di Michele Giorgio –
(Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto).
Pagine Esteri, 12 dicembre 2023. Migliaia di famiglie di Gaza piangono i loro cari uccisi dai bombardamenti degli ultimi due mesi. Con il passare delle settimane però emerge con chiarezza non solo l’enorme costo in vite umane delle bombe sganciate dagli aerei e dell’avanzata dei carri armati israeliani. L’offensiva in corso rischia anche di disintegrare il patrimonio storico-archeologico di Gaza che progetti governativi locali e di ong internazionali avevano contribuito a riportare alla luce in particolare negli ultimi anni. Al momento, per ragioni comprensibili, archeologi e studiosi di Gaza non sono in grado di stimare i danni che hanno subito palazzi storici e siti archeologici. I bombardamenti hanno devastato a Jabaliya la moschea Al Omari del VII secolo, e a Gaza city è stata danneggiata la Basilica di San Porfirio, ritenuta una delle tre chiese più antiche del Medio oriente. Poco si sa dei danni che, alla luce della potenza di fuoco usata contro Gaza, potrebbero aver subito altri siti religiosi e archeologici.
L’ong Heritage for Peace in un rapporto riferisce che le esplosioni hanno causato danni gravi a 104 siti tra cui le moschee Ibn Uthman, risalente al XV secolo, e Sayed Hashem, dove la tradizione popolare vorrebbe sia sepolto il bisnonno di Maometto. Tra le aree colpite c’è Anthedon, il primo porto marittimo di Gaza, abitato dall’800 a.C. al 1100 d.C. che figura tra i tre siti della Striscia nella lista provvisoria del patrimonio mondiale dell’Unesco. Sono stati danneggiati anche progetti recenti come il Gazamap, lanciato nel 2022, che si proponeva di esaminare i siti costieri di Gaza di interesse archeologico che si stanno erodendo rapidamente, con particolare attenzione a Tell Ruqaish, dell’età del ferro nel sud, e Tell es-Sakan, l’area archeologica più grande della Striscia. Poche è noto del nord di Gaza occupato quasi per intero dall’esercito israeliano e dichiarato «zona di combattimento». Impossibile fare delle verifiche. Di sicuro c’è che Gaza può perdere un patrimonio storico e archeologico che gli esperti ritengono significativo e che solo negli ultimi anni era stato scavato e conservato in modo più adeguato.
La storia della Striscia di Gaza va indietro di millenni. È stata sotto il dominio egiziano (XV secolo a.C.), poi filisteo (XII secolo a.C.) e babilonese (intorno al 601 a.C.). Conquistata da Alessandro Magno (332 a.C.) divenne un centro di cultura greca. I Romani se ne impossessarono nel 63 a.C. e ne fecero una città commerciale. Quindi sono arrivati i bizantini, seguiti da varie dinastie islamiche dopo il VII secolo. Infine, Gaza ha fatto parte dei territori Ottomani dal XVI secolo fino all’occupazione britannica nel 1917. Egiziani, persiani, greci, romani, bizantini, arabi, fatimidi, mamelucchi, crociati e ottomani. Un insieme di culture che di recente è venuto in superficie. Il ritrovamento nel 2013 di una stupenda statua in bronzo a grandezza naturale di Apollo, finita nelle reti di un pescatore, è stato un incentivo per le attività di ricerca e scavo nonostante il disinteresse iniziale delle autorità locali. Qualche anno fa l’ong Premiere Urgence, con un gruppo di studenti palestinesi di archeologia ha ridato vita a Deir al Balah al Monastero di Mar Hilarion: conosciuto come Tell Umm Ammer, è uno più antichi e grandi del Medio Oriente, visitato ogni anno da migliaia di giovani di scuole ed università. L’anno scorso un contadino che piantava alberi ha portato alla luce un mosaico bizantino di eccezionale bellezza con uccelli e animali, con colori ancora brillanti. E non si può dimenticare la necropoli romana di 2.000 anni, contenente dozzine di tombe antiche e due rari sarcofagi di piombo, scoperta l’anno scorso durante i lavori di costruzione di un complesso residenziale. «È una zona piccola ma con un patrimonio importante. Quell’eredità rischia di non essere mai conosciuta perché i bombardamenti potrebbero aver distrutto ciò che è sottoterra e quello sopra», avverte Isber Sabrine, presidente di Heritage for Peace.
Mohammad Abulehia, che nel 2016 ha fondato il Museo Al Qarara – accanto a Khan Yunis in questi giorni al centro dell’offensiva israeliana -, in un’intervista ha riferito che l’edificio e la collezione hanno subito danni gravi il 12 ottobre quando un missile ha colpito una casa adiacente. Nel museo a ingresso gratuito, che fungeva anche da centro comunitario, sono contenuti oggetti di epoca bizantina. «Ho fondato il museo per proteggere e preservare il patrimonio culturale di Gaza. Ho raccolto beni minacciati di furto e distruzione e mi sono impegnato nella ricerca, nell’esplorazione e nella documentazione. Tutto ciò che resta della collezione è ora in pericolo a causa degli attacchi in corso. Non c’è posto sicuro a Gaza».
Si teme anche che, approfittando della guerra, i contrabbandieri possano impadronirsi di medaglie, monete e reperti archeologici. Tempo fa uno spettacolare medaglione d’oro raffigurante l’imperatore Diocleziano su un lato e il dio Giove sull’altro, è stato venduto a New York a un offerente anonimo per 2,3 milioni di dollari. Si ritiene che facesse parte di un piccolo tesoro trovato nella Striscia.