di Redazione
Pagine Esteri, 23 ottobre 2023 – Per conoscere il nome del futuro presidente dell’Argentina bisognerà attendere il ballottaggio del 19 novembre. Ma contrariamente ai pronostici sarà il candidato del centrosinistra Sergio Massa l’uomo “da battere”. L’attuale ministro dell’Economia ha infatti ottenuto il 36,7 per cento dei voti, staccando di quasi sette punti percentuali l’economista di estrema destra e turbo liberista Javier Milei, che pure aveva vinto le cosiddette “primarie” di agosto.
Le forze che sostengono l’attuale governo riunite nella coalizione Unión por la Patria, a partire dai peronisti progressisti, tirano un sospiro di sollievo di fronte alla ventilata ipotesi di un boom dell’estrema destra già al primo turno. Massa, che alle primarie di agosto aveva ottenuto poco più di 5,2 milioni di voti, ieri ne la portati a casa oltre 9,6 milioni.
Ma la corsa verso il ballottaggio si presenta tutta in salita perché il leader della destra radicale potrebbe convincere la maggior parte dell’elettorato che ieri ha votato per la candidata arrivata in terza posizione con il 23,8% – la rappresentante della destra moderata Patricia Bullrich – a scegliere lui. La coalizione di sinistra si è invece fermata al 2,7%.
Se finora Milei ha indicato come suo nemico giurato la classe politica in quanto tale, all’insegna dello slogan “casta o libertà”, oggi punta a “mettere una volta per sempre fine al peronismo”, più precisamente al dominio della famiglia politica legata agli ex presidenti Nestor e Cristina Kirchner, obiettivo che potrebbe mobilitare una parte importante dell’elettorato di centrodestra.
L’Argentina vive la crisi economica più grave degli ultimi decenni ed è alle prese con un’inflazione giunta al 138%, che ha provocato un generalizzato aumento della povertà che interessa ormai il 40% della popolazione. Il risentimento popolare nei confronti del governo attuale è quindi molto diffuso e spesso sceglie i toni esasperati e “antisistema” del candidato dell’estrema destra, che promette di dollarizzare l’economia del paese, di abbassare le tasse e di dare una stretta all’immigrazione.
“Due terzi degli argentini hanno votato per il cambiamento, per un’alternativa a questo governo di delinquenti che vogliono ipotecare il nostro futuro”, ha detto Milei.
Occorrerà vedere se l’ex ministra della Sicurezza del governo dell’ex presidente Mauricio Macri darà una esplicita indicazione di voto per il “Bolsonaro argentino”. Comunque dopo il risultato del primo turno Bullrich ha immediatamente ricordato che non «sarà mai complice del populismo e delle mafie che hanno distrutto il Paese», il che lascia intendere una convergenza con “La Libertad Avanza” di Javier Milei.
Dall’abbraccio potrebbe però smarcarsi l’ala più moderata del centrodestra, quella rappresentata dall’Unione Civica Radicale, che fa riferimento al sindaco uscente di Buenos Aires, Horacio Larreta e che potrebbe preferire l’ipotesi di un «governo di unità nazionale dei migliori» citata da Massa.
Durante la campagna elettorale Milei e i suoi hanno esasperato i toni, suscitando allarme anche in alcuni ambienti non certo progressisti. L’ideologo di “La libertad avanza”, Alberto Bebegas Lynch, ha ad esempio alluso ad una possibile rottura dei rapporti con il Vaticano, ennesima presa di posizione contro un pontefice definito spesso “comunista”.
Invece Lilia Lemoine, accesa sostenitrice di Milei, ha rilanciato le posizioni anti abortiste del candidato alla presidenza con parole che hanno irritato molti elettori: se le madri possono “uccidere” i loro figli, i padri possono rinunciare alla paternità, ha detto.
Un’altra incognita è legata all’entità della partecipazione al secondo turno da parte di un elettorato sempre più scettico e disilluso. In Argentina il voto è obbligatorio e chi non ottempera rischia una multa, ma ieri alle urne sono andati solo il 74% degli aventi diritto, l’affluenza più bassa dalle presidenziali del 1983, quando si votò per la prima volta dopo la fine della dittatura militare fascista imposta nel 1976. – Pagine Esteri