Pagine Esteri – Negli ultimi 16 anni l’austerità è stata per la Germania un dogma quasi religioso e insormontabile, autoimposto e contemporaneamente reso obbligatorio da Berlino per tutti i paesi aderenti all’Unione Europea.
Sulla base di quel dogma il popolo greco venne letteralmente strangolato e una sorte appena migliore subirono le classi popolari e le infrastrutture dei cosiddetti PIGS, acronimo che raggruppava i paesi mediterranei accusati di sperperare le proprie risorse.
Ancora un mese fa, alla fine della campagna elettorale che lo avrebbe portato alla vittoria, il leader dei cristiano-democratici Friedrich Merz continuava a difendere la scelta del rigore finanziario, a costo di vedere l’economia tedesca continuare a precipitare.
Ai socialdemocratici e ai Verdi, che chiedevano una dose massiccia di investimenti anche a costo di aumentare il debito pubblico Merz rispondeva: «Dovremo arrangiarci con quello che abbiamo».
Approfittando del disimpegno militare statunitense dall’Europa proclamato da Donald Trump – che per ora è più una minaccia che una realtà – il futuro cancelliere ha cambiato radicalmente idea, presentando un piano che dovrebbe mettere a disposizione dello stato centinaia di miliardi di euro, da finanziare con il debito, per realizzare grandi piani infrastrutturali e aumentare la spesa militare.
Ieri pomeriggio il Bundestag, la camera bassa del parlamento tedesco, ha approvato con una maggioranza dei due terzi una serie di proposte di legge per rendere operativo il piano faraonico da 1000 miliardi tra investimenti infrastrutturali e per la “difesa”.
Per diventare legge, il provvedimento dovrà essere ora approvato anche dai due terzi dei componenti del Bundesrat, l’assemblea che rappresenta gli Stati-regione del paese, ma lo scoglio maggiore sembra superato.
Via il freno al debito
A favore hanno votato da 513 deputati, oltre i 489 richiesti per introdurre quella che di fatto è una riforma costituzionale che permette di derogare un dispositivo, denominato “freno al debito”, che dal 2009 costringe il paese a perseguire il pareggio di bilancio impedendo di finanziare a debito un aumento della spesa e degli investimenti. Il “freno” prevedeva che il debito pubblico tedesco non aumentasse ogni anno oltre lo 0,35% del Pil, tranne in situazioni eccezionali.
Il provvedimento che lo ha rimosso è stato sostenuto ovviamente dalla Cdu-Csu, il partito di maggioranza relativa di centro-destra, ma anche dai Socialdemocratici e dai Verdi. Contro, seppur per motivi diversi, si sono espressi Linke, l’Alleanza Sahra Wagenknecht, Afd e i liberali.
Fondamentale il si dei Verdi
Il sostegno dei Verdi è stato fondamentale. Questi ultimi si erano detti inizialmente contrari a causa del fatto che la legge porterà ad un netto aumento della spesa militare, ma poi hanno deciso di dare il loro consenso chiedendo però a Friedrich Merz una contropartita “green”. Il futuro cancelliere ha incassato il sostegno della formazione di centrosinistra impegnandosi a spendere 100 miliardi per la riconversione e l’efficentamento energetico della Germania, spesa che contribuirà comunque a far ripartire le aziende tedesche fortemente in affanno in un paese che da due anni è alle prese con la recessione.
«La Germania è tornata. La Germania sta dando il suo grande contributo alla difesa della libertà e della pace in Europa» ha annunciato sinistramente Merz ai giornalisti convocati dopo la chiusura dell’accordo con gli ecologisti. L’accordo invia «un messaggio chiaro ai nostri partner e amici, ma anche ai nostri oppositori e nemici della nostra libertà» ha affermato Merz. «Siamo in grado di difenderci e ora siamo pienamente preparati a farlo».
La riforma permette di creare un fondo da 500 miliardi di euro da investire nei prossimi 12 anni nelle infrastrutture tedesche, che da qualche tempo ormai hanno mostrato chiaramente la loro obsolescenza.
Soprattutto, consentirà di non conteggiare come eccedenti le spese militari superiori all’1% del Prodotto Interno Lordo, equivalente a circa 45 miliardi di euro. Grazie al nuovo provvedimento, Berlino non dovrà sottostare ad alcun limite per quanto riguarda le forniture militari all’Ucraina (che comunque dovrà restituire quello che sarà considerato un prestito) e gli stanziamenti per la sicurezza informatica.
Secondo alcuni esperti, anche una parte dei 500 miliardi da mettere a disposizione delle infrastrutture sarebbero in realtà spesi per sviluppare il comparto della Difesa, ad esempio aumentando la mobilità e il controllo delle forze armate su strade, porti, aeroporti e ferrovie.
Una parte importante dei fondi stanziati serviranno a comprare nuove armi ed equipaggiamenti. Berlino si rivolgerà agli Stati Uniti, ma intende anche potenziare con le commesse pubbliche la propria industria militare. E anche a Parigi fanno gola le centinaia di miliardi messe a disposizione della Germania; nei giorni scorsi Emmanuel Macron ha visitato la Germania per convincere il leader tedeschi a comprare armi europee, a partire dai sistemi di difesa aerea francesi Samp/T invece dei Patriot e i caccia Rafale invece degli F-35.

Friedrich Merz e Ursula von der Leyen
Un parlamento delegittimato dalle urne
Ha destato molte polemiche e proteste, tra le opposizioni, la decisione di far approvare un provvedimento così importante e divisivo dal parlamento uscente, che dalle elezioni generali del 23 febbraio scorso non rappresenta più il paese. In quello eletto quel giorno e che si insedierà il 25 marzo, dove l’estrema destra di Alternativa per la Germania e la sinistra della Linke hanno notevolmente aumentato il numero dei loro rappresentanti, la riforma non avrebbe avuto infatti i numeri per passare. I due partiti si sono anche rivolti alla Corte Costituzionale che però ha ritenuto privi di fondamento i ricorsi.
L’iniezione di denaro pubblico nell’economia dovrebbe consentire, secondo gli analisti dell’Istituto Economico Tedesco (DIW), un aumento della produzione economica del 2% l’anno nei prossimi 10 anni. Per il 2025 e il 2026 il DIW prevede una crescita del PIL rispettivamente dell’1,1% e del 2,1%. Una parte importante di questa crescita, alimentata dal debito pubblico finora tanù, deriverà dall’aumento degli investimenti nel settore militare.
Leva obbligatoria
Nei giorni scorsi Florian Hahn, della CDU, ha annunciato che il suo partito intende ripristinare una qualche forma di servizio militare obbligatorio e vuole farlo in tempi rapidi, già entro la fine del 2025. Il governo precedente – formato da socialdemocratici, liberali e verdi – aveva già presentato un piano per la reintroduzione di un servizio militare misto basato sul modello svedese. In base a questo modello, se i volontari non coprono l’intero organico delle forze armate si ricorre alla chiamata alle armi obbligatoria per una parte dei giovani definiti arruolabili al termine della visita di leva e obbligati ad un periodo di addestramento militare.
Secondo il ministro della Difesa uscente, il socialdemocratico Boris Pistorius, in caso di guerra il paese dovrebbe contare almeno su 460 mila soldati in servizio attivo, di cui 260 mila riservisti.
Secondo un rapporto pubblicato la scorsa settimana da Der Spiegel, inoltre, la Bundeswehr – l’esercito federale tedesco – intende obbligare da quest’anno tutti i riservisti di età superiore ai 50 anni a partecipare ad un periodo di addestramento.
No all’obiezione di coscienza
Come se non bastasse, il 16 gennaio scorso la Corte Federale di Giustizia ha stabilito in una sentenza che un uomo ucraino rifugiatosi in Germania per non servire nell’esercito di Kiev deve essere deportato a Kiev nonostante la sua dichiarazione di obiezione di coscienza. Inoltre, i giudici hanno affermato che in caso di guerra il diritto all’obiezione di coscienza non necessariamente si applicherebbe ai cittadini tedeschi. Berlino, che vuole che il proprio esercito diventi il terzo per potenza al mondo, deve fare i conti con l’invecchiamento e con una scarsa capacità di combattimento della Bundeswehr che le iniezioni di liquidità – a spese dello stato sociale – da sole difficilmente riusciranno a risolvere.
Un problema non secondario se, come ha affermato la presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula von der Leyen, davanti ai cadetti dell’esercito danese, «l’Europa deve prepararsi alla guerra». Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria