di Redazione

Pagine Esteri, 18 settembre 2023 – Nonostante la fine ufficiale del conflitto civile con la firma nel novembre dell’anno scorso di un accordo di pace, in Etiopia continuano i combattimenti e le violazioni dei diritti umani. A denunciarlo sono stati gli esperti delle Nazioni Unite, secondo i quali il conflitto si sta diffondendo in tutto il paese mettendo a rischio la stabilità regionale.

«Le ostilità in Etiopia sono ora su scala nazionale, con violazioni significative in aumento soprattutto nella regione di Amhara, ma in corso anche in Oromia e altrove» ha affermato in un rapporto la Commissione di esperti sui diritti umani sull’Etiopia. Nel suo rapporto di 21 pagine, la Commissione ha documentato le atrocità di vasta portata perpetrate da tutte le parti in conflitto dal 3 novembre 2020. Queste includono uccisioni di massa, stupri, furti di cibo, distruzione di scuole e strutture mediche, sfollamenti forzati e detenzioni arbitrarie. «Sebbene la firma dell’accordo abbia in gran parte messo a tacere le armi, non ha risolto il conflitto nel nord del Paese, in particolare nel Tigrè, né ha portato ad alcuna pace globale. La situazione in Etiopia rimane estremamente grave», ha affermato il presidente della Commissione, Mohamed Chande Othman, presentando il rapporto.

Secondo il documento, le truppe eritree e i membri delle milizie amhara continuano a commettere gravi violazioni nel Tigrè, tra cui lo stupro sistematico e la violenza sessuale su donne e ragazze, in violazione degli impegni assunti dal governo federale in materia di diritti umani e integrità territoriale.

La Commissione ha inoltre denunciato episodi di arresti, detenzioni e torture di civili da parte delle forze governative in Oromia e sta già ricevendo numerose segnalazioni di violazioni contro i civili nella regione di Amhara dopo la proclamazione dello stato di emergenza, nell’agosto scorso. «Particolarmente preoccupante è lo stupro contro donne e ragazze da parte delle forze eritree nel Tigrè» ha denunciato la commissaria Radhika Coomaraswamy.

«La continua presenza di truppe eritree in Etiopia è un chiaro segno non solo di una radicata politica di impunità, ma anche del continuo sostegno e tolleranza di tali violazioni da parte del governo federale», ha aggiunto. «Intere famiglie sono state uccise, parenti costretti ad assistere a crimini orribili contro i loro cari, mentre intere comunità sono state sfollate o espulse dalle loro case; molti hanno troppa paura di tornare, altri non sono in grado di farlo» ha concluso Coomaraswamy.

All’inizio di settembre decine di civili sarebbero stati uccisi dall’esercito etiope nella regione di Amara, nel nord del paese, nel corso di violenti scontri con il gruppo paramilitare Fano. Lo hanno raccontato diversi testimoni all’agenzia di stampa Reuters e al giornale inglese Guardian. Le uccisioni sarebbero avvenute nella città di Majete, dove domenica 3 settembre alcuni membri del gruppo Fano avrebbero compiuto un attacco armato contro i militari. Gli scontri sarebbero durati poche ore, e in seguito l’esercito avrebbe perquisito le case della città alla ricerca dei miliziani del gruppo Fano. Secondo quanto hanno raccontato i testimoni, nel corso delle perquisizioni l’esercito avrebbe ucciso decine di civili, tra cui anche bambini. – Pagine Esteri