di Michele Giorgio*
(foto di archivio di DYKT Mohigan da commons.wikimedia.org)
Pagine Esteri, 13 dicembre 2023 – All’ospedale dei Martiri di Al Aqsa, uno dei pochi operativi a Gaza, arrivano sempre tanti bambini. Sono feriti, talvolta gravi. Oltre alle disabilità con cui buona parte di loro dovranno convivere per il resto della vita, quanto stanno soffrendo resterà scolpito dentro di loro per sempre. Tanti dovranno crescere da soli, nel migliore dei casi affidati a qualche parente, più probabilmente a una istituzione. Perché sono orfani, hanno perduto padre, madre e spesso anche fratelli e sorelle. «Di molti bambini che portati qui all’Ospedale dei Martiri di Al Aqsa, non conosciamo i nomi. Scriviamo ‘sconosciuti’ sui loro file finché uno dei loro parenti arriva e li riconosce, ma non avviene sempre», spiega il dottor Younis al-Ajla. Durante i bombardamenti tanti bambini estratti vivi dalle macerie sono stati portati di corsa agli ospedali dai soccorritori e ora è difficile identificarli. I piccoli, perciò, sono soli e in non pochi casi non sanno ancora che la loro famiglia non c’è più.
Secondo un rapporto della ong Euro-Med Human Rights Monitor, con sede in Europa, circa 25.000 bambini di Gaza hanno perduto uno o entrambi i genitori. E 640mila non hanno più una casa. La ong ritiene che il numero totale di bambini e ragazzi morti superi i 10.000 poiché i corpi di tanti minori non sono stati recuperati dalle macerie.
Nel sud di Gaza prosegue la offensiva israeliana nella città di Khan Yunis dove i combattenti di Hamas si oppongono con ogni arma disponibile all’avanzata dei mezzi corazzati causando perdite all’avversario. Ieri 10 soldati israeliani sono stati uccisi martedì nei combattimenti a Gaza, compreso un colonnello che aveva comandato una base della brigata di fanteria Golani. Otto militari sono morti a Shujayieh, a est di Gaza city, dove si sta svolgendo una delle battaglie più aspre da quando Israele ha invaso la Striscia di Gaza. Secondo un resoconto fornito su Telegram da Hamas, i soldati sono caduti in una trappola. I militanti del movimento islamico avrebbero attirato un gruppo di soldati in un punto dove avevano nascosto delle cariche esplosive che ha fatto saltare uccidendone otto e ferendone altri. Da parte israeliana non ci sono conferme.
Israele nel frattempo ha cominciato ad allagare le gallerie sotterranee di Hamas con l’acqua di mare, con l’utilizzo di enormi pompe fatte entrare a Gaza nei giorni scorsi. Con questo ritiene di poter costringere alla resa comandanti e militanti del movimento islamico nascosti sottoterra. E’ però alto il rischio che l’acqua salata comprometta la falda acquifera di Gaza riducendo ulteriormente la disponibilità di acqua potabile per la popolazione civile palestinese.
A Gaza i civili non muoiono solo per i bombardamenti e le cannonate ma anche per mancanza di assistenza medica e per la gravità di ferite che non possono essere curate negli ospedali ancora operativi ma poco attrezzati. Inoltre tra i più penalizzati ci sono gli ammalati oncologici. Ieri su X il capo dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha denunciato che un paziente è morto in ambulanza mentre veniva trasferito a un altro ospedale a causa di lunghi controlli israeliani. L’Oms, ha scritto Ghebreyesus, «è profondamente preoccupata per i controlli prolungati e la detenzione degli operatori sanitari che mettono a rischio la vita di pazienti già fragili. A causa del ritardo un paziente è morto durante il viaggio».
Che la condizione di oltre due milioni di civili palestinesi a Gaza stia peggiorando giorno dopo giorno comincia a comprenderlo anche l’Alto rappresentante europeo per gli Affari Esteri, Josep Borrell. «Avevamo pensato e chiesto al G7 che le attività militari di Israele nel sud di Gaza non seguissero lo stesso schema che hanno seguito nel nord, ma stanno seguendo lo stesso schema, se non peggio», ha detto ieri Borrell che comunque si è guardato dal chiedere, a nome dell’Ue, lo stop immediato all’offensiva militare israeliana che ha già ucciso circa 18.500 palestinesi e ferito altri 50mila secondo gli ultimi dati del ministero della sanità.
A Gaza si moltiplicano i saccheggi dei camion degli aiuti umanitari. La fame dilaga e gli autocarri rischiano di essere bloccati dai civili senza più cibo solo se rallentano a un incrocio, ha avvertito Carl Skau, vicedirettore del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. «La metà della popolazione muore di fame, nove su dieci non mangiano tutti i giorni», ha avvertito.
Gli Usa in ogni caso continuano a sostenere l’offensiva a Gaza e a fornire a bombe e armi a Israele. Ieri però è apparsa più evidente la frattura tra le intenzioni israeliane e la visione americana del cosiddetto dopo Hamas. Il governo di Benyamin Netanyahu è «il più conservatore nella storia di Israele» e il primo ministro deve «prendere una decisione difficile», ha detto Joe Biden, durante una raccolta fondi a Washington. «Il suo esecutivo non vuole una soluzione a Due Stati, ma deve cambiare il suo approccio in una visione di lungo termine», ha aggiunto. Israele, secondo Biden, sta iniziando a perdere il sostegno della comunità internazionale. Poco prima Netanyahu aveva confermato che Israele e Usa non sono d’accordo sul futuro di Gaza. Ed è tornato ad escludere un ruolo dell’Autorità Nazionale di Abu Mazen che considera alleata dei «terroristi». «Gaza non sarà né Hamastan né Fatahstan», ha detto. Pagine Esteri
Questo articolo è stato redatto anche sulla base di informazioni contenute in un servizio preparato dall’autore per il quotidiano Il Manifesto