A fargli compagnia ci sarà anche Angelo Panebianco, editorialista che qualche tempo fa sulle colonne del Corriere della Sera Scorrendo la lista dei membri di questo nuovo think tank della Difesa poi ci sono: Giulio Anselmi, presidente dell’agenzia di stampa Ansa, lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco (voce che fa stecca nel coro filo-Nato), Anna Coliva, storica d’arte per 25 anni alla guida della Galleria borghese di Roma prima come ispettore storico dell’Arte, poi funzionario delegato alla direzione del museo e dal 2016 direttore generale. Ci sono anche il direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini e Pier Domenico Garrone “consigliere del ministro per le tematiche correlate alla comunicazione istituzionale e le strategie per valorizzare la cultura della difesa”, si legge nel decreto del 21 febbraio. E poi c’è il mondo delle università: Michèle Roberta Lavagna, ordinaria al Politecnico di Milano, dipartimento di scienze e tecnologie aerospaziali; Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di relazioni internazionali a Scienze Politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e cultore dell’atlantismo più spinto e Antonio Zoccoli, professore ordinario all’università di Bologna e presidente dell’Associazione Big Data.
E infine ci sono anche Giancarlo Leone (figlio dell’ex presidente della Repubblica), presidente dell’associazione produttori televisivi e Angelo Maria Petroni, in passato membro del cda della Rai (dal 2003 al 2012) e editorialista del Wall Street Journal Europe e de Il Sole 24 Ore, dal 2007 Segretario generale Aspen Institute, uno dei più prestigiosi think tank americani il cui distaccamento italiano è presieduto da Giulio Tremonti e che dal 2021 ha tra i soci anche colei che di lì a poco sarebbe diventata la premier, Giorgia Meloni. Pagine Esteri