di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 7 gennaio 2022 (nella foto Emma Watson alle Nazioni Unite per il lancio della campagna HeForShe) – Non si placano gli attacchi a Emma Watson «colpevole» di aver pubblicato nei giorni scorsi sul suo profilo Instagram un post a sostegno dei palestinesi. Dopo l’ex ambasciatore israeliano all’Onu Danny Danon, che è arrivato ad accusarla di «antisemitismo», anche l’attuale rappresentante dello Stato ebraico al Palazzo di Vetro, Gilad Erdan, ha puntato il dito contro l’attrice britannica. «La finzione può funzionare in Harry Potter ma non funziona nella realtà» ha scritto Erdan. «Se lo facesse, la magia usata nel mondo magico potrebbe eliminare i mali di Hamas (che opprime le donne e cerca l’annientamento di Israele) e dell’Autorità Palestinese (che sostiene il terrore). Sarei favorevole a questo!». Erdan è stato inviato all’Onu dall’ex premier Netanyahu anche per continuare il contrasto al movimento internazionale Bds di boicottaggio di Israele che aveva svolto quando era ministro.
Lanciando i loro attacchi Danon e Erdan hanno tirato in ballo il personaggio di Hermione Granger, interpretato da Watson nella saga cinematografica di Harry Potter. Ma l’attrice britannica, trentunenne, non è più la piccola strega talentuosa, prefetto di Grifondoro e migliore amica di Harry Potter e Ron Weasley. Emma Watson oggi è una donna adulta con una visione del mondo fondata sui diritti e la giustizia. È una femminista che appoggia cause di alto profilo e che nel 2015 si è guadagnata un posto nella lista della rivista Time delle 100 persone più influenti al mondo. Nel 2014 è stata nominata ambasciatrice delle Nazioni unite per le donne e parlando alla sede dell’Onu a New York ha dato appoggio a «HeForShe» una campagna che esorta gli uomini a sostenere l’uguaglianza delle donne. La giovane pakistana Malala Yousafzai, vincitrice del Premio Nobel per la pace per il suo impegno per i diritti delle donne, ha detto di aver deciso di definirsi femminista dopo aver ascoltato un discorso di Emma Watson.
Una donna e una attrice che cammina sul terreno dei diritti. Eppure, a Emma Watson è bastato fare un post su Instagram a sostegno dei palestinesi sotto occupazione militare per essere accusata di antisemitismo. Nel post c’è la foto di uno striscione con vessilli palestinesi – che girava sui social lo scorso maggio durante l’escalation militare tra Israele e Hamas, in quel periodo altre celebrità come Bella Hadid, Dua Lipa e Susan Sarandon manifestarono solidarietà ai palestinesi – con la scritta «La solidarietà è un verbo». Il tutto accompagnato da una citazione della studiosa femminista Sara Ahmed: «La solidarietà non suppone che le nostre lotte siano le stesse lotte, o che il nostro dolore sia lo stesso dolore, o che la nostra speranza sia per lo stesso futuro. Solidarietà comporta l’impegno, e il lavoro, così come il riconoscimento che anche se non abbiamo gli stessi sentimenti, o le stesse vite, o gli stessi corpi, viviamo su un terreno comune».
Condividendo il post di Emma Watson su Twitter, l’ex ambasciatore Danon ha scritto: «10 punti da Grifondoro per essere una antisemita». Così facendo ha però contribuito a concentrare l’attenzione sul post dell’attrice che ha ottenuto più di 1milione di like e oltre 100mila commenti, in prevalenza favorevoli al suo pensiero. Leah Greenberg di «Indivisible Project» ha replicato: «Una dimostrazione perfetta dell’arma del tutto cinica e in malafede dell’antisemitismo per chiudere le espressioni fondamentali di solidarietà con il popolo palestinese». Sayeeda Warsi, ex ministra britannica e membro della Camera dei Lord, ha definito «spaventosi» i commenti di Danon. Da parte sua Watson ha scelto, almeno in pubblico, di non reagire alle accuse.
Passando dai social al mondo reale in Cisgiordania, ieri un palestinese di 21 anni, Baker Hashash, è stato ucciso durante un’incursione di reparti dell’esercito israeliano a Balata (Nablus) per catturare un ricercato. Il portavoce militare israeliano ha detto che Hashash era armato ed ha aperto il fuoco contro i soldati. Intanto nei Territori occupati è stato proclamato il lutto nazionale per la morte di sette lavoratori palestinesi nello scontro violento tra il furgone su cui viaggiavano e un autocarro nella valle del Giordano. Pagine Esteri