Pagine Esteri – Un rapporto delle Nazioni Unite accusa Israele di portare avanti una politica statale che “de facto” sostiene l’utilizzo della tortura nei confronti dei prigionieri palestinesi.
Venerdì il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha affermato che il ricorso alla tortura da parte dello Stato israeliano è “organizzato e diffuso” ed è notevolmente aumentato dall’inizio delle operazioni militari contro la popolazione di Gaza nell’ottobre del 2023.
Il rapporto ha rilevato che Israele non ha una legislazione che proibisce e punisce la tortura e ha affermato che la sua legislazione consente ai funzionari pubblici di essere esentati dalla responsabilità penale in base al principio di “necessità”.
«Il comitato era profondamente preoccupato per le segnalazioni che indicavano una politica statale di fatto di tortura e maltrattamenti organizzati e diffusi durante il periodo di riferimento, che si era gravemente intensificata dal 7 ottobre 2023», recita il rapporto.
«Ha inoltre espresso la sua preoccupazione per il fatto che una serie di politiche adottate da Israele nel corso della sua continua presenza illegale nei Territori palestinesi occupati, se attuate nel modo asserito, equivarrebbero a creare condizioni di vita crudeli, disumane o degradanti per la popolazione palestinese.»
Il rapporto giunge anche mentre Israele è oggetto di diffuse critiche per un video che mostra dei soldati che uccidono a sangue freddo due uomini disarmati nella Cisgiordania occupata. Sui social media è circolato ampiamente un video, ripreso da un testimone, che mostra due uomini palestinesi uscire da un edificio con le braccia alzate e la maglietta sollevata, il che indica chiaramente che erano disarmati e non rappresentavano una minaccia per i soldati israeliani che pure si sono giustificati affermando di aver agito per “legittima difesa” perché i due uomini non avevano obbedito ai loro ordini.
Venerdì le Nazioni Unite hanno dichiarato che l’operato dei militari di Tsahal sembra essere stata una “esecuzione sommaria”. L’esecuzione sommaria è un crimine di guerra ai sensi della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale.
«Siamo sconvolti per la sfacciata uccisione di due palestinesi da parte della polizia di frontiera israeliana avvenuta ieri a Jenin», ha dichiarato ai giornalisti a Ginevra il portavoce dell’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Jeremy Laurence, definendo l’accaduto «un’altra apparente esecuzione sommaria».
Il portavoce ha affermato che «gli omicidi di palestinesi da parte delle forze di sicurezza israeliane e dei coloni nella Cisgiordania occupata sono in aumento, senza che vi siano responsabilità, anche nei rari casi in cui vengono annunciate indagini».
Laurence ha affermato che il capo delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, chiede «indagini indipendenti, rapide ed efficaci sulle uccisioni dei palestinesi» e che i responsabili delle uccisioni e di altre violazioni nella Cisgiordania occupata «siano chiamati pienamente a rispondere delle loro azioni».
Ma il Ministro della Sicurezza Nazionale di Tel Aviv, Itamar Ben Gvir, che sovrintende alla polizia, ha pubblicamente sostenuto l’operato degli agenti della polizia di frontiera, affermando su X che i militari «hanno agito esattamente come ci si aspettava da loro» e che «i terroristi devono morire!».
Negli ultimi due anni, in Cisgiordania le forze israeliane di occupazione hanno ucciso più di mille palestinesi e ne hanno arrestati migliaia.
Le operazioni militari israeliane contro la popolazione della Cisgiordania continuano anche in queste ore. Stamattine le forze di occupazione hanno arrestato 44 palestinesi nelle città di Beit Fajjar e al-Ubeidiya, nel governatorato di Betlemme.
I soldati israeliani hanno preso d’assalto Beit Fajjar, a sud di Betlemme, in gran numero, hanno fatto irruzione e perquisito diverse case, hanno arrestato 40 residenti, li hanno interrogati sul posto e poi li hanno rilasciati. Altri quattro palestinesi sono stati arrestati ad al-Ubeidiya, a est di Betlemme.
Sempre questa mattina Tsahal ha compiuto delle incursioni nei villaggi di Al-Lubban al-Gharbi e Rantis, a nord-ovest di Ramallah, arrestando 11 palestinesi, per lo più ex prigionieri.
Ieri sera, invece, le forze israeliane hanno effettuato delle incursioni e istituito posti di blocco nelle città di Aqraba e Sebastia, nella zona di Nablus. Alcuni testimoni hanno anche riferito all’agenzia Wafa che le truppe israeliane hanno istituito un posto di blocco all’ingresso orientale di Qalqilya.
Questa mattina, intanto, alcuni medici hanno riferito che un cittadino palestinese è stato ucciso dal fuoco israeliano nei pressi della cosiddetta linea gialla nel quartiere Zeitoun di Gaza City.
La linea gialla a Gaza delimita l’area in cui le truppe israeliane possono rimanere secondo il piano di cessate il fuoco. Si tratta di un confine operativo imposto dall’esercito israeliano che, da quando il cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti è entrato in vigore il 10 ottobre, si è trasformato in una zona a movimento limitato.
Sabato proprio lungo la linea gialla un drone israeliano ha ucciso due bambini palestinesi di otto e dieci anni – Fadi e Joumaa Tamer Abu Assi – che stavano raccogliendo della legna per scaldarsi. I soldati israeliani hanno affermato che due “sospettati” sono stati eliminati dopo che “si sono avvicinati alle truppe che operavano nella Striscia di Gaza meridionale, rappresentando una minaccia immediata”.
Giovedì è stata invece rilasciata a Khan Younis Tasneem al-Hams, una infermiera di 22 anni che era stata rapita all’inizio di quest’anno a Gaza da alcuni membri delle cosiddette “Forze popolari”, come si fa chiamare la banda di Abu Shabab, che poi l’avrebbe consegnata alle forze israeliane che hanno utilizzato la sua detenzione arbitraria per operare pressioni sul padre, un medico palestinese arrestato in precedenza, durante gli interrogatori. – Pagine Esteri
















