Pagine Esteri, 1 settembre 2023. Alcuni detenuti di sei istituti penitenziari dell’Ecuador hanno catturato 57 agenti di sicurezza, poliziotti e guardie carcerarie. L’azione è stata accompagnata dallo scoppio di almeno 4 autobombe nei pressi degli uffici della SNAI, l’agenzia che gestisce le carceri nel paese, e dinanzi alcune prigioni.
Le autobombe sono esplose ieri, giovedì 31 agosto, nella capitale Quito e in una provincia vicino al confine peruviano. Non ci sono stati feriti e, secondo quanto comunicato dalle fonti governative, anche i 57 agenti di polizia nelle mani dei detenuti sono in buone condizioni.
La situazione all’interno delle carceri in Ecuador è da mesi fuori controllo. Le uccisioni dovute a regolamenti di conti tra bande criminali rivali sono all’ordine del giorno. Lo spaccio di droga negli istituti è un’attività remunerativa per le gang, che si affrontano per controllarne i traffici.
Solo tre settimane fa è stato brutalmente assassinato il candidato alle presidenziali, Fernando Villaviciencio, che aveva annunciato, in caso di vittoria alle elezioni, una politica di dura repressione all’interno delle carceri.
Secondo alcuni organi di stampa a scatenare l’ultima delle numerose rivolte sarebbe stato proprio il trasferimento di alcuni detenuti, tra cui quelli sospettati di aver compiuto l’assassinio di Villaviciencio.
Alcune misure restrittive erano state prese nelle ultime settimane e in questi giorni il Paese è scosso dalla violenta reazione dei gruppi criminali.
Eliminato il dicastero dedicato, sono stati diminuiti i fondi e il personale. Il 40% dei detenuti non ha terminato i 3 gradi di giudizio e la carcerazione preventiva è diventata ordinaria. I detenuti vivono spesso in condizioni disumane e la repressione non procede di pari passo con politiche di prevenzione. Quello che accade oggi nelle carceri è un riflesso delle politiche neoliberiste portate avanti in Ecuador.