di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 20 febbraio 2024 – La competizione tra le potenze mondiali in Africa si fa sempre più accesa, soprattutto sul piano militare. Se la Cina sgomita per ottenere la sua prima base navale sulla costa atlantica del continente nero e la Francia si lecca le ferite dopo aver dovuto ritirare le sue truppe da alcuni paesi del Sahel, Washington cerca di occupare quanti più spazi possibili.
Anche gli Stati Uniti stanno seguendo le orme della Russia e ancora prima della Francia, offrendo la propria assistenza militare ai governi africani contro le milizie islamiste attive nella maggior parte del continente.
5 nuove basi in Somalia
Mentre tratta con Ghana, Costa d’Avorio e Benin per ottenere tre basi militari dove stanziare altrettante squadriglie di droni destinati al contrasto dell’insorgenza fondamentalista, Washington ha appena ottenuto dalla Somalia il via libera per aumentare la propria presenza militare nel Corno d’Africa.
Nel corso di una cerimonia presieduta dal presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, l’incaricato d’affari statunitense Shane Dixon e il ministro della Difesa somalo Abdulkadir Mohamed Nur hanno firmato a Mogadiscio un memorandum d’intesa per la costruzione di cinque basi militari per la brigata Danab, l’unità d’élite dell’Esercito Nazionale Somalo addestrata dai Berretti Verdi di Washington.
La brigata Danab è stata istituita nel 2017 a seguito di un accordo tra Stati Uniti e Somalia per formare ed equipaggiare 3000 uomini e donne provenienti da tutto il paese.
In base all’intesa, gli Stati Uniti devono realizzare delle infrastrutture militari a Baidoa, Dusa Mareb, Jowhar, Chisimaio e Mogadiscio, da utilizzare per l’addestramento di nuove unità dei corpi speciali dell’esercito somalo, incaricati di «contrastare la minaccia del terrorismo internazionale», come recita una nota del presidente Mohamud in riferimento alle milizie del «Movimento di Resistenza Popolare nella Terra delle Due Migrazioni», movimento integralista sunnita meglio noto come Al Shabaab (“I giovani”) e federato ad Al Qaeda.
L’intesa permette a Washington di aumentare la propria influenza militare nel paese proprio mentre l’esercito somalo è impegnato nell’ennesima offensiva contro gli islamisti e prosegue il ritiro delle forze militari della “Missione di transizione dell’Unione Africana” (Atmis), che negli ultimi anni è stata la principale protagonista del contrasto ad Al Shabaab in attesa che le forze armate somale fossero in grado di fare la propria parte.
Su richiesta dell’esecutivo somalo, lo scorso 9 febbraio le forze dell’Africom – il Comando degli Stati Uniti per l’Africa – hanno condotto diversi attacchi aerei in una zona remota a 35 km a nord-est di Chisimaio. Recentemente, invece, l’esercito somalo ha intensificato l’offensiva già in corso nella regione orientale di Galfaduud.
A sollecitare l’aumento dell’impegno militare statunitense in Somalia è stata soprattutto il presidente Mohamud che, eletto nel maggio del 2022, pochi mesi dopo ha ottenuto il dispiegamento di 450 militari americani in Somalia, in controtendenza rispetto al disimpegno ordinato da Donald Trump nel gennaio del 2021. Il graduale ritiro delle forze dell’Unione Africana – provenienti da Uganda, Kenya, Gibuti, Etiopia e Burundi – ha creato le condizioni per una maggiore dipendenza del governo somalo dalle forze statunitensi che possono contare sul supporto navale della Quinta Flotta e sul sostegno aereo proveniente dalla base di Camp Lemonnier a Gibuti.
Il ritiro delle truppe dell’Unione Africana aumenta la dipendenza da Washington
Avviato lo scorso 15 giugno, entro la fine di febbraio lasceranno il paese 2 dei 22 mila militari dell’Unione Africana, ed altri 3 mila dovrebbero tornare nei loro paesi nei prossimi mesi.
Man mano che alcuni territori vengono sguarniti a causa del disimpegno delle forze della “Missione di transizione”, però, i miliziani di Al Shabaab tornano a farsi sotto con attentati e attacchi. Lo scorso 6 febbraio, ad esempio, i jihadisti hanno colpito il mercato di Bakara a Mogadiscio e l’11 febbraio, sempre nella capitale somala, nel mirino è finita la base “Generale Gordon” con un attacco che ha ucciso quattro soldati degli Emirati Arabi Uniti e un ufficiale del Bahrein.
Per far fronte alla situazione il governo di Mogadiscio ha annunciato l’intenzione di integrare nelle forze armate 20 mila uomini reduci dall’addestramento ricevuto all’estero, principalmente in Uganda, Kenya, Eritrea ed Egitto. Ma ovviamente un maggiore impegno militare statunitense è considerato indispensabile dal governo somalo – che dopo 30 anni ha appena incassato dalle Nazioni Unite la fine dell’embargo all’importazione di armi – per impedire che Al Shabaab guadagni nuovamente terreno.
La costruzione delle cinque basi in Somalia e l’invio di un certo numero di addestratori e consiglieri offre a Washington un’ottima occasione per rafforzare la propria presenza in un quadrante geopolitico fondamentale. Nel Golfo di Aden gli USA hanno già schierato vari mezzi e la portaerei Eisenhower ma la Somalia potrebbe fornire un’utile piattaforma dalla quale lanciare attacchi contro gli Houthi yemeniti e in generale perfezionare il controllo del Mar Rosso.
Cresce lo scontro tra Somalia ed Etiopia sul Somaliland
A Washington fa gioco anche la crescente contrapposizione tra la Somalia e l’Etiopia, esplosa dopo l’accordo tra Addis Abeba e la regione indipendentista somala del Somaliland per l’ottenimento di uno sbocco sul mare. In base all’intesa firmata a gennaio, in cambio del riconoscimento come stato indipendente da parte dell’Etiopia, l’ex Somalia britannica concederà al governo di Abiy Ahmed una base militare navale con accesso al porto di Berbera.
L’implementazione dell’accordo però è in ritardo rispetto alla tabella di marcia concordata, a causa dell’opposizione della Somalia e al fatto che in Somaliland si sta manifestando un’opposizione sempre maggiore, soprattutto nella provincia occidentale costiera dell’Awdal che aspira a tornare sotto la sovranità somala.
Dopo le dimissioni del Ministro della Difesa, lo scorso 13 febbraio le due camere del parlamento del Somaliland hanno addirittura votato una dichiarazione congiunta che respinge il contenuto del documento sottoscritto dal governo locale con quello etiope. Nella dichiarazione la maggior parte dei deputati e dei senatori affermano di considerare l’accordo «illegale e dannoso per l’unità del popolo del Somaliland».
Sabato scorso il presidente somalo Mohamud ha accusato l’Etiopia di voler annettere il Somaliland, territorio che dal 1991 si è reso di fatto indipendente da Mogadiscio, e di aver già inviato del personale militare nello stato ribelle per preparare il terreno. L’accusa contro il governo etiope è stata lanciata dal leader somalo proprio ad Addis Abeba nel corso dell’Assemblea Generale dell’Unione Africana durante la quale Mohamud ha accusato le autorità etiopi di aver cercato di impedire la sua partecipazione all’evento.
All’inizio di febbraio, infine, i ministri della Difesa della Somalia e quello della Turchia hanno firmato un accordo di cooperazione economica e di difesa per rafforzare le relazioni tra i due paesi. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria