Pagine Esteri – Sta suscitando un notevole allarme l’ascesa in Catalogna dell’estrema destra di “Alleanza Catalana”, una formazione che fino a poco più di un anno fa era fuori dal parlamento regionale ma che, secondo i sondaggi, sta registrando un incredibile boom di consensi.

Storicamente, il variegato movimento che si batte per l’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, pur comprendendo correnti politiche diverse – dalla sinistra marxista o libertaria fino al centrodestra, passando per liberaldemocratici e socialdemocratici – ha sempre avuto un carattere antifascista e ha rappresentato un baluardo contro le forze di destra radicale.

Ma negli ultimi anni, proprio a causa del fallimento del referendum per l’indipendenza del 2017 – duramente represso dal governo centrale spagnolo – è straripata anche in Catalogna l’ondata reazionaria e populista che spazza l’occidente da ormai un decennio, nei confronti della quale l’auge del movimento indipendentista aveva costituito un forte argine.

Ora tutti i sondaggi attestano che nella regione sta notevolmente crescendo una corrente politica che mescola il catalanismo con il razzismo, l’islamofobia e le pulsioni autoritarie, che si somma all’estrema destra nazionalista spagnola rappresentata in particolare da Vox e in parte dal Partito Popolare, formazioni che finora hanno avuto in Catalogna una rappresentanza assai inferiore al resto dello stato.

Fondata solo nel 2020, “Aliança Catalana” cominciò a far parlare di se alle elezioni municipali del 2023, quando riuscì a far eleggere una decina di consiglieri comunali sparsi in una manciata di piccoli comuni catalani e a conquistare il sindaco di Ripoll, una cittadina in provincia di Girona.

L’affacciarsi nell’agone politico di una formazione che si dichiarava favorevole all’indipendenza della Catalogna ma anche ostile ai migranti musulmani destò qualche preoccupazione a sinistra, ma fu considerato da molti commentatori un evento sparuto.

Dopo appena un anno, però, nel 2024, “Aliança Catalana” riuscì ad irrompere nel Parlament di Barcellona con due seggi e il 3,8%. È stato l’inizio di un boom esponenziale che, secondo l’ultimo sondaggio pubblicato domenica scorsa dall’istituto Ipsos, avrebbe portato la formazione a 19 seggi e al 12% delle intenzioni di voto, collocandola al quarto posto subito dopo i socialisti, gli indipendentisti progressisti di Esquerra Republicana e il centrodestra catalanista di Junts. Secondo la rilevazione, il partito nazionalista e xenofobo diventerebbe la prima forza sia nella provincia di Girona sia in quella di Lleida e surclasserebbe i Comuns e la Cup, le forze di sinistra attive nella Comunità Autonoma.

Nonostante l’incredibile crescita di Alleanza Catalana, inoltre, se si votasse ora anche Vox salirebbe dall’8 al 12%, mentre il Partito Popolare registrerebbe una lieve contrazione. Sommate, le due formazioni di estrema destra – formalmente schierate su fronti opposti rispetto alla rivendicazione di indipendenza della Catalogna – conquisterebbero un quarto dei voti, il che sta suscitando un generalizzato preoccupazione. Mentre Vox cresce nelle aree metropolitane di Barcellona e Tarragona, sulla costa, Aliança Catalana aumenta i consensi soprattutto nell’entroterra, nelle piccole e medie comunità dove l’identità catalana è più radicata.


Aliança Catalana è nata a Ripoll, fondata da Silvia Orriols, che nel 2023 è diventata la sindaca della comunità dell’entroterra catalano. Dopo un passaggio giovanile nella Sinistra Repubblicana e poi la militanza in Estat Català, una piccola formazione nazionalista moderata, Orriols entrò nel Front Nacional, un esperimento di partito indipendentista e di estrema destra che però non decollò mai, anche a causa della lotta intestina tra i diversi leader del gruppo.

Orriols guidò quindi una scissione che in poco tempo riuscì ad affermarsi a Ripoll, strumentalizzando il crescente malumore della popolazione locale nei confronti della numerosa comunità islamica. Orriols si è distinta nella mobilitazione contro la repressione seguita al referendum indipendentista dell’ottobre del 2017 e soprattutto è riuscita a cavalcare le preoccupazioni generate dal fatto che la cellula jihadista responsabile della strage sulle Ramblas di Barcellona e a Cambrils nell’agosto di quell’anno faceva base proprio a Ripoll.

Il partito afferma che i “principali nemici della nazione catalana” sono da una parte gli immigrati – in particolare quelli islamici – e dall’altra la Spagna, sostiene che “l’Islam è incompatibile con l’occidente” e si propone come argine a quella che definisce una “invasione” che metterebbe a rischio la sicurezza dei cittadini, le tradizioni locali e la lingua catalana. Di fatto la formazione propone una visione nazionalista di tipo identitario, essenzialista ed esclusivista, che divide “etnicamente” i catalani dai non catalani, in rottura con la storia di tutte le correnti del catalanismo che si sono affermate durante e dopo il franchismo, che invece hanno sempre basato il proprio discorso politico – seppur con sfumature diverse – sull’inclusività e la catalanizzazione dell’immigrazione.

A differenza di Vox e dell’estrema destra nazionalista spagnola, però, Aliança Catalana non fa proprio il tradizionalismo e il conservatorismo ultracattolici, ed anzi si dichiara relativamente tollerante nei confronti dell’aborto e dell’omosessualità, avvicinandosi su questo alle posizioni dei partiti della destra radicale olandese, belga e scandinava. A questi li accomuna anche il fervente sostegno a Israele e al sionismo come ideologia politica colonialista, suprematista e islamofoba, oltre che l’idea che i diritti e i servizi sociali debbano essere riservati agli autoctoni.

Gli studi sui flussi elettorali mostrano che il messaggio politico di Aliança Catalana – imposto anche attraverso la diffusione di fake news sui social, un discorso aggressivo e dai toni “antisistema” e il ruolo fortemente accentratore di Silvia Orriols – è in grado di attirare settori diversi della società catalana.

Secondo le rilevazioni, ben 7 potenziali elettori su 10 sono uomini di mezz’età appartenenti prevalentemente alle classi medie e medio-alte che evidentemente sentono minacciata la propria sicurezza e il proprio stile di vita dall’immigrazione.

Su un fronte, la formazione nazionalista catalana intercetta la delusione, la disillusione e la rabbia generati nell’elettorato indipendentista dal fallimento del referendum del 2017, attribuito soprattutto all’incapacità dei dirigenti dei partiti catalanisti “tradizionali” di imporre la separazione. Circa il 30% degli elettori del partito, infatti, proviene dalla CUP (che evidentemente votavano non tanto perché ne condividessero il programma socialista ma perché la consideravano la forza indipendentista più coerente e radicale), da Esquerra Repubblicana e soprattutto dal centrodestra di Junts.

Paradossalmente, però, tra tutti i partiti catalanisti Aliança sarebbe quello con l’elettorato meno incline a sostenere l’indipendenza dalla Spagna: solo il 71% dei suoi elettori, infatti, voterebbe “si” in un referendum sulla separazione da Madrid. Questo perché circa un terzo dei consensi provengono da ex elettori di Vox e del Partito Popolare e da alcune aree astensioniste dell’estrema destra nazionalista spagnola in Catalogna, attirati non dall’indipendentismo ma dal messaggio xenofobo e anti-immigrazione. D’altronde il catalanismo di Silvia Orriols sembra più declamato che praticato, mentre il messaggio politico della formazione si concentra sul “pericolo” rappresentato dagli immigrati islamici. Pagine Esteri

* Marco Santopadre, giornalista e saggista, si occupa di geopolitica e movimenti sociali. Scrive anche di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con Pagine Esteri, il Manifesto, El Salto Diario e Berria.