di Michele Giorgio*
(foto fermo immagine da Youtube)
Pagine Esteri, 26 giugno 2024 -Dieci bambini di Gaza in media al giorno perdono una o entrambe le gambe a causa dell’offensiva israeliana. A ricordare che tanti, troppi bambini e ragazzi della Striscia porteranno per sempre sui loro corpi le conseguenze di bombardamenti, è stato ieri Philippe Lazzarini, il capo dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi. Non poche di queste vittime hanno subito interventi chirurgici senza anestesia perché gli ospedali di Gaza non hanno scorte sufficienti per le camere operatorie. Lo spettro della carestia, intanto, torna ad agitarsi. Un gruppo di esperti internazionali ha accertato che quasi 500.000 persone soffrono una condizione di «fame catastrofica» mentre i camion che entrano nella Striscia con cibo e generi di prima necessità restano pochi: due giorni fa appena 33.
La tregua è urgente, la chiedono molte delle famiglie degli ostaggi israeliani a Gaza. Eppure, il conflitto va avanti, «fino alla distruzione di Hamas» ripete in continuazione Benyamin Netanyahu. Anche se l’eliminazione del movimento islamico è impossibile: l’hanno detto prima il portavoce militare Daniel Hagari e poi Tzaghi Hanegbi, il consigliere per la sicurezza del premier israeliano. In ogni caso l’offensiva contro Gaza ha sempre il sostegno della maggioranza degli israeliani e ieri, dopo una sentenza storica della Corte suprema, si sono levate forti tante voci a sostegno dell’invio a Gaza – e, forse, presto anche in Libano – di altri giovani che fino ad oggi non hanno fatto parte delle Forze armate.
I massimi giudici israeliani in particolare hanno stabilito che i militari devono arruolare anche gli ebrei ultraortodossi (Haredim), una decisione accolta con entusiasmo dall’opposizione ma che minaccia di spaccare il governo di destra religiosa. In un paese dove il servizio militare è obbligatorio e rappresenta una sorta di collante sociale e un elemento fondamentale dello Stato creato dal movimento sionista, l’esenzione per gli ultraortodossi suscitava da molti anni risentimento, che si è aggravato durante l’offensiva di terra a Gaza che ha comportato l’impiego accanto ai reparti regolari dell’esercito e il richiamo di decine di migliaia di riservisti. Senza dimenticare che sono oltre 300 i soldati morti nei combattimenti con la resistenza palestinese, e migliaia di feriti. Sarebbero 67mila i giovani haredim tecnicamente arruolabili. La comunità ultraortodossa in questi ultimi anni si è avvicinata alla destra nazionalista ma resta non sionista e largamente contraria alla partecipazione dei giovani alla leva. Nelle strade di Gerusalemme si svolgono spesso manifestazioni di ultraortodossi contro il servizio di leva previsto, fino ad oggi, solo per una piccola quota di religiosi.
La decisione, perciò, rischia di allargare una delle divisioni più profonde nella società israeliana e di aprire falle nella coalizione di governo che dipende dal sostegno di due partiti ultraortodossi che si oppongono alla coscrizione per i giovani haredim. Inoltre, la Corte suprema ha anche ordinato il taglio dei fondi pubblici per le comunità haredim che non mandano i loro giovani nell’esercito. I vari governi israeliani guidati da Netanyahu dal 2009 hanno ritardato la stesura di nuove leggi sulla leva. Quella in discussione ora alla Knesset, promossa da Netanyahu, non modifica molto la situazione attuale ed è lontana dalle istruzioni date dalla Corte suprema. Il governo dovrà trovare un compromesso tra varie parti politiche per evitare l’uscita dalla maggioranza dei due partiti ultraortodossi mentre l’opposizione laica e i nazionalisti festeggiano un risultato che attendevano da anni. Molti israeliani vedono nel passo mosso dai giudici una nuova fase della guerra culturale e sociale in atto del paese. A Gaza comunque ha già combattuto un battaglione composto da ultraortodossi, il Netzah Yehuda, tristemente famoso in Cisgiordania per gli abusi che compie a danno dei civili palestinesi. Ha anche rischiato di essere sanzionato dall’Amministrazione Biden che poi ha fatto marcia indietro.
A Gaza anche quello di ieri è stato un giorno di sangue e distruzioni. Un attacco aereo sul campo profughi di Shate ha ucciso 13 palestinesi, tra cui Zaher Haniyeh, la sorella di Ismail Haniyeh, il leader dell’ufficio politico di Hamas che ad aprile aveva perso tre figli in un raid mirato dell’aviazione israeliana. Hassan Kaskin, un vicino, ha detto che la casa della famiglia Haniyeh è stata colpita senza preavviso prima dell’alba e alcuni video mostrano l’edificio a più piani ridotto in macerie. Commentando l’uccisione della sorella, Haniyeh ha colto l’occasione per ribadire che qualsiasi accordo sugli ostaggi israeliani a Gaza che «non prevederà un cessate il fuoco permanente e la fine dell’offensiva israeliana, non è un accordo».
Israele afferma di aver colpito a Shate e Daraj Tuffah, complessi scolastici «utilizzati da Hamas come scudo per le sue attività terroristiche». Il movimento islamico nega di usare strutture civili come scuole e ospedali per scopi militari. Combattenti di Hamas e Jihad hanno impegnato per tutta la notte di lunedì reparti israeliani nel quartiere Yebna di Rafah. Khan Younis i medici hanno riferito che il bombardamento di carri armati israeliani ha ucciso sette palestinesi e ferito diversi altri in una tendopoli. Secondo i dati in possesso del ministero della sanità a Gaza, almeno 45 palestinesi sono stati uccisi ieri dagli attacchi israeliani. L’Unrwa è tornata ad avvertire che il caos si sta diffondendo a Gaza con la formazione di bande di trafficanti che si aggiungono alle difficoltà di fornire gli aiuti alla popolazione. Pagine Esteri
*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto