(le foto sono del WFP)

Il soldato israelo-statunitense Edan Alexander, catturato il 7 ottobre 2023 durante l’attacco di Hamas nel sud di Israele, è libero. Il movimento islamico lo ha rilasciato oggi come segno di buona volontà verso l’amministrazione Trump. Ma questo passo non ha cambiato nulla nella Striscia di Gaza. A pochi chilometri dalle telecamere che documentano l’accoglienza del soldato, la popolazione palestinese non ha avuto alcun motivo per festeggiare. I bombardamenti israeliani sono ripresi e la fame avanza. I valichi restano chiusi.

 A Gaza si continua a morire, non solo sotto le bombe, ma anche — e sempre più — per la mancanza di cibo e acqua. Da oltre due mesi, nessun camion umanitario è riuscito a superare i confini blindati. Le promesse di aperture, gli appelli internazionali e le risoluzioni delle Nazioni Unite sono rimasti carta straccia.

Il blocco totale dei valichi — in vigore dal 2 marzo — è il più lungo mai registrato nella storia della Striscia.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), pubblicato oggi congiuntamente da 17 agenzie ONU ed  Ong, 470.000 persone a Gaza vivono in condizioni di fame catastrofica (Fase 5 della scala Ipc), il livello massimo prima della dichiarazione formale di carestia.

L’allarme più cupo lo lancia l’Unicef, che parla senza giri di parole di “catastrofe imminente”: 71.000 bambini e oltre 17.000 madri rischiano la malnutrizione acuta e necessitano di cure urgenti. Le previsioni all’inizio del 2025 parlavano di 60.000 bambini in stato critico; oggi quella cifra è stata superata. “Le famiglie di Gaza stanno morendo di fame mentre il cibo di cui hanno bisogno è fermo al confine”, ha dichiarato Cindy McCain, direttrice esecutiva del Programma alimentare mondiale (Wfp). “Se aspettiamo la conferma della carestia, sarà troppo tardi”.

La situazione è ulteriormente aggravata dalla ripresa delle operazioni militari israeliane. I bombardamenti, le incursioni e la distruzione delle infrastrutture rendono impossibile la distribuzione di ciò che resta delle scorte. Il 25 aprile, il Wfp ha esaurito le ultime riserve alimentari destinate alle cucine comunitarie. Le 25 panetterie sostenute dallo stesso Programma sono chiuse da settimane, rimaste senza farina e carburante. I pacchi alimentari per le famiglie sono terminati.

Nel frattempo, oltre 116.000 tonnellate di aiuti alimentari, sufficienti per sfamare un milione di persone per quattro mesi, restano bloccate nei corridoi umanitari, in attesa di un permesso che non arriva mai. Ai valichi, gli autisti dormono da giorni nelle cabine dei camion, sperando in un via libera. Intanto i mercati interni vedono i prezzi dei pochi generi alimentari rimasti salire a livelli inaccessibili.

Il rischio di carestia non arriva all’improvviso”, ha ricordato Catherine Russell, direttrice generale dell’Unicef. “Si manifesta dove l’accesso al cibo è bloccato, dove i sistemi sanitari sono distrutti, dove i bambini non hanno nemmeno il minimo indispensabile per sopravvivere. Fame e malnutrizione sono già la realtà quotidiana a Gaza”.

 Anche l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici è ormai un miraggio. Le reti idriche sono state bombardate, le scorte di disinfettanti esaurite, e i casi di diarrea e infezioni intestinali tra i bambini sono in aumento. Le poche cliniche ancora attive sono sovraffollate, senza farmaci e senza personale sufficiente. Nei governatorati di Gaza Nord, Gaza City e Rafah, si prevede un aumento vertiginoso della malnutrizione acuta entro l’estate.