Mi di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 9 dicembre 2021 – Dietro i recenti accoltellamenti e altri attacchi a israeliani avvenuti a Gerusalemme e compiuti da giovani palestinesi, Reuven Berko, un ex comandante della polizia israeliana intervistato ieri dal Jerusalem Press Club, ci vede la mano di Hamas. E anche quella dell’Iran e del Jihad. La cosa che Berko non vede sono le tensioni che da mesi attraversano la zona Est, araba, di Gerusalemme, che sono causate dalla minaccia di espulsione di decine di famiglie palestinesi dalle case in cui vivono da oltre 60 anni, nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan, per far posto a coloni israeliani. E proprio coloni ed estremisti di destra ieri sera si sono radunati all’ingresso del quartiere di Sheikh Jarrah urlando «Morte agli arabi» e «Via i terroristi» in risposta al ferimento di una israeliana di 26 anni da parte di una quattordicenne Nafoud Hammad. La ragazzina ha colpito con un coltello la donna israeliana; quindi, è fuggita cercando rifugio in una scuola dove poco dopo è stata arrestata dalla polizia. In manette ci sono finiti anche i suoi familiari.
La famiglia Hammad fa parte di 7 delle 28 famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah che sono a rischio concreto di perdere le loro case costruite su terreni che una immobiliare legata al movimento dei coloni, la Nahalat Shimon, avrebbe comprato dai discendenti degli ebrei che vivevano in quella zona prima del 1948. La legge israeliana consente a un cittadino di reclamare le proprietà ebraiche prima della fondazione dello Stato ebraico, lo stesso diritto non è garantito ai palestinesi. Così gli Hammad e altre famiglie di Sheikh Jarrah vivono nell’ansia costante di finire in strada da un giorno all’altro e di vedere le loro abitazioni occupate da coloni. Una condizione che vivono sulla loro pelle anche tante famiglie di Silwan, un quartiere arabo ai piedi della città vecchia di Gerusalemme. E anche le 10 famiglie palestinesi che al Monte degli Ulivi dovranno demolire il loro palazzo per non pagare la multa da decine di migliaia di dollari emessa dall’amministrazione comunale israeliana perché l’edificio è stato costruito senza autorizzazione. Sarebbero 20mila le case palestinesi a Gerusalemme prive di permesso ma questo numero non è la rappresentazione di un abuso edilizio. Il problema è ampio ed esiste sin dall’inizio dell’occupazione israeliana della zona est della città nel 1967. Le autorità concedono pochi permessi edilizi ai palestinesi che da parte loro affermano di essere costretti a costruire case abusive di fronte alla forte crescita demografica della popolazione araba.
Eppure, l’ex comandante Berko è sicuro: la grave situazione edilizia a Gerusalemme Est non c’entra nulla. Piuttosto sono Tehran, Hamas e Jihad che hanno istigato i sei attacchi compiuti dall’inizio di dicembre a oggi da giovani palestinesi. Uno degli aggressori, responsabile del ferimento di un religioso ebreo, qualche giorno fa, a poche decine di metri dalla Porta di Damasco, è stato finito a fucilate dalla polizia mentre giaceva a terra ferito e non più in grado di nuocere. Per il premier Naftali Bennett gli agenti hanno agito nel rispetto delle regole.
Gerusalemme è una polveriera, sul punto di esplodere come la scorsa primavera a causa delle vicende di Sheikh Jarrah e Silwan che poi, unite alla tensione sulla Spianata delle moschee, hanno innescato l’ultima escalation militare tra Israele e Hamas a Gaza. Due giorni fa, dopo tre anni e mezzo di lavori, Israele ha «inaugurato» il Muro intorno a Gaza. La barriera è lunga 65 chilometri e include una componente sotterranea dotata di sensori, una rete installata sopra il terreno e una barriera marina. Pagine Esteri