di Michele Giorgio*
Pagine Esteri, 30 marzo 2024 – «Israele non riconosce l’autorità della Corte e non fa parte della Cpi», affermava qualche giorno fa il ministro della difesa Yoav Gallant commentando la decisione del Procuratore del Tribunale penale dell’Aia di emettere, per crimini di guerra, mandati di cattura per la leadership israeliana e quella di Hamas. Ma se ignorare la Cpi è la scontata risposta di Gallant, del premier Netanyahu e dei più alti rappresentanti dello Stato ebraico, i semplici militari israeliani sono a dir poco preoccupati. Più a rischio sono coloro che oltre alla cittadinanza israeliana posseggono anche quella di paesi pronti ad indagare i propri cittadini accusati di crimini di guerra e contro l’umanità.
La rivista Shomrin riferisce che c’è una profonda preoccupazione per i soldati, e sono numerosi, intenzionati a visitare parenti e amici nel paese di origine. A maggior ragione se questo paese è il Sudafrica che ha già presentato alla Corte internazionale di Giustizia una richiesta di incriminazione contro Israele per genocidio. Un gruppo sudafricano filopalestinese monitora i social media per recuperare i post e i video fatti da militari israeliani a Gaza che mostrano distruzioni di scuole, università, infrastrutture civili e abusi a danno di civili palestinesi. Uno dei video diffusi mostra cittadini sudafricani che indossano uniformi dell’esercito israeliano accompagnati da una dichiarazione del gruppo filopalestinese: «Siamo pronti. Al tuo ritorno, aspettati di essere arrestato». I soldati israelo-sudafricani ora cancellano foto compromettenti dal loro account Facebook e da altri social e bloccano follower su Instagram. A questi militari l’esercito consiglia di non uscire dal paese e per molti di loro è un problema serio perché sono «soldati solitari» ossia senza famiglia in Israele e arrivati a Tel Aviv all’età di 18 anni appositamente per prestare servizio nelle forze armate.
L’interesse del Sudafrica per i suoi cittadini in uniforme in Israele non è iniziato il 7 ottobre. Già prima il paese africano aveva stilato un elenco di 73 soldati israeliani con doppia nazionalità e Pretoria aveva addirittura preso in considerazione l’avvio di azioni legali contro di loro. Passi simili sono stati rari nel resto del mondo, ma 15 anni fa contro l’ex ministro degli Esteri Tzipi Livni fu emesso un mandato di cattura nel Regno Unito. E una corte belga per qualche tempo ha considerato l’arresto dello scomparso premier israeliano Ariel Sharon.
Non c’è solo il Sudafrica a puntare il dito contro i soldati israeliani con doppia cittadinanza che combattono a Gaza. Secondo indiscrezioni circa 4.000 cittadini francesi sono attualmente nelle forze armate dello Stato ebraico e il deputato Thomas Portes di La France Insoumise chiede di perseguirli penalmente. Portes insiste per annullare l’accordo che permette ai cittadini francesi di arruolarsi nell’esercito israeliano. Il parlamentare sostiene che il governo francese ha cambiato la sua posizione di non intervenire sui soldati con doppia nazionalità. Ora sosterrebbe indagini sulle loro attività a Gaza. In Olanda l’organizzazione filopalestinese 30 marzo ha chiesto alle autorità di indagare 17 cittadini che hanno combattuto nella Striscia. Svizzera e Austria sono considerati i paesi in cui verranno aperti procedimenti contro soldati israeliani. Il Ministero della Giustizia israeliano, perciò, ha assunto esperti legali stranieri per valutare i rischi per i soldati con doppia cittadinanza, non pochi dei quali ora considerano l’idea di non tornare più, o almeno per i prossimi anni, nei paesi d’origine.
*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto