di Davide Tornielli
Il 31 agosto 2025, alle 23:47 ora locale, un terremoto di magnitudo 6.0 ha colpito l’Afghanistan orientale. L’epicentro è stato localizzato nel distretto di Nurgal, a 50 chilometri dalla città di Jalalabad. Si contano oltre 2.200 morti, 4.000 feriti, 5.400 case distrutte. In particolare, i crolli sono avvenuti nella provincia di Kunar, dove interi villaggi sono stati rasi al suolo. Il sisma è stato avvertito anche nelle aree limitrofe, a Kabul e in Pakistan, dove tuttavia non sono registrati danni.
La provincia conta cinque distretti e una popolazione di 508 mila abitanti, con una maggioranza relativa di etnia pashtun. Il fiume Kunar traccia l’omonima valle e si congiunge con il Kabul a sud, nei pressi di Jalalabad. Si tratta di un’area montuosa, situata nella parte meridionale della catena dell’Indo Kush. Il capoluogo Asadabad conta 48 mila abitanti; sono presenti delle valli longitudinali, prive di servizi e strade asfaltate, che rimangono isolate nel periodo invernale e durante gli eventi estremi. Nelle zone rurali della provincia vive il 96% della popolazione, impegnata in allevamento e agricoltura da base. Il fatto che le abitazioni siano costruite con paglia, fango e pietre ha potenziato gli effetti del sisma, di portata relativamente intensa. L’area, che è considerata sismica, è tra le più arretrate del paese e vi prevale una cultura tradizionale, particolarmente discriminatoria rispetto alle donne.
Esiste una relazione tra l’alto numero delle vittime e le politiche attuate dall’emirato talebano. Priorità nelle operazioni di soccorso viene data agli uomini e una donna non può essere toccata da un adulto maschio che non sia stretto parente. Così, avendo il regime licenziato le donne che operavano negli ospedali e nei punti di soccorso, le si lasciano semplicemente morire. Dopo il 31 agosto, colpiva la mobilitazione degli elicotteri e delle squadre; le statistiche, prontamente aggiornate dal Ministero Gestione dei Disastri Naturali, riportavano il numero delle vittime per genere e fascia di età, dei capi perduti, le abitazioni danneggiate, i villaggi distrutti. La Cina ha stanziato sette milioni di dollari, seguita dall’agenzia OCHA con dieci, e da altri donatori, tra cui, nonostante il conflitto diplomatico in corso, il Pakistan. Le agenzie ONU sono intervenute massicciamente, ma nessun compromesso è stato raggiunto rispetto alla politica di genere dell’emirato.
Il governo si è mosso con maggiore rapidità rispetto al sisma dell’ottobre 2023 ad Herat. Poche ore dopo l’evento lo spokes man dei talebani Zubihullah Mujahid ha dichiarato che volontari e team di soccorso erano all’opera, nonostante il terremoto fosse stato accompagnato da forti piogge, frane e straripamento di fiumi. Le squadre, prive di mezzi meccanici, hanno lavorato a mani nude, sollevando pietra per pietra e sono riuscite a raggiungere case e frazioni isolate solo nei giorni successivi. L’emirato guidato dall’anziano primo ministro conservatore Hasan Akhund ha messo a disposizione un milione e mezzo di dollari e attivato un comitato presieduto dal ministro dello sviluppo agricolo Mohammad Younus Akhundzada. In poche ore, grazie agli elicotteri giunti da Kabul, è stato attrezzato un campo di primo soccorso a Kunar e stabilito che gli aiuti internazionali potevano essere forniti in via diretta, senza seguire le usuali procedure ministeriali.
L’Afghanistan sta attraversando una fase di irrigidimento istituzionale, che da più parti viene addebitato ad un sostanziale disinteresse dei paesi occidentali. Le premesse dell’accordo firmato tra i talebani e l’amministrazione americana a Doha nel 2020 sono divenute lettera morta. Nel gennaio 2024 l’emirato ha incassato il sostanziale avvallo del potente vicino cinese, che formalmente non riconosce il governo talebano, ed ha inviato un ambasciatore a Pechino. Lo scorso luglio è seguito il riconoscimento da parte di Mosca e un significativo avvicinamento con l’India in funzione anti-pakistana. L’ultimo anno è stato segnato da un conflitto interno al movimento tra fondamentalisti di Qandahar e i – relativamente- progressisti di Kabul guidati dall’artefice dell’accordo di pace Abdul Ghani Baradar, nel quale hanno prevalso i primi.
Ai tribunali civili si sono rapidamente sostituite le corti islamiche. A Qandahar si è asserragliata la vecchia guardia fedele ai dettami del primo emiro Mullah Omar, cui è succeduto nel 2016 l’ultraconservatore Hibatullah Akhundzada. Questi, oltre ai decreti discriminatori di genere, è il firmatario di una sequela di editti che coinvolgono la sfera affettiva, le relazioni e la vita quotidiana delle persone: divieto di giocare a scacchi, fotografare, avere amici infedeli, leggere libri immorali, ascoltare musica, suonare, cantare, ballare, fare teatro. La lista potrebbe essere lunga e si accanisce sulle donne, cui è praticamente vietato uscire di casa. La cultura afghana è, come quella persiana e araba, permeata del culto dell’acqua e dei giardini pubblici, che ora rimangono penosamente deserti. L’accanimento è tale che in un paese ove la metà della popolazione rimane sotto il livello di povertà, si sono definiti drastici regolamenti per ampliare i muri di recinzione, schermare le finestre, coprire alla vista le terrazze, finalizzati al precetto di tutelare la privacy delle donne.
L’ultimo giro di vite è avvenuto nella primavera 2025, quando il Mullah Akhundzada ha iniziato a tuonare contro le deviazioni nei comportamenti degli afghani, retaggio delle politiche antislamiche e ateistiche del precedente governo. A inizio agosto, utilizzando un linguaggio enfatico e minaccioso, ha affermato che il popolo, influenzato dalle cattive pratiche, fosse ancora lontano dalla legge islamica. Si è trattato di un messaggio politico rivolto all’élite di Kabul, quanto di un diretto richiamo ad una rigida applicazione della sharia. L’invito era riportare il popolo alla vera religione, il che ha fatto tremare il cuore della metà del cielo afghana, e riaffiorare la memoria delle esecuzioni e delle fustigazioni pubbliche durante il primo emirato. Significativa è la ribadita distinzione tra religiosi e governanti e la facoltà di ognuno di decidere quali dei due scegliere. Il mullah si fregia del titolo di Shaikhul Hadisun, che attinge traduzione della scuola coranica indiana deobandi, cui si ispirano i talebani. Lo status di massima autorità islamica e di guida del Consiglio degli ulema motiva l’affermazione di Akhundzada rispetto al primato del piano religioso su quello politico.
Un segnale del cambiamento in atto è stata l’esecuzione di una sentenza di fustigazione pubblica applicata a un uomo e una donna lo scorso 28 maggio a Nangahar, nei pressi di Jalalabad, per avere intrattenuto relazioni extramatrimoniali. Quattro donne sono state condannate alla stessa pena nella provincia di Logar, con l’accusa di essersi allontanate da casa senza accompagnatori. Ai cinque uomini ritenuti coinvolti nella vicenda sono stati inferti venti colpi di frusta e un anno di reclusione. Arresti indiscriminati di donne sono stati segnalati nel centro di Kabul a fine luglio; il panico si è scatenato dopo che Daily Mail aveva denunciato l’esecuzione di dieci ex collaboratori dell’esercito britannico, accusati di spionaggio.
Arretramenti e paradossi in tema di diritti civili in Afghanistan sono in contrasto con gli intenti dichiarati dal governo talebano dopo la presa del potere nell’agosto 2021 e passano sotto silenzio, dato che canali televisivi, radio e giornali sono stati chiusi o controllati dall’alto. Fanno eccezione gruppi come il Women’s Political Participation Network, che hanno avuto il coraggio di manifestare pubblicamente a Kabul dopo la presa di potere dei talebani. Significativa è inoltre l’attività sui network della diaspora, il cui ruolo appare fondamentale per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale e per diffondere immagini e notizie. Il 30 agosto nel mirino di Akhundzada sono finite le poesie. L’emiro, che ha un passato da teologo, mujaheddin, esperto di diritto islamico e consigliere del Mullah Omar, ha condannato i componimenti che parlano d’amore – radicati nella cultura persiana– minacciando severe punizioni per i trasgressori. L’ammonimento segue la pubblicazione del “Regolamento della poesia”, ossimoro i cui tredici articoli stabiliscono che ragazzi e ragazze non possano essere amici.