di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 31 maggio 2023 – I sondaggi davano i due principali partiti appaiati, uno scenario tollerabile per i socialisti al potere. Ma i risultati delle elezioni regionali e municipali di domenica in Spagna hanno consegnato una netta vittoria al Partito Popolare, provocando un vero e proprio terremoto politico.

Il premier manda la Spagna al voto anticipato e spera nel miracolo
Lunedì, a sorpresa, il primo ministro Pedro
Sánchez ha infatti annunciato lo scioglimento delle camere e l’indizione di elezioni anticipate per il 23 luglio.
«Molti presidenti dalla gestione impeccabile hanno smesso di esserlo. Tutto ciò rende opportuno che gli spagnoli facciano chiarezza sulle forze politiche che dovrebbero guidare questa fase. La cosa migliore è che gli spagnoli possano dire la loro nel definire la direzione politica del Paese», ha spiegato il premier.
Il leader socialista spera, anticipando il voto da dicembre a luglio, di costringere alla mobilitazione almeno parte dell’elettorato progressista che domenica si è astenuto o ha “disperso” il voto, obbligandolo ad una scelta di campo netta per evitare di consegnare il paese ad uno schieramento di destra che non comprende solo i postfranchisti del Partito Popolare, ma anche gli estremisti di Vox. Tra qualche settimana sapremo se l’azzardo di Sánchez si sarà rivelato vincente, o se invece la trasformazione delle legislative in un referendum pro o contro l’attuale maggioranza di governo consegnerà una vittoria ancora più netta alle forze reazionarie.

Netta vittoria del PP
La destra di Feijóo ha intanto ottenuto il 31,5% e 7.055.000 voti; un balzo in avanti, rispetto alla precedente tornata, di ben 1 milione e 800 mila consensi, nonostante il leggero calo nell’affluenza generale che domenica è stata del 63,9% (l’1,3 in meno rispetto al 2019).
Il Partito Popolare è riuscito a espugnare 15 dei 22 capoluoghi in ballo, compresi molti tradizionali feudi socialisti. La destra ha ottenuto la maggioranza assoluta sia a Madrid che nella regione della capitale e si è piazzata in testa a Malaga, Almeria, Cadice, Cordoba, Granada, Murcia, Oviedo, Santander, Teruel, Logrono, Badajoz, Salamanca, Valencia, Siviglia, Valladolid, Castellòn e Palma. In Andalusia, il Pp ha vinto in tutti i capoluoghi tranne che a Jaen. In Castiglia La Mancia, dove il Psoe governava i cinque capoluoghi, il Pp può ora assumere il controllo a Toledo, Ciudad Real, Guadalajara e Albacete. Feijóo ha ottenuto buoni risultati anche nelle città catalane, terreno da sempre difficile per la destra spagnola.

Isabel Díaz Ayuso (PP), presidente della Comunità di Madrid

I socialisti arretrano, le sinistre si leccano le ferite
Il Psoe si è fermato invece al 28,1% e a 6.292.000 voti, perdendo centinaia di città e sei comunità autonome. È andata anche peggio alle forze politiche a sinistra dei socialisti, con Podemos (alleato quasi ovunque con Izquierda Unida, i verdi e liste progressiste locali) che ottiene il peggior risultato della sua storia. Le alleanze di sinistra escono da molti consigli comunali e regionali non riuscendo spesso a superare la soglia di sbarramento del 5% ad esempio né a Madrid né a Valencia. Anche la lista della sindaca uscente di Barcellona, Ada Colau, si è piazzata solo terza.
Il netto ridimensionamento di Podemos e l’anticipo delle elezioni a fine luglio obbligherà probabilmente il partito fondato da Pablo Iglesias ad accettare obtorto collo la confluenza nella piattaforma Sumar promossa dalla Ministra del Lavoro Yolanda Diaz, alla quale hanno già aderito la maggior parte delle forze di sinistra, ecologiste e di centrosinistra del paese.

L’eccezione basca a galiziana
L’unico risultato in controtendenza per le sinistre – ma stavolta quelle indipendentiste – si è registrato nei Paesi Baschi/Navarra e in Galizia. Nel primo caso EH Bildu ha aumentato in maniera consistente i consensi, scavalcando in alcuni casi il centrodestra del Partito Nazionalista Basco e riuscendo ad espugnare un certo numero di città (per la prima volta Vitoria-Gasteiz) e la provincia di Donostia e crescendo in Navarra. La sinistra indipendentista basca ha ottenuto il buon risultato nonostante la polemica suscitata, durante la campagna elettorale, dalla decisione di candidare una manciata di membri in passato condannati per appartenenza all’ETA, che a pochi giorni dal voto hanno però annunciato che non avrebbero accettato l’incarico nell’eventualità che fossero stati eletti. Inoltre con Bildu si sono schierati anche alcuni noti esponenti politici provenienti da altre forze politiche di sinistra e di centrosinistra non indipendentista, tra i quali l’ex leader di Izquierda Unida Javier Madrazo e l’ex dirigente socialista Gemma Zabaleta.
Il Blocco Nazionalista Galiziano aumenta i suoi voti del 50% e in molti casi supera i socialisti, piazzandosi in vari capoluoghi e località della regione atlantica.

Il leader di Vox, Santiago Abascal

Vox si prepara a governare la Spagna, Ciudadanos sparisce
Nonostante il forte exploit del PP – formazione che non può certo essere considerata moderata – anche l’estrema destra spagnola esce notevolmente rafforzata dalle amministrative.
Alle municipali Vox passa da 813 mila a 1 milione e 608 mila voti, cioè dal 3,56 al 7,18%, raddoppiando consensi e percentuale. In termini di consiglieri è un vero boom, da 530 a 1695.
Il bacino di voti che negli ultimi anni era andato a Ciudadanos lo ha assorbito quasi del tutto il partito di Feijóo, ma i neofranchisti sono riusciti comunque a captarne una parte, pescando anche altrove. Ad esempio Vox è riuscita ad attirare completamente il voto, seppur marginale, che tradizionalmente andava ai partitini apertamente neofascisti e neonazisti.
Il partito fondato da Albert Rivera in Catalogna nel 2006 e poi rapidamente cresciuto grazie alla crisi dei due partiti maggiori negli anni dell’austerity, è stato espulso da tutti i parlamenti regionali e dalla quasi totalità dei consigli municipali. Ciudadanos, a lungo rappresentatosi come un partito liberale, moderno e moderato è stato fagocitato dalle destre radicali ed estreme e si avvia alla dissoluzione dopo la decisione di non presentarsi alle imminenti elezioni legislative.
Al contrario, Vox canta vittoria non solo per la vistosa crescita, ma soprattutto perché i suoi eletti diventano fondamentali per permettere al PP di raggiungere la maggioranza assoluta e governare in ben sei comunità – Aragona, Baleari, Cantabria, Estremadura, Murcia e Valencia – oltre che in molte città.
Domenica Vox è riuscito ad irrompere in molti consigli regionali e comunali dalla Castilla La Mancha all’Estremadura; nella Murcia passa dal 9,5 al 17,7%, e da 4 a 9 seggi, nonostante il boom del Pp che dal 32 sale al 43%. Nella Comunitat Valenciana il capolista Carlos Flores – condannato per “violenza psicologica” ai danni dell’ex moglie – porta i neofranchisti da 10 a 13 seggi.
«Celebriamo il consolidamento di Vox come partito assolutamente necessario per costruire l’alternativa al socialismo, al comunismo e ai loro soci separatisti e terroristi» ha commentato a caldo Santiago Abascal, riferendosi agli indipendentisti baschi di Bildu.

Trionfante, il leader dell’estrema destre nazionalista, xenofoba e omofoba ha avvisato lo stato maggiore del Pp di «non aspettarsi regali» e che nelle trattative per la formazione dei governi locali «non accetterà ricatti». Abascal ora assapora la concreta possibilità che le prossime elezioni consegnino la vittoria al Pp e permettano a Vox di accedere al governo statale come necessario puntello di Feijóo.

Il duello tra PP e Vox per il voto degli evangelici
La competizione tra i due partiti della destra, già forte nelle scorse settimane si appresta a diventare ancora più feroce nelle prossime.
I due partiti, tra le altre cose, si contendono i fedeli delle chiese evangeliche con i quali, negli ultimi anni, hanno stretto forti legami fino a trasformarne alcune in bacini elettorali stabili e organizzati.
In Spagna il cristianesimo evangelico è la religione che è aumentata di più e più in fretta negli ultimi due decenni, trainata dagli immigrati latinoamericani che conquistano gradualmente la cittadinanza e con la loro aggressiva attività di proselitismo pescano sempre più anche tra gli autoctoni.
Attraverso le loro reti di sostegno sul territorio alle famiglie di immigrati che hanno bisogno di aiuto per trovare lavoro, risolvere questioni burocratiche o affrontare drammi familiari legati alla droga, alla prostituzione o all’ingresso dei giovani nelle gang, le organizzazioni religiose aumentano rapidamente il numero di adepti, sottoposti a sedute motivazionali e una serrata “formazione ideologica”.
Secondo i dati dell’Osservatorio sul Pluralismo Religioso, il 2% della popolazione spagnola (48 milioni di persone) è di confessione protestante, e di questa percentuale i due terzi sono rappresentati da evangelici. I potenziali elettori da contendersi, quindi, ammontano a quasi 600 mila. Secondo l’Osservatorio, ben il 70,6% dei praticanti evangelici sono donne, e la fascia d’età più numerosa è quella che va dai 18 ai 44 anni. La maggioranza dei fedeli sono immigrati, e tra i nati in Spagna primeggiano le seconde generazioni o molti membri delle comunità gitane.
Le Chiese Evangeliche hanno messo solide radici nel paese, dove possono contare già su 4322 luoghi di culto, contro le 1750 moschee e i 634 templi dei Testimoni di Geova esistenti nel Regno. Tra le comunità autonome, a guidare la classifica c’è la Catalogna, seguita dalla regione di Madrid, dall’Andalusia e da Valencia.

Rito neopentecostale

In generale, gli aderenti alle chiese evangeliche spagnole tendono a non schierarsi pubblicamente a favore di questo o quel partito. Secondo l’ultima inchiesta dell’Osservatorio (2018) solo il 3% dei sondati si dichiara di destra, contro il 41% che si definisce di centro e il 17,6% che si colloca a sinistra (il 38% però si rifiuta di rispondere).
Ma la verità è che generalmente i valori su cui si basano le varie chiese evangeliche, soprattutto neo-pentecostali, sono decisamente affini all’identità politica e alla propaganda della destra. Mentre i fedeli di vecchia data, per lo più autoctoni, sono generalmente più vicini al centrosinistra (in opposizione al dogma nazional-cattolicista del regime franchista che fino al 1967 perseguitò i membri delle confessioni riformate) la più recente ondata di immigrazione latinoamericana ha portato alla crescita della componente tradizionalista e fondamentalista. Anche il grosso della comunità gitana spagnola, aderente alla Chiesa di Filadelfia, è su posizioni politicamente molto conservatrici. Le prediche dei pastori e dei predicatori si incentrano spesso sugli strali pronunciati contro i “costumi corrotti e perversi” di coloro che difendono l’aborto o i diritti della comunità Lgbt, quando non la parità dei sessi. Non è raro che i leader religiosi si dedichino a “curare” l’omosessualità dei neofiti, a perorare la causa di una società ordinata, gerarchica e corporativa e a inveire contro la “dottrina diabolica del marxismo”.

I forti legami delle propaggini spagnole con le case madri latinoamericane, spesso fortemente attive nel sostegno alle correnti più reazionarie dello scenario politico – fondamentale quello tributato in Brasile a Jair Bolsonaro – avvicinano molte di esse ai partiti di destra ed estrema destra. E questo nonostante le violente campagne dei gruppi falangisti – alcuni dei quali legati o interni a Vox – contro le “bande latine”, termine che spesso identifica non solo le gang composte da immigrati ma anche le intere comunità nazionali di appartenenza.

Non stupisce quindi che la competizione tra Popolari e Vox per aggiudicarsi il voto dei fedeli evangelici sia diventata negli ultimi tempi sempre più accesa, producendo numerosi scambi polemici. In particolare a Madrid, alla fine di marzo, la partecipazione della pastora neo-pentecostale Yadira Maestre (della “Chiesa Cristo Viene”) ad una convention del Partito Popolare, durante la quale ha platealmente benedetto la presidente della regione Isabel Díaz Ayuso, il sindaco José Luis Martínez-Almeida e il presidente nazionale della formazione Alberto Núñez Feijóo, hanno scatenato le ire dei dirigenti di Vox, che hanno accusato i competitori di “strumentalizzazione”. Le parole di Maestre, che aveva chiesto al “Padre Celestiale” di proteggere il Pp e in particolare i tre dirigenti presenti alla convention, non erano andate giù all’estrema destra, che ha rivendicato la sua vicinanza discreta alle chiese evangeliche e ai loro valori 365 giorni l’anno, e non solo a ridosso delle elezioni.
Ed in effetti, negli ultimi anni non è stato raro vedere la leader di Vox a Madrid Rocío Monasterio e il marito Iván Espinosa – portavoce dei neofranchisti al Congresso dei Deputati – partecipare alle funzioni religiose in diversi luoghi di culto neo-pentecostali della capitale. «Ad Ayuso interessano solo i latinos ricchi», hanno tuonato i leader di Vox rivendicando di avere a cuore gli «ispanici della porta accanto».
Ma è stato il PP il partito che per primo ha dedicato funzionari e dirigenti alla captazione dei consensi delle chiese evangeliche, in cambio di favori e facilitazioni che la propria natura di forza di governo gli permette di elargire a pastori e predicatori collaborativi. E per definire gli immigrati latinoamericani Ayuso usa furbescamente il termine “nuovi spagnoli”, che li promuove a immigrati di serie A in opposizione a quelli di altra provenienza, da considerarsi invece estranei e pericolosi. – Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.