di Davide Matrone –
Pagine Esteri, 22 aprile 2024. Ieri, domenica 21 aprile, si sono svolte le elezioni per il Referendum e la Consulta Popolare in Ecuador. Il popolo era chiamato a rispondere su ben 11 quesiti referendari di cui 5 per una parziale Riforma Costituzionale e 6 per temi relativi alla giustizia e alla sicurezza cittadina. Nutrita la presenza di osservatori nazionali e internazionali che, secondo i dati emessi dal Consiglio Nazionale Elettorale dell’Ecuador, erano ben 1027, di cui 86 internazionali e di differenti Organismi: il Mercosur, l’OEA e l’Associazione Mondiale degli Organismi Elettorali. Tutti concordano sulla regolarità e trasparenza del processo, sottolineando la partecipazione e il buon senso civico del popolo ecuadoriano.
Si è registrata, tuttavia, una percentuale alta di astensionismo rispetto alle elezioni passate. In questa occasione il 28% degli aventi diritto non è andato a votare, ed è un dato importante se si considera che in Ecuador il voto è obbligatorio. Inoltre, bisogna annotare altri fatti avvenuti durante la giornata elettorale: l’uccisione di un direttore di un carcere della provincia di Manabí e le pessime condizioni climatiche che hanno reso difficile lo svolgimento delle elezioni in almeno 8 regioni del paese in cui si sono registrati inondazioni e frane.
I risultati
I risultati non danno margini di cambiamento mentre si analizzano i dati nella notte di domenica 21 aprile. Il Sì vince in 9 quesiti su 11, mentre il NO ha la meglio nelle restanti. Il risultato del NO, in particolare per le domande D ed E, ha generato diverse reazioni nel campo politico da una parte e dall’altra, considerando che il Governo aveva puntato su questi due quesiti referendari in materia di arbitraggio internazionale ed introduzione del contratto lavorativo ad ore.
Nella domanda D il NO vince con il 63.9% mentre nella E con un 67.8%. La sconfitta del governo in questi due ambiti ha generato soddisfazione e allegria nelle fila dei partiti delle opposizioni. Ad esempio in quelle della Revolución Ciudadana (dell’ex presidente Rafael Correa) che a dire il vero non si è attivata molto durante la campagna referendaria ed ha avuto un atteggiamento ambiguo e poco chiaro. Solo negli ultimi giorni ha cercato di posizionarsi con più chiarezza per il NO. L’analisi del voto a livello territoriale ci mostra come la Revolución Ciudadana continui a preservare la sua regione roccaforte e cioè Manabì, nella quale il NO vince per 8 domande su 11. In definitiva, nonostante le contraddizioni interne, l’uscita di 3 componenti dal gruppo parlamentare di questi giorni e l’ambiguità sul voto referendario, la Revolución Ciudadana incassa un mezzo punto a suo favore.
Diverso è il discorso per la CONAIE e Pachakutik che, ridimensionati di molto nelle ultime elezioni presidenziali del 2023 (sono passati dai 24 parlamentari del 2021 ai 4 di oggi), hanno dovuto cambiare strategia e ritornare con chiarezza all’opposizione per ricostruire alleanze con le organizzazioni sociali. Sin dall’inizio, appunto, la CONAIE è stata molto chiara nel fare campagna per il NO insieme a una coalizione di 15 organizzazioni sociali territoriali. Ora questa vittoria nelle due domande D ed E, probabilmente dà maggiore speranza e fiducia al lider della Leonidas Iza e al partito Pachakutik per le prossime elezioni del 2025. Anche qui, analizzando i risultati territoriali, la presenza della CONAIE in alcune regioni ha fatto registrare una vittoria del NO ancora più netta nelle regioni della Sierra come nel caso del Cotopaxi, dove le proposte più importanti sono state bocciate quasi dall’80% dei votanti. Ricordiamo che ultimamente in alcune comunità di Palo Quemado della regione del Cotopaxi, appunto, si sono verificati duri scontri tra l’esercito e gli abitanti indigeni per la concessione, da parte del governo, per lo sfruttamento delle risorse naturali e territoriali ad opera di una multinazionale canadese.
Infine, il caso interessante dei risultati della regione amazzonica di Sucumbios, dove il NO vince addirittura su 10 degli 11 quesiti. Qui la Revolución Ciudadana, per esempio, ha un buon radicamento e ha conquistato questa regione nelle elezioni presidenziali del 2023. Nello stesso territorio c’è anche un buon radicamento delle organizzazioni indigene dell’Amazzonia delle CONAIE. Questa regione potrebbe risultare interessante per la costruzione necessaria di un’alleanza tra movimenti indigeni e il correismo per battere le destre alle prossime elezioni presidenziali del 2025. Chissà se questa lettura arriverà alle dirigenze e alle basi dei due partiti.
Rimpasto di governo dopo i risultati
Il Presidente della Repubblica Daniel Noboa, dopo aver ricevuto i risultati ufficiali, ha dichiarato che d’ora in poi il Governo avrà a disposizione più strumenti per combattere la delinquenza e restituire la pace alle famiglie ecuadoriane. Il tema della sicurezza è certamente il leit motiv dell’azione governativa sin dall’inizio del mandato ed ora la vittoria del NO alle 9 domande referendarie, di cui la maggior parte sui temi di sicurezza appunto, gli dà adito a continuare con la sua guerra alle bande criminali, con la militarizzazione del territorio, con interventi repressivi e molto poco preventivi, purtroppo. Ma i risultati del Referendum causeranno un rimpasto di governo. Con decreto esecutivo numero 231, il Presidente Daniel Noboa ha accettato le dimissioni della ministra di Governo, Mónica Palencia, che passa ora al Ministero degli Interni. Nella stessa giornata di ieri si è dimesso il titolare del Centro d’Intelligenza Strategica (CIES), carica ricoperta dal gennaio di quest’anno. Con questi due cambiamenti di ieri siamo già al quarto rimpasto di Ministeri in appena 5 mesi di governo. Gli altri due precedenti si riferiscono ad Ana Changuín, l’ex titolare della Segreteria dell’Educazione Superiore, Scienza e Tecnologia e Innovazione (Senescyt), dimessasi lo scorso 26 marzo e l’altra, fresca di questi giorni, è quella di Andrea Arrobo, Ministra dell’Energia e delle Miniere, sotto accusa per la crisi energetica che vive il paese negli ultimi giorni.
Analisi politica congiunturale dopo il voto
Il Presidente Daniel Noboa vive una fase di recessione in termini di consensi, senza alcun dubbio. In un mese ha disperso parte del suo capitale politico che però è ancora alto e che gli ha permesso appunto di vincere su 9 delle 11 domande. Tuttavia, in questi ultimi 40 giorni ci sono stati una serie di errori di strategia politica che hanno generato malumore e contrarietà. La tensione con la Russia ha decretato la chiusura del mercato di floricoltura con l’Ecuador (la Russia era il maggior compratore a livello mondiale); l’aumento dell’IVA dal 12% al 15% ha generato un incremento dei prezzi di molti prodotti anche di prima necessità; l’assalto all’Ambasciata del Messico e le reazioni a livello internazionale (caso non ancora chiuso, anzi); la crisi energetica che ha creato black-out anche di 8 ore al giorno nel Paese. Avvenimenti che hanno generato un incremento del malumore in alcuni settori della popolazione che in quest’occasione hanno risposto con un NO a 2 delle 11 domande. È abbastanza certo che Daniel Noboa si ricandidi alle elezioni presidenziali del 2025, però se continua con questi errori di strategia politica in campo nazionale e internazionale, non sarà affatto certa la sua rielezione come si pensava due mesi fa.