di Michele Giorgio*

(foto fermo immagine da Youtube)

Pagine Esteri, 20 settembre 2024 – La distruzione di Gaza con decine di migliaia di bombe e proiettili ha creato nuove professioni. Tanti abitanti si danno da fare per sopravvivere e per aiutare gli altri. Uno di questi è Zakaria Ashour, 25enne di Zaytoun, uno dei sobborghi del capoluogo Gaza City più colpiti dall’offensiva israeliana. Con uno spazzolino da denti e alcuni prodotti chimici da qualche tempo svolge un compito davvero particolare: pulisce e rivitalizza le banconote usurate in modo che diventino nuovamente spendibili a Gaza. «Mi portano biglietti in condizioni terribili, talvolta a pezzi, soprattutto quelli da 20 shekel (circa 5 euro, ndr) – ha spiegato ai giornalisti Ashour – I commercianti li rifiutano, non li vogliono, ma è tutto ciò che hanno in tasca quelle persone per comprare del pane, del cibo. Li rimetto a nuovo e in cambio mi danno due shekel».

Non è un problema nuovo quello delle banconote logore, precede il 7 ottobre: anni e anni di assedio israeliano della Striscia hanno comportato anche il mancato ricambio dei biglietti di piccolo taglio, i più usati in un territorio molto povero. Oggi, con un’offensiva distruttiva in corso e due milioni di civili sbattuti da un punto all’altro del territorio e costretti a vivere tra ruderi o in accampamenti in condizioni a dir poco critiche, anche il denaro si deteriora, spesso diventa inutilizzabile gettando nella disperazione chi ha poco o nulla per vivere. «Ho imparato da un anziano come si rigenerano le banconote – ha proseguito Ashour – e ora sto mettendo a frutto i suoi insegnamenti. I commercianti respingono i biglietti usurati o li accettano solo per metà del loro valore.

Questo è sciacallaggio a danno dei più disperati». Ashour attacca la banconota da riportare in vita alla superficie di un tavolo; quindi, usa un prodotto chimico che le conferisce una maggiore consistenza. Poi deposita alcune gocce di un altro liquido sulla superficie dei biglietti distribuendole con uno spazzolino in modo da eliminare lo sporco. Infine, la banconota è lasciata ad asciugare. Non sempre l’esito è quello sperato, ma in gran parte dei casi il denaro è di nuovo spendibile. Il problema delle banconote inutilizzabili riguarda anche i dipendenti pubblici o, meglio, quei pochi che ancora ricevono almeno in parte lo stipendio, che si vedono consegnare biglietti logori e strappati.

Jawad Al Hout passa le giornate a cercare carta, possibilmente bianca e anche quella già usata. Non considerata «un bene primario» dalle autorità israeliane che decidono tutto ciò che entra ed esce, la carta è sparita da Gaza. Solo raramente è stata inserita nei carichi umanitari destinati alla popolazione palestinese colpita dall’offensiva militare. «Cerco carta ovunque, poi la porto agli ospedali e ad altre strutture pubbliche. Medici e impiegati non sanno più dove scrivere o stampare i documenti destinati ai civili. La richiesta è enorme. Alcuni si adattano a scrivere su quaderni già usati, cercando qualsiasi spazio vuoto disponibile», dice Al Hout.

La mancanza di carta penalizza molto il personale degli ospedali. «Non sappiano dove prendere appunti, stampare o scrivere i referti, le prescrizioni di farmaci o di esami di laboratorio. Sono costretta a usare pezzi di carta strappati o a scrivere sui rotoli di vecchi elettrocardiogrammi», spiega la dottoressa Yasmine Suwaidan del Pronto soccorso dell’ospedale Nasser di Khan Younis. «Ad alcuni potrebbe apparire un problema secondario, ma per noi medici è importante per lo svolgimento del nostro lavoro», aggiunge Suwaidan.

La carenza di carta, quaderni e cancelleria è un ostacolo enorme per insegnanti e dirigenti scolastici che stanno cercando di organizzare in alloggi di fortuna e sotto le tende lezioni per bambini e ragazzi aggirando la distruzione di molte scuole e università e l’occupazione delle rimanenti da parte di decine di migliaia di sfollati. «Una risma di carta prima della guerra costava 15 shekel (circa 4 euro), oggi 120 shekel (30 euro), i quaderni quattro o cinque volte di più e comunque sono quasi introvabili. I ragazzi hanno bisogno di scrivere, non basta ascoltare e ripetere», spiega Mohammed Al Khudari, uno degli insegnanti qualche settimana fa che hanno dato vita al progetto «Diffondere la conoscenza».

L’intraprendenza di tanti e la buona volontà di altri alleviano solo in minima parte le difficoltà della popolazione in un territorio spianato dalle bombe israeliane e dove manca tutto. I numeri spiegano la situazione creata da distruzioni che si accumulano giorno dopo giorno. L’economia di Gaza si è ridotta a meno di un sesto delle sue dimensioni prima del 7 ottobre, è «in rovina, in caduta libera», scrive in un rapporto pubblicato a metà settimana l’agenzia dell’Onu, Unctad. In crisi la anche Cisgiordania amministrata (in parte) dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) a causa della diminuzione degli aiuti internazionali e del congelamento da parte di Israele dei fondi palestinesi derivanti dalla raccolta dei dazi doganali.

Il ministro israeliano delle finanze ed estremista di destra Bezalel Smotrich ha ordinato di trattenere i fondi palestinesi perché, afferma, l’Anp «non lotta contro il terrorismo». Secondo l’Unctad dal 7 ottobre in Cisgiordania sono andati persi più di 300mila posti di lavoro e il tasso di disoccupazione è passato dal 12,9% al 32%. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre dal quotidiano Il Manifesto