Eyal Zamir

Lunedì notte, Eyal Zamir sedeva accanto al capo del servizio di sicurezza (Shin Bet), Ronen Bar, nel bunker sotto il ministero della Difesa a Tel Aviv. Insieme a Bar, il nuovo capo di stato maggiore ha diretto uno degli attacchi più sanguinosi compiuti da Israele contro Gaza: oltre 400 morti in poche ore. Il piano per la nuova offensiva, che ha posto fine alla tregua nella Striscia, è stato elaborato dallo stesso Zamir e tenuto segreto per giorni allo scopo di colpire di sorpresa. Ma una sorpresa lo è stata fino a un certo punto, perché le intenzioni del comandante in capo delle forze armate israeliane erano state chiare fin dall’inizio del suo mandato.

Appena entrato in carica a marzo, Zamir, nel suo primo discorso, aveva promesso «la vittoria», sottolineando che la missione contro Hamas non era ancora terminata. «Il compito che mi viene assegnato oggi è chiaro: guidare le forze armate alla vittoria», aveva proclamato, suscitando entusiasmo nell’estrema destra. «L’esercito guidato dal nuovo capo di stato maggiore Eyal Zamir è pronto a riprendere la guerra con un piano più rapido e intenso di prima», aveva annunciato il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, uno dei leader dell’ultradestra schierato contro la tregua entrata in vigore il 19 gennaio.

Smotrich, come il suo collega Itamar Ben Gvir—rientrato nel governo non appena si è appreso che la pioggia di bombe su Gaza aveva ucciso centinaia di palestinesi—non aveva mai accettato le tattiche adottate dall’ex capo di stato maggiore Herzi Halevi, giudicate troppo «morbide». Eppure, i primi quindici mesi di offensiva israeliana contro Gaza hanno provocato decine di migliaia di vittime tra i civili e raso al suolo gran parte della Striscia. Ora Smotrich e Ben Gvir possono dirsi soddisfatti: al comando c’è Zamir, un capo di stato maggiore che non ha mai nascosto le sue simpatie per la destra.

Tuttavia, sarebbe un errore considerare la sua nomina un traguardo raggiunto solo per i ministri più estremisti. Il premier Netanyahu ha lavorato intensamente negli ultimi mesi per circondarsi di uomini di sua assoluta fiducia e liberarsi di ministri e vertici militari e dei servizi di sicurezza che non godevano del suo favore. L’ultimo che è stato messo alla porta è il capo dello Shin Bet, Ronen Bar. Prima di lui era stato rimosso il ministro della Difesa Yoav Gallant. Non che quest’ultimo si fosse distinto per una linea moderata—ieri ha applaudito il nuovo attacco contro Gaza e contro di lui la Corte penale internazionale ha spiccato un mandato di arresto —, ma non aveva mai avallato del tutto le manovre di Netanyahu per impedire il cessate il fuoco. Lo stesso vale per l’ex capo di stato maggiore Halevi, che ha ordinato la distruzione di Gaza cercando però di mantenere le forze armate al riparo dalle esigenze politiche del primo ministro e dei suoi alleati dell’estrema destra.

Eyal Zamir, invece, incarna il modello del comandante militare che, con la forza, vuole raggiungere anche obiettivi politici. A differenza del suo predecessore, il nuovo capo di stato maggiore non vede con favore l’istituzione di una commissione statale d’inchiesta sul 7 ottobre, sposando in pieno la linea di Netanyahu. Con Zamir sta emergendo un nuovo gruppo di generali, come Yanin Azor, in perfetta sintonia con il governo, impegnato a rafforzare i legami con la destra. Zamir, spiega il quotidiano Haaretz, è stato determinante nella formulazione del piano militare su larga scala che è scattato non appena Netanyahu e il gabinetto di sicurezza hanno stabilito che il «no» di Hamas al piano americano per il prolungamento della tregua—che prevedeva solo lo scambio di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi, senza la fine della guerra—potesse rappresentare il pretesto giusto per lanciare la nuova offensiva. Halevi si era opposto all’idea di un governo militare nella Striscia, mentre Zamir, secondo i media locali, sembra pronto a imporre un controllo israeliano permanente su Gaza per impedire, come afferma Netanyahu, che Hamas resti al potere alla fine della guerra.

Da qui l’entusiasmo della destra per il «promettente» inizio del nuovo capo di stato maggiore. Ma Zamir conquisterà definitivamente i cuori di Netanyahu e dei suoi ministri più oltranzisti se dimostrerà di essere disposto a «facilitare», in un modo o nell’altro, la cosiddetta «emigrazione» dei palestinesi di Gaza. Perché, sebbene nessuno ora ne parli apertamente, l’attacco lanciato lunedì notte potrebbe essere la prima fase dell’attuazione del piano di Donald Trump per trasformare la Striscia in una «Riviera» senza i suoi abitanti.

Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2025 dal quotidiano Il Manifesto